Sgretolare una comunità
Non è un segreto che oggi l'horror sia diventato un genere che ama affrontare tematiche sociali. Forse lo era sempre stato, ma da Get Out! in fuori il numero di film dai forti connotati sociologici e, spesso, politici è esploso. Weapons, opera seconda di Zach Cregger, non fa eccezione. La trama sarebbe riassumibile come "qualcosa di malvagio e misterioso si infiltra in una comunità già frammentata e la distrugge definitivamente, usando le persone come armi contro chi cerca di ostacolare i suoi piani": se suona come la realtà in cui ci troviamo a vivere, soprattutto negli USA, non è un caso.
Weapons è un film sulla manipolazione, che qui avviene per via magica anziché mediatica, e di come questa possa portare intere comunità a uno stato di guerra permanente, tutti contro tutti. Il Male, alla fine, può essere sconfitto, ma la ferita che ha lasciato faticherà a guarire, e forse non guarirà mai. Garner dipana la trama lentamente, senza fretta, cambiando i punti di vista per disvelare gli effetti tossici del Male, che scava, distrugge, corrompe, sfrutta le debolezze e i traumi già esistenti per insinuarsi e mettere radici. Se da un lato questo espediente rende la narrazione troppo spezzettata e, alla lunga, un po' ripetitiva (l'inizio è decisamente più efficace della parte centrale), dall'altro riesce a restituire l'anima frammentata del paese in cui si svolge la vicenda, epitome degli Stati Uniti e del mondo intero: un paese già "rotto", e per questo fragile quando il Male si presenta a bussare alla sua porta.
La frammentazione narrativa evidenzia alla perfezione come questo avvenga grazie al fatto che i protagonisti sono isolati, non si parlano tra loro, spesso non si conoscono nemmeno, e di sicuro non si fidano. Garner usa uno dei tropoi più pigri dell'horror e del thriller (la non-comunicazione di informazioni fondamentali tra i protagonisti), e lo vira a suo favore, rendendolo parte integrante del messaggio.
Il film è fotografato con maestria, e molti dei momenti migliori sono puramente visivi, a cominciare dall'immagine efficacissima e inquietante che campeggia sui materiali promozionali. Garner ha grande senso dell'inquadratura e dell'atmosfera, e con questo compensa ciò che gli difetta in ritmo e costruzione del crescendo narrativo. Weapons è un film ricco di suggestioni visive che parlano più di mille parole, dalla "zombificazione" di chi cade preda del male alle inquadrature che evidenziano la desolazione e la solitudine dei protagonisti (magistrale, in tal senso, quella in cui vediamo la maestra di Julia Garner rispondere a un misterioso scampanellio notturno).
Weapons non passerà alla storia, ma è un horror solido, teso, e con un messaggio chiaro e forte che non appesantisce la narrazione. Anche se è indubbio che le continue "ripartenze" della storia, con cambio del punto di vista, siano funzionali alle intenzioni del regista, non si può non notare che un cambio di struttura e ritmo (anche non radicale come quello di Parasite o de I Peccatori) avrebbe giovato al film in termini sia di narrazione che di creatività. Resta comunque un'ottima opera seconda, che promette bene per il prosieguo di Cregger all'interno di un genere che è oggi forse il più vitale e innovativo del panorma hollywoodiano.
*** 1/2
Pier