sabato 23 febbraio 2019

Oscar 2019 - I pronostici

Domani sera, come ogni anno, gli occhi del mondo cinematografico si sposteranno sul Dolby Theatre di Los Angeles per la cerimonia di premiazione della novantunesima edizione degli Academy Awards. 

Un'edizione che segna ancora una volta il trionfo assoluto della Mostra Cinematografica di Venezia, presente con ben 39 nomination tra concorso e fuori concorso (alcune - quelle del film First Reformed - addirittura risalenti a due edizioni fa), contro le 13 di Cannes, e che verrà ricordata per essere la prima dopo molti anni senza presentatore a causa del forfait di Kevin Hart, vittima dell'ennesima caccia alle streghe a causa di tweet scritti ennemila anni fa e per cui si era già scusato.

Come ogni anno, Filmora vi propone i suoi pronostici, accompagnati come sempre con le scelte personali del sottoscritto, che inspiegabilmente l'Academy si ostina a ignorare.

Pronti? Iniziamo!


Miglior montaggio
Categoria senza un chiaro favorito, con tutti i contendenti che potrebbero dire la loro. I favoriti sembrano essere Hank Corwin per Vice - L'uomo nell'ombra e John Ottman per Bohemian Rhapsody, con Yorgos Mavropsaridis (La Favorita) possibile sorpresa. Alla fine penso vincerà Corwin, cui va anche la mia preferenza personale: Vice non sarebbe il film che è senza il suo eccezionale montaggio, vero e proprio regolatore del ritmo narrativo.

Pronostico: Hank Corwin, Vice
Scelta personale: Hank Corwin, Vice

Miglior fotografia
Qui il chiarissimo favorito è Alfonso Cuaròn, e con ragione: il bianco e nero di ROMA è splendido e abbacinante, qualcosa che non si vedeva dai tempi di Toro Scatenato. In caso l'Academy volesse evitare di dare tutti i premi a Cuaròn, una possibile sorpresa potrebbe essere Łukasz Żal, direttore della fotografia di quel Cold War che ha incantato il festival di Cannes, guadagnandosi un po' a sorpresa anche una nomination per la miglior regia.
La mia preferenza però ricade sulla sontuosa fotografia de La Favorita, in cui Robbie Ryan ha ripreso la lezione di Stankley Kubrick in Barry Lyndon e la ha rielaborata con originalità, creando un ambiente straniante e allucinato che diventa il perfetto teatro degli intrighi e delle follie di corte.

Pronostico: Alfonso Cuaròn, ROMA
Scelta personale: Robbie Ryan, La Favorita

Miglior film d'animazione
Anni di egemonia Disney/Pixar sembrano giunti alla fine: nonostante l'indubbia qualità di film come Ralph rompe Internet e Gli Incredibili 2, impossibile quest'anno non premiare Spider-Man: Un Nuovo Universo, il più innovativo film d'animazione dai tempi di Ratatouille. Il mio cuore è diviso tra lo splendore visivo di Spider-Man e la dolcezza de L'isola dei cani, ennesima perla nella filmografia di Wes Anderson, ma alla fine scelgo anche io Spider-Man.
Pronostico: Spider-Man: Un Nuovo Universo
Scelta personale: Spider-Man: Un Nuovo Universo

Miglior attore non protagonista
Anche quest'anno, la redazione di Film Ora premierebbe Sam Rockwell, che compare solo per pochi minuti in Vice, ma riesce comunque a lasciare il segno con il suo splendido George W. Bush, un irresistibile utile idiota, talmente cialtrone da farlo risultare simpatico anche al suo più aspro detrattore. Tuttavia, siamo certi che l'Academy premierà la prova di Mahershala Alì in Green Book, sia per il solito politically correct (che il film in questione evita magistralmente), sia per l'oggettiva bontà  della prova di Alì, uno degli attori migliori in circolazione a costruire un personaggio sui silenzi. Richard E. Grant (Copia Originale) è il possibile outsider.
PronosticoMahershala Alì, Green Book
Scelta personale: Sam Rockwell, Vice

Miglior attrice non protagonista
La chiara protagonista sembra essere Regina King per Se la strada potesse parlare, mediocre opera terza (toh, che sorpresa) del regista di Moonlight : la King si è finora aggiudicata tutti i premi e sarebbe davvero sorprendente se dovesse sfuggirle la statuetta. La mia scelta personale, non riuscendo a scegliere tra Rachel Weisz ed Emma Stone ne La Favorita, ricade sulla Marina de Tavira di ROMA, splendida commistione di forza e fragilità imprigionata nell'ipocrisia di una vita borghese.
Pronostico: Regina King, Se la strada potesse parlare
Scelta personale: Marina de Tavira, ROMA

Miglior sceneggiatura originale
Scontro molto aperto in questa categoria, con Vice, La Favorita, e Green Book che potrebbero aggiudicarsi la statuetta. Penso che alla fine la spunterà Green Book, su cui ricade anche la mia scelta personale.
Pronostico: Green Book
Scelta personale: Green Book

Miglior sceneggiatura non originale
Un uomo solo al comando, e il suo nome è Spike Lee: BlacKkKlansman si è finora aggiudicato tutti i premi, e sembra lanciato anche agli Oscar, dove Lee non ha mai vinto. Appena dietro troviamo La ballata di Buster Scruggs, geniale pastiche in salsa western dei fratelli Coen, a parere di chi scrive tra i migliori sceneggiatori di Hollywood: a loro va la mia preferenza personale.
Pronostico: BlacKkKlansman
Scelta personale: La ballata di Buster Scruggs

Miglior attore protagonista
Lotta a due tra Rami Malek (Bohemian Rhapsody) e Christian Bale (Vice) per la statuetta per la migliore interpretazione maschile. Due prove simili (ambedue interpretano un personaggio reale), eppur diversissime: laddove Malek è quasi trascendente nel riportare in vita Freddie Mercury, Bale incarna alla perfezione la banalità e anonimità del male di Cheney. Il favorito sembra essere Malek, anche per dare un riconoscimento alla sua determinazione nel portare a termine un film (non eccezionale) che sembrava maledetto. La mia scelta personale sarebbe un ex aequo, ma dovendo scegliere vado su Bale.
Pronostico: Rami Malek, Bohemian Rhapsody
Scelta personale: Christian Bale, Vice

Miglior attrice protagonista
Una competizione che vede due grandi attrici un po' "attempate" contendersi la statuetta: da una parte Glenn Close, più volte nominata ma che ha sempre mancato il premio; dall'altra Olivia Colman, veterana di cinema e TV britannici, e straripante mattatrice nella parte della regina Anna in La Favorita. Da amante del cinema, non posso né voglio credere ai rumors che vedrebbero Lady Gaga come possibile sorpresa, dato che la sua prova attoriale in A Star is Born, più che agli Oscar, meriterebbe un premio alla sagra del tonno di Stintino. Non avendo purtroppo ancora visto il film che vede protagonista Glenn Close, sia il mio pronostico che la mia preferenza personale vanno alla bravissima e adorabile Olivia Colman.
Pronostico: Olivia ColmanLa Favorita
Scelta personale: Olivia ColmanLa Favorita

Miglior regia
Il favorito in questa categoria è chiaramente Alfonso Cuaròn, che con ROMA ha raccolto il plauso della critica e di gran parte del pubblico. Nonostante non lo abbia amato quanto  altri, la regia è oggettivamente sontuosa nella sua capacità di unire i vari elementi , magnifico bianco e nero  in testa, e creare una madeleine filmica pervasa di nostaglia. La mia scelta personale, tuttavia, ricade sullo splendido lavoro fatto da Yorgos Lanthimos ne La Favorita.
Pronostico: Alfonso Cuaròn, ROMA
Scelta personale: Yorgos Lanthimos, La Favorita

Miglior film
La battaglia per il miglior film è quantomai accesa: da una parte i film realmente meritevoli, come ROMA e La Favorita; dall'altra, quelli spinti per ragioni politico-sociali, come Black Panther, o quelli spinti dal sonno della ragione, come A Star is Born. Nel mezzo, la possibile sorpresa di Green Book: non sarebbe la prima volta che, in un anno senza un chiaro dominatore, l'Academy decidesse di premiare un film più "banale" dal punto di vista cinematografico, ma meritevole da quello narrativo. Alla fine, tuttavia, penso che si imporrà ROMA, finora trionfatore in tutti gli altri premi maggiori. La mia scelta personale, ormai si sarà capito, ricade su La Favorita.
Pronostico: ROMA
Scelta personale: La Favorita

A dopo la cerimonia per il bilancio!

Pier

venerdì 22 febbraio 2019

Green Book

La forza della semplicità


New York City, anni Sessanta. Tony 'Lip' Vallelonga è un italoamericano che fa il buttafuori al Copacabana. A causa della temporanea chiusura del locale, Tony si ritrova senza lavoro. Per mantenere la moglie e i due figli accetta un'offerta di lavoro singolare: accompagnare il dottor Donald Shirley, un musicista afroamericano, nel suo tour di concerti attraverso gli Stati del Sud, dall'Iowa al Mississipi. Tony dovrà fargli da autista e guardia del corpo, superando allo stesso tempo i suoi stessi stereotipi razziali.

Il tema del razzismo è un nervo scoperto nella società statunitense, una parte di passato (e presente) non ancora del tutto risolta, e che forse non lo sarà mai; un problema che sembra superato, e che invece periodicamente torna a riemergere, come un coccodrillo rimasto nascosto sotto la superficie dell’acqua, in attesa. È un tema, dunque, molto difficile da affrontare in modo adeguato, da un lato per il rischio di incorrere nel politically incorrect, dall’altro per quello di scivolare nel pietistico, finendo per sminuire, anziché esaltare, la portata storica del problema.

Potrebbe sorprendere, dunque, che uno dei film migliori sul tema sia una storia scritta (con Nick Vallelonga, figlio di Tony, e Brian Currie) e diretta da Peter Farrelly, celebre presso il grande pubblico per commedie demenziali come Tutti pazzi per Mary e Io, me, e Irene. Tuttavia, forse è proprio la conoscenza dei meccanismi e dei tempi comici che permette a Farrelly di raccontare con efficacia la storia (vera) dell’incontro-scontro tra Tony e Shirley, realizzando un film on the road che bilancia sapientemente gli elementi comici e drammatici. Il film ha infatti la sua forza principale nella sceneggiatura, semplicemente perfetta per ritmo, struttura e scrittura dei personaggi. Sia Tony che Shirley sono personaggi che scopriamo gradualmente, più attraverso le loro azioni che per mezzo di inutili descrizioni, e che rivelano una complessità insospettabile al primo incontro.

Gran parte del merito va alle interpretazioni di Mahershala Alì e, soprattutto, di Viggo Mortensen, all’ennesima prova sontuosa che non verrà premiata con l’Oscar. Prima poi occorrerà fare un discorso sulla carriera di Mortensen, forse l’attore migliore della sua generazione ma costantemente snobbato nella stagione dei premi, probabilmente a causa della sua recitazione sempre misurata e mai sopra le righe. In Green Book dà vita a un Tony eccezionale per simpatia e naturalezza, vero e proprio mattatore che riesce però anche a dare vita ad alcuni dei momenti più profondi e commoventi del film. Accanto a lui, Alì dà vita a un personaggio costruito per sottrazione, in cui il non detto è più importante di ciò che dice.

La coppia ha una chimica innegabile, dovuta anche alla perfetta complementarità dei loro personaggi: laddove Tony è ciarliero fino ad autodefinirsi un artista della parola, Shirley è taciturno e introverso, e parla solo con la sua musica; laddove Tony è definito dalla sua appartenenza a una famiglia onnipresente e affettuosa, Shirley è invece solo, rifiutato sia dai bianchi che dai neri, e costretto a suonare una musica più “vendibile” per uno con il suo colore della pelle, ma lontana dal suo cuore.

Green Book non brilla certo per originalità, ma costruisce una storia semplice ed efficace, che spinge lo spettatore a una riflessione che non viene invece sollecitata da altri film teoricamente più profondi e di supposta maggiore dignità filmica e drammaturgica. La storia del cinema indipendente statunitense ci insegna però che è con la semplicità che si riescono a trasmettere messaggi “forti”, e gli autori di Green Book dimostrano di aver capito perfettamente la lezione, realizzando un film non indimenticabile ma che arriva dritta al cuore.

*** 1/2

Pier