sabato 24 aprile 2021

Oscar 2021 - I pronostici

Questa notte, come ogni anno, gli occhi del mondo cinematografico si sposteranno sul Dolby Theatre di Los Angeles per la cerimonia di premiazione della novantaduesima edizione degli Academy Awards. 

Ma quest'anno non sarà come tutti gli altri: la pandemia ha costretto molti film attesissimi a rimandare la loro uscita; i cinema sono ancora chiusi in molti paesi, con la conseguenza che molti dei film in concorso (tutti quelli non usciti su piattaforme di streaming) non sono stati visti da milioni di potenziali spettatori; la stessa cerimonia di premiazione si svolgerà con i candidati suddivisi tra più location per rispettare le norme sanitarie.

Insomma, è stato un anno molto anomalo, e anche i nostri pronostici e scelte personali ne risentiranno. Per la prima volta da tempo immemorabile, infatti, non ho visto molti dei film in concorso. Basterà questo a fermarmi? Ovviamente no. Ciarlare dello sconosciuto è la specialità di ogni critico concionatore e il sottoscritto non fa eccezione.

Pronti? Iniziamo!


Miglior montaggio
Cinque ottimi candidati, ma tutti dicono meraviglie del montaggio di Sound of metal, curato da Mikkel E. G. Nielsen, danese già montatore, tra gli altri, dell'ottimo Beasts of no nation. La mia scelta personale ricade su Alan Baumgarten per lo splendido lavoro di cucitura tra passato e presente, materiale filmato e d'archivio ne Il processo ai Chicago 7.

Pronostico: Mikkel E. G. Nielsen, Sound of metal

Scelta personale: Alan Baumgarten, Il processo ai Chicago 7


Miglior fotografia
La fotografia wellesiana di Mank, o il lirico realismo di Nomadland? La competizione sembra concentrarsi tra questi due titoli, e personalmente non ho dubbi su chi scegliere: il lavoro di Joshua James Richards è uno dei punti di forza del film di Chloé Zhao, il cuore pulsante di un piccolo, grande capolavoro. Su di lui ricade sia il mio pronostico che la mia scelta personale.

Pronostico: Joshua James Richards, Nomadland
Scelta personale: Joshua James Richards, Nomadland


Miglior film d'animazione
Impossibile non indicare Soul, sia come favorito che come film del cuore. E la concorrenza, quest'anno, è anche agguerrita: Onward, un po' snobbato perché uscito nel breve periodo di riapertura dei cinema durante la pandemia, è un degnissimo rivale "casalingo", una splendida storia familiare che diverte e commuove; Wolfwalkers ha raccolto consensi unanimi in tutto il mondo. Tuttavia, il nuovo film di Pete Docter (a parere di chi scrive il miglior regista Pixar, e non da oggi) è un'esplosione di creatività, innovazione e voglia di osare, un'improvvisazione jazz che avvolge, trascina, e commuove.

PronosticoSoul
Scelta personale: Soul


Miglior attore non protagonista
I grandi protagonisti sembrano essere gli attori di Judas and the Black Messiah, inspiegabilmente candidati ambedue come non protagonisti. Tra i due spicca Daniel Kaluuya, già nominato per Get out!. Non avendo visto il film, devo giocoforza indicare qualcun altro per la mia scelta personale, che ricade su Sacha Baron Cohen, splendido hippie ne Il processo ai Chicago 7 .

Pronostico: Daniel Kaluuya, Judas and the Black Messiah

Scelta personale: Sacha Baron Cohen, Il processo ai Chicago 7


Miglior attrice non protagonista
Una delle categorie più incerte, con almeno tre contendenti che partono alla pari: Glenn Close per Elegia americana, Olivia Colman per The father, e Amanda Seyfried per Mank. Scommetto su Oliva Colman, sulla quale ricade anche la mia scelta personale: è sulla fiducia, non avendo visto il film, ma vi sfido a dirmi che sbaglio a fidarmi.

Pronostico: Olivia ColmanThe father
Scelta personale: Olivia ColmanThe father

"Ah, non ti fidi?"

Miglior sceneggiatura originale
Tra i candidati c'è Aaron Sorkin. Aaron Sorkin è il Dio della sceneggiatura, non avrai altro Dio all'infuori di lui. Il processo ai Chicago 7 è un'apoteosi della sua scrittura, tra dialoghi splendidi, monologhi appassionati, walk and talk da antologia. Mi pare evidente su chi ricadano sia pronostico che scelta personale. E se l'Academy sceglierà diversamente, peste li colga.

Pronostico: Aaron Sorkin, Il processo ai Chicago 7
Scelta personale: Aaron Sorkin, Il processo ai Chicago 7


Miglior sceneggiatura non originale
Competizione accesa in questa categoria, con un testa a testa tra Chloè Zhao per Nomadland e Kemp Powers per l'adattamento della sua piece teatrale in Quella notte a Miami... . Dico Kemp Powers, ma la mia scelta personale ricade sulla Zhao.

Pronostico: Kemp Powers, Quella notte a Miami...
Scelta personale: Chloè Zhao, Nomadland


Miglior attrice protagonista
Qui la favorita, nonostante la concorrenza serrata (da Frances McDormand per Nomadland a Carey Mulligan per Una donna promettente), sembra essere Viola Davis per Ma Rainey's Black Bottom. La Davis è come sempre strepitosa, e il film biografico paga sempre, quindi la vittoria sembra cosa certa. Tuttavia, la mia scelta personale ricade su Vanessa Kirby, semplicemente eccezionale nella parte di una madre in lutto in Pieces of a Woman - altro film passato ingiustamente inosservato ma da recuperare (è su Netflix).

Pronostico: Viola Davis, Ma Rainey's black bottom
Scelta personale: Vanessa Kirby, Pieces of a woman

One woman show

Miglior attore protagonista
Qui il favorito sembra essere Chadwick Boseman per Ma Rainey's Black Bottom, sia per l'ottima interpretazione sia per l' "effetto lutto" che inevitabilmente influenzerà le scelte dei giurati. La mia scelta personale ricade invece su Gary Oldman, una delle poche note liete di quel sublime pasticcio che è Mank. 
Pronostico: Chadwick Boseman, Ma Rainey's black bottom
Scelta personale: Gary Oldman, Mank

Miglior regia
Un solo nome al comando: Chloé Zhao. Nomadland è un film universale e personale, e porta l'impronta indelebile di una regista che farà molto parlare di sé, capace di unire sublime e triviale, assoluto e quotidianità, risate e commozione. 

Pronostico: Chloè Zhao, Nomadland
Scelta personale: Chloè Zhao, Nomadland

Schegge di meraviglia da Nomadland

Miglior film
In un anno difficile come questo, uno potrebbe aspettarsi una bassa qualità dei film in concorso. Invece, a sorpresa (o forse no), la mancanza di blockbuster ha aperto le porte a prodotti indipendenti che normalmente sarebbero magari passati inosservati: film personali, ma potenti, in grado di commuovere e far riflettere, ma che soprattutto riflettono in modo evidente la visione autoriale dei propri registi. Il favorito, manco a dirlo, è Nomadland , su cui ricade anche la mia scelta personale, ma occhio alle possibili sorprese: sia Minari sia Judas and the Black Messiah potrebbero aggiudicarsi la statuetta più ambita.

Pronostico: Nomadland
Scelta personale: Nomadland


Questo è tutto. Cosa aspettate? Correte in sala scommesse!

Pier

Una donna promettente

Vittime e carnefici


Dopo aver abbandonato gli studi di medicina, la trentenne Cassie lavora in un piccolo bar. Apatica nei confronti del suo lavoro e dei genitori, con cui vive, Cassie prende vita solo la notte, quando gira per locali e, fingendosi ubriaca, si fa abbordare da sconosciuti. Il suo scopo? Vedere se si approfitteranno della sua condizione di incapacità di intendere e di volere. Un gioco al massacro che ha radici nel passato di Cassie - un passato che non tarderà a riaffiorare.

Che cos'è la colpa? Fino a che punto si può spingere una vendetta? Esiste davvero un colpevole, quando è la società intera a decidere di ignorare e girarsi dall'altra parte? Nel suo primo film da regista (e sceneggiatrice), Emerald Fennell affronta un tema complesso come quello della cultura dello stupro, e lo fa esplorandone le radici, il sistema di potere e gerarchie su cui si regge e grazie al quale, come un parassita demoniaco, riesce a perpetuarsi. La Fennell è magistrale nel gestire la presentazione dei suoi personaggi, maschili ma anche femminili: la regista gioca con le aspettative dello spettatore, a volte confermandole, a volte sovvertendole, spingendosi in un territorio più degno di film come The Master o True Detective che in quelli di un semplice "rape and revenge" per interposta persona: l'orrore è sistemico, e chiunque contribuisca a perpetuarlo, anziché affrontarlo, non può che essere colpevole. 

L'accidia è un peccato capitale tanto quanto la lussuria, e come tale va trattato. Il messaggio è senza dubbio forte - molti lo troveranno probabilmente urticante - ma coglie senza dubbio nel segno, creando nello spettatore una sensazione di disagio e sconforto che da strisciante si fa esplosiva, portandolo di volta in volta a "tifare" per un personaggio salvo poi pentirsi due minuti dopo. Il film è molto abile a muoversi sul sottile filo che separa l'esplorazione delle radici sociologiche della cultura dello stupro dalla relativizzazione della colpa: no, non sono tutti colpevoli, e no, il fatto che il fenomeno sia strutturale (o, meglio, culturale) non assolve i singoli perpetratori. 

La sceneggiatura e l'interpretazione di Carey Mulligan sono perfette nel ritrarre un personaggio che non deve sempre piacerci, ma del quale non si può ignorare il sordo dolore, la frustrazione che nasce dal senso di colpa per non aver impedito quanto successo e dalla consapevolezza che non avrebbe comunque cambiato nulla.

La Fennell ha una sensibilità hitchcockiana per creare tensione sfruttando i soli elementi visivi, giocando con luci, ombre e profondità di campo. Come con la sceneggiatura, anche lo stile visivo cambia di continuo, focalizzandosi ora sui personaggi con primissimi piani, ora sul loro ambiente, con campi ampi che ne riflettono la solitudine, l'insignificanza rispetto al sistema. All'interno di questo mondo di marionette si muove Cassie, angelo vendicatore con una sua etica e una sua morale, giudice  e carnefice costretta a sostituirsi a una società che ha deciso non solo di non guardarsi allo specchio, ma di romperlo e considerare la visione distorta prodotta dalle schegge come l'unica realtà. 

Le immagini sono accompagnate da una colonna sonora semplicemente perfetta, che alterna pop e musica classica e a volte giunge persino a ibridarli, creando dissonanze e cambi di tono che si sposano perfettamente al ritmo erratico e sincopato del film.

Una donna promettente è un film duro, che intrattiene con l'elemento della vendetta ma crea una tensione, un disagio continui che a volte diventano difficilmente sopportabili. È un film che non piacerà a tutti, che è costruito per non piacere a tutti, ma che al tempo stesso non potrà mancare di esercitare una magnetica fascinazione anche tra i suoi critici più feroci, così come tutti quei film che ci costringono ad affrontare i mostri che abbiamo contribuito a creare.

****

Pier


giovedì 22 aprile 2021

Nomadland

No direction home 


Empire, stato del Nevada. Alla morte del marito, Bo decide di lasciare la casa dove hanno sempre vissuto, in una cittadina industriale del Nevada diventata una città semi-fantasma dopo la chiusura della fabbrica che dava lavoro alla grande maggioranza dei locali. Si trasferisce a vivere in un van, che trasforma in una casa con la C maiuscola, e comincia a spostarsi per le strade d'America, entrando a far parte di una comunità di persone come lei: i nomadi della strada. 

Quando pensiamo ai nomadi, il primo pensiero corre sempre a culture "altre", nello spazio o nel tempo, lontane dai canoni di sedentarietà della civiltà occidentale contemporanea. Tuttavia, i nomadi sono parte fondante, il cuore pulsante ma invisibile del paese che ha egemonizzato la cultura occidentale degli ultimi settant'anni, gli Stati Uniti. Nella pancia degli States c'è una vibrante comunità di invisibili, con i suoi riti, le sue tradizioni, in perenne movimento verso un futuro che non arriverà mai ma che è comunque più attraente di un passato fatto di rinunce, fallimenti e solitudine. 

Chloé Zhao si immerge in questa comunità e la racconta con uno sguardo documentaristico ma lirico, distante ma partecipe, che racconta la storia dei nomadi attraverso sguardi, paesaggi, e silenzi, muovendosi con elegenza tra il road movie e il cinema di Ken Loach, di cui non ha gli elementi di critica sociale ma lo sguardo affettuoso verso la solidarietà tra diseredati, i legami indissolubili che possono nascere da un breve incontro, da una parola gentile, da un aiuto disinteressato. 

Citare altri registi non rende però giustizia all'originalità dello sguardo della Zhao, uno sguardo unico, ricco, vitale, che trova il bello in ogni cosa ma non rifugge da raccontare la quotidianità anche nei suoi momenti più triviali - uno sguardo che sceglie di raccontare per immagini, suoni, sensazioni più che attraverso le parole, riscoprendo una lezione dimenticata su cosa sia davvero il cinema, in un'epoca in cui la parola sembra aver preso il sopravvento sull'elemento visivo che invece costituisce il cuore e l'anima della settimana arte. Laddove altri film raccontano la materia, Nomadland racconta l'anima: l'anima dei suoi personaggi, l'anima (perduta) di un paese. 

La crisi economica e il fallimento del sistema capitalista, del sogno americano sono i coprotagonisti del film, ma la Zhao decide di lasciarli sullo sfondo, spettri che incombono sui protagonisti, animali notturni da cui i nomadi si difendono come le tribù di una volta: stringendosi insieme intorno a un fuoco e raccontando storie. La Zhao sceglie di indugiare su ciò che i nomadi hanno guadagnato scegliendo questa vita più che su ciò che hanno perso, sui legami di una comunità sui generis, ma presente, che si sostituiscono alle regole di una società strutturata ma assente. Questa scelta non solo avvicina lo spettatore al loro mondo, ma amplifica la portata emotiva delle scene in cui il passato riemerge, come un fiume carsico che travolge personaggi e spettatori. 
La scelta di circondare Frances McDormand, sempre magnifica, di veri nomadi incontrati sulla strada è vincente e dona al film un afflato neorealista che ne rafforza l'impatto emotivo e sociale. 

Nomadland è un film che colpisce dritto al cuore senza bisogno di scene madri o grandi conflitti interiori o sociali. È un film che racconta la miseria in modo onesto, sincero, adottando lo sguardo dei suoi personaggi anziché ergersi a giudice e dispensatore di pietà. Nomadland racconta e ritrae, laddove altri avrebbero giudicato o fatto un trattatello morale: è quello che il grande cinema dovrebbe fare. 
E non fatevi ingannare dalla sua apparente semplicità: Nomadland è grande, grandissimo cinema. 

**** 1/2 

Pier