sabato 24 aprile 2021

Una donna promettente

Vittime e carnefici


Dopo aver abbandonato gli studi di medicina, la trentenne Cassie lavora in un piccolo bar. Apatica nei confronti del suo lavoro e dei genitori, con cui vive, Cassie prende vita solo la notte, quando gira per locali e, fingendosi ubriaca, si fa abbordare da sconosciuti. Il suo scopo? Vedere se si approfitteranno della sua condizione di incapacità di intendere e di volere. Un gioco al massacro che ha radici nel passato di Cassie - un passato che non tarderà a riaffiorare.

Che cos'è la colpa? Fino a che punto si può spingere una vendetta? Esiste davvero un colpevole, quando è la società intera a decidere di ignorare e girarsi dall'altra parte? Nel suo primo film da regista (e sceneggiatrice), Emerald Fennell affronta un tema complesso come quello della cultura dello stupro, e lo fa esplorandone le radici, il sistema di potere e gerarchie su cui si regge e grazie al quale, come un parassita demoniaco, riesce a perpetuarsi. La Fennell è magistrale nel gestire la presentazione dei suoi personaggi, maschili ma anche femminili: la regista gioca con le aspettative dello spettatore, a volte confermandole, a volte sovvertendole, spingendosi in un territorio più degno di film come The Master o True Detective che in quelli di un semplice "rape and revenge" per interposta persona: l'orrore è sistemico, e chiunque contribuisca a perpetuarlo, anziché affrontarlo, non può che essere colpevole. 

L'accidia è un peccato capitale tanto quanto la lussuria, e come tale va trattato. Il messaggio è senza dubbio forte - molti lo troveranno probabilmente urticante - ma coglie senza dubbio nel segno, creando nello spettatore una sensazione di disagio e sconforto che da strisciante si fa esplosiva, portandolo di volta in volta a "tifare" per un personaggio salvo poi pentirsi due minuti dopo. Il film è molto abile a muoversi sul sottile filo che separa l'esplorazione delle radici sociologiche della cultura dello stupro dalla relativizzazione della colpa: no, non sono tutti colpevoli, e no, il fatto che il fenomeno sia strutturale (o, meglio, culturale) non assolve i singoli perpetratori. 

La sceneggiatura e l'interpretazione di Carey Mulligan sono perfette nel ritrarre un personaggio che non deve sempre piacerci, ma del quale non si può ignorare il sordo dolore, la frustrazione che nasce dal senso di colpa per non aver impedito quanto successo e dalla consapevolezza che non avrebbe comunque cambiato nulla.

La Fennell ha una sensibilità hitchcockiana per creare tensione sfruttando i soli elementi visivi, giocando con luci, ombre e profondità di campo. Come con la sceneggiatura, anche lo stile visivo cambia di continuo, focalizzandosi ora sui personaggi con primissimi piani, ora sul loro ambiente, con campi ampi che ne riflettono la solitudine, l'insignificanza rispetto al sistema. All'interno di questo mondo di marionette si muove Cassie, angelo vendicatore con una sua etica e una sua morale, giudice  e carnefice costretta a sostituirsi a una società che ha deciso non solo di non guardarsi allo specchio, ma di romperlo e considerare la visione distorta prodotta dalle schegge come l'unica realtà. 

Le immagini sono accompagnate da una colonna sonora semplicemente perfetta, che alterna pop e musica classica e a volte giunge persino a ibridarli, creando dissonanze e cambi di tono che si sposano perfettamente al ritmo erratico e sincopato del film.

Una donna promettente è un film duro, che intrattiene con l'elemento della vendetta ma crea una tensione, un disagio continui che a volte diventano difficilmente sopportabili. È un film che non piacerà a tutti, che è costruito per non piacere a tutti, ma che al tempo stesso non potrà mancare di esercitare una magnetica fascinazione anche tra i suoi critici più feroci, così come tutti quei film che ci costringono ad affrontare i mostri che abbiamo contribuito a creare.

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Pier


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