mercoledì 29 dicembre 2010

La banda dei Babbi Natale

Una comicità fuori dal tempo



Aldo, Giovanni e Giacomo sono tre amici con molti problemi. Il primo è un fannullone fissato con le scommesse, mantenuto da una ragazza che ora non vuole più saperne di lui. Il secondo ha due mogli, una in Svizzera e una in Italia, e non riesce a decidersi su quale delle due tenere. Il terzo è ossessionato dal ricordo della moglie morta, e non riesce a ricominciare una nuova vita nonostante le opportunità non gli manchino. La loro squadra di bocce, inoltre, è l'eterna seconda del torneo provinciale, che provano inutilmente a vincere da quattro anni. La notte di Natale i tre vengono arrestati mentre cercano di introdursi in un appartamento vestiti da Babbo Natale. Il reato sembra evidente, ma il loro racconto comincia a far vacillare le certezze del commissario di polizia.

Il nuovo film di Aldo, Giovanni e Giacomo torna sui toni che ne avevano sancito il successo cinematografico, avvalendosi di una comicità semplice, onesta, senza volgarità ed eccessi. I sorrisi prevalgono sulle risate (che pure non mancano), e si alternano con momenti di velata tristezza. Mancano però quella struttura narrativa e quel sottotesto di messaggi e significati che avevano fatto grande quello che ad oggi rimane il miglior film del trio, Chiedimi se sono felice, in cui comicità e vicende umane si fondevano alla perfezione, inserendosi nel solco della grande commedia all'italiana.
La banda dei Babbi Natale ripiega su una storia più semplice e sconnessa, strutturata per quadri ed episodi, che si rifà più alla comicità milanese, fatta di battute educate e di adorabili pasticcioni. Il breve cameo di Cochi Ponzoni sembra suggellare questo legame con la tradizione meneghina, che diventa esplicito fin dalla prima scena, in cui si vede un piccolo Duomo sotto vetro che diventerà uno dei leit motiv del film. Il trio si concede anche alcune citazioni d'autore molto riuscite, tra tutte il Giovanni bocciofilo che fa il verso al giocatore di bowling reso immortale da John Turturro nel Grande Lebowski.

Aldo, Giovanni e Giacomo offrono una buona prova corale nonostante la ripetitività di alcuni atteggiamenti, in particolare dell'attore siciliano. Accanto a loro troneggia una splendida Angela Finocchiaro, magnifica poliziotta-madre di famiglia, che ascolta pazientemente le disavventure dei tre e finisce per imparare anche qualcosa su se stessa e sulla vita.
La regia è semplice e scolastica, ma serve al meglio lo scopo del film, senza inutili virtuosismi e con un'ottima fotografia di Milano.

La Banda dei Babbi Natale è un ottimo film di svago, senza alcuna pretesa intellettuale ma anche senza quelle volgarità che caratterizzano i cinepanettoni, e permette di passare una piacevole ora e mezza in compagnia di tre simpatiche canaglie che forse, in fondo, tanto canaglie non sono.

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Pier

Lussuria - Lo sconsiglio: puntata #10


Lussuria


Se il regista fosse stato Tinto Brass lo si sarebbe archiviato come la solita maialata. Dato che lo ha fatto Ang Lee si è parlato di poesia delle immagini e dei corpi. E no, Visconti non c'entra proprio nulla.

Livello di sconsiglio:

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Pier

sabato 25 dicembre 2010

Stanley Donen - I dimenticati: puntata 8

Il dimenticato di oggi è Stanley Donen, spesso conosciuto solo come regista di genere ma in realtà autore poliedrico e geniale. Regista e coreografo, contribuì a rendere grande il musical realizzando alcuni dei più grandi capolavori del genere e dirigendo le due maggiori star dell'epoca, Gene Kelly e Fred Astaire, ma allo stesso tempo realizzò alcuni dei più grandi classici del cinema "tradizionale".

Nato a Columbia, nel South Carolina, dopo l'università Donen si trasferì a New York per cercare fortuna come ballerino. Dopo qualche esperienza a teatro, durante le quali conosce Gene Kelly, comincia a lavorare nel cinema, debuttando nel 1943 come ballerino nel musical Best Foot Forward, prodotto dalla MGM.
Il suo esordio da regista avviene però solo nel 1949 con il musical Un giorno a New York, primo della storia a essere girato in esterni. Il film è lo scanzonato racconto della giornata di libertà di tre marinai, magistralmente interpretati da Frank Sinatra, Gene Kelly e Jules Manshin, che trovano l'amore nella Grande Mela nonostante abbiano solo 24 ore di congedo.

La felicità scanzonata ma velata di tristezza del film rimarrà un marchio di fabbrica dei film di Donen, anche se la sua tecnica registica si evolverà notevolmente, a partire già dalla successiva pellicola, Sua altezza si sposa, dove si trovano due scene memorabili: nella prima Astaire balla con un appendiabiti, e il lavoro di Donen a coreografia e regia riesce a rendere realistica e spettacolare la danza con un oggetto inanimato, che anche grazie alle doti eccezionali di Astaire sembra quasi prendere vita. La seconda è probabilmente uno dei momenti più famosi della storia del musical, in cui Astaire balla sul muro e sul soffitto. La scena è realizzata con una maestria e una soluzione di continuità tali che per un attimo fanno pensare che non ci sia alcun effetto ottico e che quel ballo assurdo e fantasioso stia accadendo realmente sotto i nostri occhi.


Il film successivo di Donen è probabilmente anche il suo capolavoro: Cantando sotto la pioggia (1952). La storia del passaggio del cinema dal muto al sonoro è raccontata con una fantasia e un'esplosione di musica e vitalità senza precedenti. Le coreografie e la regia supportano al meglio la fisicità e il talento di Gene Kelly, in un turbino di citazioni e di "dietro le quinte" del mondo cinematografico che non perde di ritmo nemmeno un secondo e risulta irresistibilmente affascinante anche per chi non ama il musical. Alcune musiche sono memorabili, da quella che dà il titolo al film a Make 'em laugh, passando per Good Morning. La regia è semplicemente eccezionale nella sua capacità di proporre continue trovate senza per questo perdere di vista il filo della storia, e il risultato è quella che è una pietra miliare del cinema.

Questo film fu solo il preludio di altri grandi classici come Sette Spose per Sette Fratelli (1953), E' sempre bel tempo (1955) e Cenerentola a Parigi (1957), questi ultimi ancora con Gene Kelly ad affiancarlo come coreografo e attore protagonista. L'alterno successo commerciale di questi film e del musical in generale lo portano a virare su generi differenti, e così nel 1958 realizza Indiscreto, una storia di amore e tradimento molto particolare e poco tradizionale con Cary Grant e Ingrid Bergman. Nel 1960 firma L'erba del vicino è sempre più verde, uno dei grandi classici della commedia hollywoodiana, in cui dirige Cary Grant, Deborah Kerr e Robert Mitchum in una storia quasi teatrale perfetta per tempi e meccanismi.

Il vero capolavoro non musicale di Donen è però costituito da Sciarada (1963), splendido thriller hitchcockiano con Cary Grant, Audrey Hepburn e un inedito Walter Matthau. La trama si dipana in modo semplicemente perfetto, tra colpi di scena, tradimenti e doppi giochi, e il ritmo e la suspence sono degni di quelli dei maestri del genere. La storia di Reggie, giovane donna sospettata dell'omicidio del marito e coinvolta in un gioco di potere più grande di lei, ricorda da vicino quella del protagonista di Intrigo Internazionale, e la presenza di Grant al fianco della Hepburn rafforza i motivi di somiglianza.

I film successivi di Donen sono meno memorabili dei precedenti, ma tuttavia si possono individuare delle piccole perle come Due per la strada (1967) e Il piccolo principe (1974). Nel primo Donen racconta attraverso continui salti temporali la storia del matrimonio tra Joanna e Mark, magistralmente interpretati da Audrey Hepburn e Albert Finney. Il film è sorretto da un'eccellente sceneggiatura, che ricevette anche una nomination all'Oscar, ed ha un carattere estremamente innovativo sia nella messa in scena sia per la modalità con cui viene trattata la storia d'amore tra i protagonisti.
Il secondo è un adattamento musicale del romanzo di Saint-Exupery, in grado di regalare momenti di pura magia come l'incontro con la volpe (uno splendido Gene Wilder) e quello con il serpente interpretato da un inquietante Bob Fosse, il quale ci regala un numero di ballo di altissimo livello e modernità che sarà la fonte di ispirazione per tutto il bagaglio coreografico di Michael Jackson, moonwalk compreso.



Donen è stato indubbiamente il padre del musical moderno: la sua capacità di innovare continuamente, di uscire dagli schemi, di rinnovare il linguaggio del genere sono alla base di tutta la moderna produzione di commedie musicali. Allo stesso tempo, però, sarebbe un errore considerarlo "solo" un regista di musical: Donen ha infatti diretto capolavori di generi differenti, che spaziano dal thriller alla commedia, meritandosi di diritto un posto tra i grandi di Hollywood, diritto riconosciutogli dall'Academy nel 1998 con l'Oscar alla carriera, un Oscar ritirato come solo lui poteva fare: danzando.

Pier

giovedì 16 dicembre 2010

Megamind

La capacita' di cambiare



Metroman e Megamind sono due bambini alieni spediti dai genitori lontano da un pianeta prossimo alla distruzione.Una volta arrivati sulla Terra, il primo diventa subito il beniamino delle folle e il supereroe di Metro City. Il secondo, dotato solo di una grande intelligenza, e' costretto a reinventarsi come supercattivo per essere qualcuno.
Dopo anni di infruttuosi tentativi, Megamind sembra essersi finalmente liberato di Metroman, ma la vita del vincitore si rivelera' diversa da quella che si aspettava.

Megamind riprende il tema dei supereroi con problemi "normali" già portato al cinema con maggiore originalità da Gli Incredibili della Pixar. Nel farlo si concentra però su un supercattivo, analizzandone le motivazioni nello scegliere la strada del male e i processi psicologici che lo porteranno a cambiare. La prima parte del film è anche la migliore, in quanto l'infanzia di Megamind e la sua continua contrapposizione con Metroman sono allo stesso tempo un'eccellente parodia del genere superoistico e un ottimo momento di instrospezione dei personaggi, conditi anche da molte risate. Il proseguio del film è comunque interessante e divertente ma perde quell'originalità che contraddistingue la prima parte, regalando pochi momenti di vero stupore.

La Dreamworks conferma ancora una volta di essere un'ottima casa di produzione per l'animazione, mancante però di quello scarto creativo in grado di porla sullo stesso livello della Pixar o di alcune case indipendenti. I mezzi ci sono, il talento anche: la sensazione è quindi che si preferisca la strada conosciuta, che porta profitti sicuri e attira i giovanissimi, piuttosto che puntare su qualcosa di più innovativo e alzare il livello del messaggio e dei contenuti.

Megamind resta comunque un film divertente, ben disegnato e con eccellenti scene d'azione, perfetto per passare un paio d'ore in allegria. Manca però di quella verve e di quel potenziale che lasciavano intravedere i primi prodotti della casa di Spielberg.

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Pier

venerdì 10 dicembre 2010

Rapunzel - L'intreccio della torre

Classico e moderno



Rapunzel sta per compiere diciotto anni, ma non e' mai uscita dalla torre dove sua madre la tiene segregata con la scusa di proteggerla dal mondo esterno. In realta' i suoi lunghissimi capelli biondi possiedono proprieta' curative, che la madre sfrutta per rimanere giovane.
La banalita' della vita della ragazza viene sconvolta quando Flynn Rider, il bandito piu' ricercato del regno, si rifugia nella sua torre per sfuggire alle guardie del re. L'incontro permettera' a Rapunzel di fuggire, scoprendo il mondo e facendo luce su alcuni punti oscuri del suo passato.

Il cinquantesimo classico della Disney e' la prima fiaba realizzata in computer grafica anziche' con il disegno a mano. Il risultato e' un eccellente mix di novita' e tradizione, in cui le caratteristiche storiche dei film d'animazione Disney sono esaltate dalla nuova tecnologia.
La storia e' divertente e ben orchestrata, le musiche sono le migliori da molto tempo a questa parte (su tutte quelle cantate dalla madre di Rapunzel), l'animazione e il disegno sono eccellenti e regala scene di pura magia, su tutte quella delle lanterne volanti.
I protagonisti sono convincenti e, pur rimanendo in parte legati agli stereotipi di principe e principessa, presentano anche degli elementi di novita' che li rendono freschi e interessanti.

La vera forza del film, tuttavia, sono i personaggi secondari, a partire dagli animali, finalmente non parlanti e sfruttati appieno nelle loro capacita' mimiche e facciali. Il camaleonte sembra uscito dal cinema muto per la sua forza espressiva, e il cavallo-cane da caccia e' semplicemente esilarante in alcuni momenti del film. Ugualmente convincenti sono i malviventi che aiutano Rapunzel, ciascuno con un sogno talmente particolare e bizzarro da risultare comico e commovente al tempo stesso. Menzione speciale per il vecchietto ubriacone, che strappa la risata piu' sincera quando appare per la prima volta.
La madre di Raperonzolo e' un villain convincente e moderno, malvagia ma con punte di umanita' che la rendono un personaggio piu' reale e temibile.

Rapunzel si colloca di diritto nell'Olimpo delle grandi fiabe Disney, cui aggiunge un tocco di freschezza e novita' che potrebbe segnare un'evoluzione verso un tipo di animazione piu' moderno, ma in grado comunque di regalare quei voli di fantasia e quella magia per adulti e bambini che, pur con qualche passo falso, solo la casa di Topolino sa regalare.


****1/2

Pier

giovedì 9 dicembre 2010

Lo sconsiglio #9 - Il favoloso mondo di Amelie


Il favoloso mondo di Amelie

Le espressioni di Audrey Tautou e il messaggio che questo film vorrebbe trasmettere sono talmente finti che sembrano contraffatti dai cinesi.

Livello di sconsiglio:

***1/2


Pier

venerdì 3 dicembre 2010

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni

L'inutilità della vita, l'inutilità di un film



Helena è appena stata lasciata dal marito Alfie per una donna più giovane. La figlia Sally la convince a affidarsi alle "cure" di una maga, pur sapendo che si tratta di una ciarlatana, sperando che la cosa le porti sollievo. Nel frattempo la stessa Sally affronta la crisi del suo matrimonio con Roy, scrittore in crisi di ispirazione, e si sente attratta dal suo nuovo capo, il direttore di un'importante galleria d'arte.

L'ultimo film di Woody Allen può essere riassunto con una sola parola: inutile.
Inutile perchè non aggiunge nulla alla carriera del grande regista, in quanto non è nè un deciso e meraviglioso stacco con il passato (Match Point), nè un felice ritorno alle origini (Basta che funzioni). Inutile perchè non riesce ad essere nemmeno un divertissment, una variazione sul tema delle nevrosi alleniane in grado comunque di divertire e coinvolgere lo spettatore, (Criminali da strapazzo, La maledizione dello scorpione di giada) pur rimanendo lontano dai suoi capolavori del passato.

Inutile perchè spreca un numero spropositato di attori eccellenti dando loro personaggi senza spessore, ruoli senza senso e battute banali, infilandoli a viva forza in una trama senza nè capo nè coda. Così Naomi Watts sembra continuamente in preda a un tic nervoso, Brolin risulta monoespressivo, Hopkins totalmente fuori parte, Banderas bolso e poco credibile.
Si salva come sempre la colonna sonora, ma è una goccia nel mare.

La voce fuori campo che introduce il film illude, parlando dell'inutilità della vita e dell'amore, tematiche care a Woody fin dagli esordi. Ma alla fine il film fa riflettere solo sulla propria inutilità, sulla pretenziosità di girare un film corale senza la necessaria struttura narrativa e una sceneggiatura solida alle spalle.
In un post precedente ho scritto che Anything Else era il peggior film di Woody Allen. Bene, mi devo ricredere: Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni lo batte a mani basse.

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Pier