mercoledì 25 febbraio 2009

Inkheart

Fantasy con poco coraggio

Inkheart, tratto dal romanzo omonimo di Patricia Fulke, racconta la storia di un restauratore di libri antichi dotato del dono di dare vita ai personaggi dei libri leggendone il nome a voce alta. Prima di riuscire a controllare il suo potere, però, il protagonista ha fatto uscire dal mondo delle fiabe anche personaggi malvagi, come il crudele Capricorno, ed ha esiliato sua moglie nelle pagine stampate. Anni dopo, è giunto il momento della resa dei conti...


Inkheart avrebbe tutto quello che occorre per essere un fantasy vincente ed originale, grazie al continuo incrociarsi di realtà e finzione. In realtà questa originalità resta solo potenziale, in quanto la storia è poco approfondita, i personaggi sono piatti, alcuni passaggi risultano poco chiari.


Brendan Fraser è totalmente inadatto per la parte del protagonista, in quanto il personaggio che interpreta manca di quell'ironia e di quella capacità di creare momenti comici durante il culmine dell'azione che hanno fatto la fortuna dell'attore.


Buona l'interpretazione di Paul Bettany: il suo personaggio, Dita di Polvere, è certamente il più affascinante e avrebbe meritato un approfondimento maggiore.


In generale, viene lasciato poco spazio alla descrizione del mondo immaginario e fiabesco dei libri, quasi il regista avesse paura di dare spago alla fantasia, che avrebbe invece potuto essere la vera arma vincente del film. Un vero peccato.


** (*****)


Pier

lunedì 23 febbraio 2009

Oscar: il bilancio

Come sbagliare 7 previsioni ed essere (in)felici

Ed è andata. L'Academy si è pronunciata, e gli Oscar sono stati assegnati (qui l'elenco completo dei vincitori), sancendo il trionfo di The Millionaire, che si è aggiudicato otto statuette, tra cui quelle per miglior film e miglior regia.


Alla luce dei risultati, si impongono alcune considerazioni:


1) Come esperto di pronostici, non sono decisamente un granchè. Chiudo infatti con un misero 5 su 12, azzeccando due statuette (film d'animazione e attore non protagonista) che erano praticamente già assegnate;


2) Alcuni dei miei errori sono però frutto di scelte incomprensibili dell'Academy: ingiusto ignorare così Benjamin Button, un film intenso e ricco di significati sicuramente di fattura più pregevole di The Millionaire. La pellicola di Boyle è infatti molto piacevole, ma manca di quel respiro e di quella capacità di rendere straordinario l'ordinario che fanno del film di Fincher una bellissima favola moderna;


3) Mickey Rourke meritava l'Oscar, senza se e senza ma. L'interpretazione di Sean Penn è infatti ottima ma monocorde: una volta entrato nel personaggio, lo porta avanti allo stesso modo fino alla fine del film. La performance di Rourke è invece esemplare per la sua capacità di esprimere le varie sfaccettature della personalità di Randy "The Ram" Robinson , attraverso un continuo cambiamento di tono, intenzioni ed espressione. Andate a vedere The Wrestler (in uscita venerdì 6 Marzo), non potrete non innamorarvi di Rourke e del suo personaggio;


4) Clamoroso anche il premio mancato da Valzer con Bashir, che continuo a ritenere il migliore tra i film candidati che ho avuto modo di vedere. Aspetto con curiosità il film giapponese che lo ha sconfitto, anche se penso sia difficile che superi i vertici artistici che il Valzer riesce a raggiungere in alcuni momenti.


In generale, l'Academy ha confermato di essere particolarmente attenta e ricettiva nei confronti di quei film che denunciano un disagio sociale: il filo che unisce Crash, vincitore nel 2006, a The Millionaire, è abbastanza evidente.

La scelta è stata quella di premiare il contenuto, la trama, a discapito del valore artistico del film: una scelta senza dubbio condivisa dal pubblico, che ha premiato la storia del giovane Jamal Malik al box office.


Pier

Revolutionary Road

Il viale dei sogni infranti


"E' successo che altri già si amarono, non è una novità, ma questo amore è come musica, che non potrà finire mai"
Mi sembrava doveroso iniziare la recensione di Revolutionary Road, il film di Sam Mendes, con la citazione di un verso di una canzone di Jovanotti. La frase citata incorpora in se un concetto che nel film viene sognato, pensato, illuso ma alla fine mai raggiunto. Parliamo della specialità di una coppia di innamorati che nonostante l'amore, la passione e i sogni iniziali, finisce per ritrovarsi invischiata in una routine che di speciale non ha niente.

La storia è molto semplice: viene raccontata la vicenda di una coppia di giovani come tante, che dopo il matrimonio si trasferisce in una casetta in fondo a Revolutionary Road dove sogna di avere una vita speciale, diversa e unica ma in sostanza vuota e disperata come tutte le altre. L'occasione di fuggire a Parigi per una vita migliore, meno opprimente e più "on the edge", l'hanno avuta, ma la mancanza di coraggio del personaggio di Leonardo di Caprio e il suo abituarsi ad una normalità che in fondo non gli dispiace affatto, gliela fanno perdere. Sua moglie, Kate Winslet, non ci sta, e la mortifica il fatto che l'unica persona che comprende la loro situazione è un pazzo schizzofrenico che appare due volte nel film. Finirà in tragedia, come tradizione dei film Mendesiani.

Dopo 13 anni, Di Caprio e la Winslet si rincontrano sul set per raccontare una storia agli antipodi rispetto a come si erano lasciati in Titanic.

Mendes, regista per molti versi sopravalutato, ritorna sull'argomento che lo aveva lanciato con America Beauty: la normalità come vuoto disperato, il cui emblema è la famiglia letta e intepretata come tomba dell'amore. In Revolutionary Road, il tema è affrontato diversamente; Mendes non si concetra più sulla famiglia intesa come nucleo familiare (i bambini si vedono forse in una sola scena), bensì sul rapporto familiare mutevole tra marito e moglie, esasperato in un odio finale, per molti versi ingiustificato e inspiegabile.

Se American Beauty, al di la del grandissimo Kevin Spacey, neanche paragonabile a Di Caprio, sembrava più vero nel suo dramma perchè raccontava la vicenda di una famiglia normale che normale non era, Revolutionary Road appare eccessivo nella pretesa, da parte del regista, di raccontare una situazione, per molti versi particolare, di una coppia sposata come se fosse universale. L'idea della mancata specialità della coppia e le conseguenze che la routine della normalità possa avere su di essa, poteva forse essere affrontato in modo migliore, tralasciando luoghi comuni su cui il regista è inciampato molte volte nei suoi film.

Film lungo (più di due ore), ma scorrevole grazie ad una buona interpretazione, specialmente dei personaggi secondari, due su tutti il falso personaggio di Katy Bates e il pazzo intepretato da Michael Shannon. Vale la pena ricordare anche la splendida musica di Thomas Newman, già compositore della colonna sonora di American Beauty.

**1/2

Alessandro

venerdì 20 febbraio 2009

Oscar: i pronostici - Parte Seconda

Go, Mickey, go!!

Benvenuti alla seconda parte delle previsioni sulla notte degli Oscar.
Ecco, per le categorie mancanti, quello che penso (e quello che spero) accadrà durante la notte delle stelle:


Miglior Attrice non protagonista
I bookmakers americani danno nettamente favorita Taraji P. Henson, madre adottiva del protagonista in Benjamin Button. La cosa mi lascia alquanto perplesso, dato che la performance in questione non è nulla di che. Ben più meritevole sarebbe una qualunque delle altre candidate, da Marisa Tomei per The Wrestler alle due attrici de Il dubbio, Viola Davis e Amy Adams, passando per Penelope Cruz.
Pronostico: vado controcorrente, e dico Marisa Tomei, attrice molto apprezzata dai colleghi.
Scelta personale: nonostante anche la Tomei mi sia piaciuta molto, scelgo una delle due attrici de Il Dubbio, Amy Adams.

Miglior attore non protagonista
Heath Ledger è ovviamente il superfavorito, e penso proprio che vincerà. Spiace per Philip Seymour Hoffman, splendido interprete de Il Dubbio, ma Ledger è veramente fantastico nella parte del Joker, e l'effetto-commozione gioca ulteriormente a suo favore. Molto bravi anche gli altri candidati, con Michael Shannon possibile (ma improbabile) outsider.
Pronostico:
Heath Ledger
Scelta personale:
Heath Ledger

Miglior attrice
La favorita sembra essere Kate Winslet, che ha convinto tutti con la sua interpretazione in The Reader e che ha già portato a casa due Golden Globe. Praticamente esclusa dalla gara Melissa Leo, è guerra a tre per il ruolo di contendente della Winslet, con Meryl Streep leggermente favorita.
Pronostico:
Kate Winslet, anche se spero vivamente di sbagliarmi.

Scelta personale: Anne Hathaway. Premesso che preferisco tutte le altre attrici candidate a Kate Winslet, trovo che la Hathaway in Rachel getting married offra una performance eccellente, con una recitazione sottotono ma intensa, fatta di sguardi e sottintesi.


Miglior attore

Guerra apertissima. Tutti i candidati hanno le carte in regola per vincere, ad eccezione di Richard Jenkins, già contento della nomination. Pitt rischia di essere penalizzato dal fatto di recitare pesantemente truccato, e comunque la sua performance non è entusiasmante.

Pronostico: Mickey Rourke. La sua interpretazione ha commosso gli Stati Uniti, e raramente si è vista una così forte identificazione tra personaggio e attore. Penn possibile outsider.

Scelta personale: Mickey Rourke. Ho visto The Wrestler a Venezia, e ho adorato il film e la sua interpretazione. Il mio sarà un tifo sfrenato!


Miglior regia
E veniamo ai premi più “caldi”: il favorito è The Millionaire. Non l'ho recensito su questo blog, quindi lo farò brevemente ora. Il film è molto bello, ha un gran ritmo ed è piacevole; tuttavia, penso sia un po' sopravvalutato. Senza speranza The reader, alla pari tutti gli altri candidati.
Pronostico: The Millionaire, negli USA sembra essere piaciuto davvero tanto.
Scelta personale:
The Millionaire. Ho detto che è sopravvalutato, vero. Ma la regia di Boyle è eccezionale, e non da oggi.


Miglior film

Anche qui The Millionaire domina i pronostici. Non penso arrivi ad aggiudicarsi le due statuette più ambite, anche perchè gli avversari sono di rilievo.

Pronostico: Il curioso caso di Benjamin Button, con Milk possibile outsider. Difficile che la pellicola di Fincher non si aggiudichi nessuno dei premi principali.

Scelta personale: Il curioso caso di Benjamin Button. Seppur di poco, il film che ho apprezzato di più tra quelli candidati. Ma vincesse qualunque altro, sarei ugualmente contento.


Bene, questo è tutto. Buona notte degli Oscar a tutti!

Pier

giovedì 19 febbraio 2009

Oscar: i pronostici - Parte Prima

Miglior film d'animazione

Qui il discorso non inizia nemmeno, né per me né per l'Academy. Oscar praticamente già assegnato.

Pronostico: Wall-E

Scelta personale: Wall-E

A domani per gli altri pronostici, quelli più importanti!

Pier

martedì 17 febbraio 2009

Il curioso caso di Benjamin Button

Metti una sera a cena Fincher e Forrest Gump


Il curioso caso di Benjamin Button è senza dubbio il meno fincheriano dei film di David Fincher. Più evidente è l'impronta di Chris Roth, già sceneggiatore di Forrest Gump: l'assenza degli spunti visivi e dell'approfondimento psicologico di Seven o Fight Club viene infatti compensato dallo splendido ritratto che il regista fa dell'America dagli anni '20 ad oggi, descritta attraverso i personaggi e le situazioni vissute dal protagonista.


Benjamin, come dice lui stesso all'inizio del film, nasce in circostanze un po' particolari: egli è infatti già vecchio, e ringiovanisce con il passare degli anni.

La sua curiosa condizione gli crea qualche problema nei rapporti sociali, ma soprattutto in quelli sentimentali con il suo amore di gioventù, interpretato da Cate Blanchett.


Le parti migliori del film sono quelle in cui emergono prepotentemente i personaggi secondari, dal capitano del rimorchiatore dove Benjamin trova il suo primo lavoro alla dama di mezza età, interpretata da un'azzeccata Tilda Swinton, che diventa il primo amore “consumato” del protagonista.

Gli anni a bordo del rimorchiatore sono quelli più interessanti, in quanto descrivono il periodo bellico senza eccedere in scene d'azione, ma concentrandosi maggiormente sulle reazioni e sulle sensazioni dell'equipaggio.


Convince il Brad Pitt anziano, che comunica ogni emozione solo grazie agli occhi, meno quello giovane, poco espressivo. Se ricevesse l'Oscar, soprattutto vista la concorrenza agguerritissima di quest'anno, rimarrei francamente sorpreso. Come mi sorprende la mancata nomination per Cate Blanchett, che oscura nettamente il suo compagno di set per l'intensità e la poliedricità della sua interpretazione.


Il film dura quasi tre ore, ma la storia avvince ed appassiona, e la fine arriva in fretta, quasi inaspettata. Fincher racconta la vicenda di Benjamin con leggerezza e grazia, rendendo plausibile e reale il racconto di una vita così particolare.


**** (*****)

Pier

venerdì 13 febbraio 2009

Frost/Nixon

Sfida all'ultimo pugno


Cosa hanno in comune Cinderella Man e Frost/Nixon? Apparentemente nulla, se non il regista.

Eppure...


Eppure entrambi parlano dell'inattesa vittoria di uno sfavoritissimo sfidante contro un campione che sembra imbattibile; entrambi vedono lo sfidante alla presa con guai personali, oltre che professionali; entrambi, infine, parlano di boxe.


Ron Howard imposta infatti il confronto televisivo tra Frost e l'ex presidente Nixon come un lungo combattimento pugilistico, con tanto di riprese (tre), secondi pronti a sostenere i combattenti o a gettare la spugna, e confronti psicologici prima della sfida decisiva. E i “clan” dei due protagonisti diventano i giudici che assegnano la vittoria allo sfidante.


Langella ha interpretato Nixon a teatro per più di 200 repliche, e si vede: la sua interpretazione è un inno al metodo Actors Studio, con un'immedesimazione a livello fisico che ha dell'incredibile.

Delude invece in parte Michael Sheen, un po' troppo sopra le righe, più adatto alla parte dello Stregatto che interpreterà nell'Alice di Tim Burton che a quella di Frost.


La regia di Ron Howard è efficace e attenta a restituire le reazioni dei personaggi e a saggiarne ogni reazione con continui primi piani.

Il confronto tra i due protagonisti è acceso e serrato, e il ritmo è incalzante e stringente, fino al k.o. tecnico di Nixon, al termine dell'ultimo, intensissimo round.


*** ½ (*****)

Pier

lunedì 9 febbraio 2009

Operazione Valchiria

Una storia dimenticata


Dopo una produzione quanto mai travagliata e segnata da ogni sorta di incidente e difficoltà, arriva finalmente sui nostri schermi Operazione Valchiria.

Il film racconta la storia del fallimento dell'ultimo attentato intentato contro Hitler prima del suo suicidio.


La storia della resistenza tedesca è poco conosciuta al di fuori della Germania, e il regista Bryan Singer si propone di fare luce su questo capitolo per nulla irrilevante della Seconda guerra mondiale.

Il risultato è un film onesto, senza particolari velleità artistiche ma con un taglio molto diretto e una forte capacità comunicativa.


La regia è attenta e curata, gli attori azzeccati: Tom Cruise interpreta il leader del complotto senza inutili divismi, e Bill Nighy è perfetto nella parte del pavido complottista, che arriva a privilegiare le necessità del suo stomaco a quelle del suo paese.

Operazione Valchiria ha inoltre il pregio di non indulgere in facili sentimentalismi, nemmeno in quelle scene in cui sarebbe facile farlo, trattando anche l'addio tra marito e moglie con dignità e semplicità.

Unico neo, lo scarso approfondimento della psicologia dei personaggi, scelta coerente con lo stile del film ma che lascia oscuri alcuni punti della vicenda che, invece, avrebbero meritato di essere analizzati a fondo.


*** (*****)

Pier

domenica 8 febbraio 2009

Ex

Il gioco delle coppie


Quanti di noi sono stati fidanzati? E quanti di questi/e fidanzati/e sono diventati poi ex? Ex rimpianti, pedanti, insistenti, dimenticati.


Proprio di loro parla il nuovo film di Fausto Brizzi, che, attraverso varie storie d'amore collegate tra di loro, costruisce un ritratto sentimentale dell'Italia di oggi.

Fatti i dovuti distinguo, Ex può essere visto come una sorta de I mostri dedicato all'amore, raccontato attraverso le storie di coppie scoppiate o sul punto di farlo.

C'è il cinquantenne in crisi di mezza età, ci sono i due giovani separati dal lavoro, i due genitori in lite per l'affidamento dei figli, il ragazzo perbene (uno splendido Fabio De Luigi) perseguitato dall'ex-fidanzato della sua attuale compagna.
Brizzi si conferma eccellente regista di commedie, anche se a volte eccede un po' troppo nell'uso del dialetto romanesco.

Insomma, un film a episodi piacevole, vivace, sorretto da ottimi attori, tra cui spiccano, oltre al già citato De Luigi, Silvio Orlando e Claudio Bisio.

Un consiglio: non guardate il trailer, vi brucereste alcune delle scene migliori.

*** (*****)

Pier

Il dubbio

Certezze e soprese



La visione de Il dubbio lascia lo spettatore con una certezza e un dubbio.

La certezza è che, quando il testo è così ben costruito e il cast comprende attori di questo calibro, basta una regia onesta per far sì che il risultato sia ottimo. La certezza è che il cinema è sì fatto di immagini, ma anche di parole, di fatti, e che quando questi mancano è difficile anche solo parlare di cinema.


Il dubbio è quale degli attori colpisca di più per la sua performance, se la rigida suora Meryl Streep o il prete di Philip Seymour Hoffman, sempre in bilico tra giovialità e dolore.


La Streep è eccezionale per intensità espressiva, in un'interpretazione sorretta soprattutto dalla sua mimica facciale. Hoffman è perfetto nel rendere le due facce del prete, contribuendo così ad alimentare il dubbio lungo il quale ruota tutto il film: la natura del suo rapporto con il giovane alunno di colore.


Invece di scegliere tra questi due mostri sacri di Hollywood, preferisco segnalare un'altra attrice, Amy Adams, la giovane novizia che, con la sua confessione alla superiora, alimenta qualcosa più grande di lei, che le sfugge inevitabilmente di mano. La sua interpretazione è molto efficace, e la nomination all'Oscar appare quanto mai azzeccata.


Infine, il testo, molto teatrale, con dialoghi serrati, pochi personaggi e ambientazioni limitate. Colpiscono in particolare le omelie di Seymour Hoffman, vere e proprie metafore esistenziali il cui significato va oltre la trama del film, mettendo in luce le dinamiche che, ogni giorno, ci mettono a confronto con incertezza e dubbio.

**** (*****)
Pier