Dopo la tv c'è il cinema
Renè Ferretti, il noto regista di soap televisive quali Gli occhi del cuore, decide di abbandonare la tv per difendere la propria libertà creativa. L'occasione di tornare in grande stile gli si presenta quando il suo vecchio produttore gli propone di girare un film tratto da La Casta, il libro-denuncia di Gianantonio Stella e Sergio Rizzo. Inizia quindi a lavorare con una troupe nuova di zecca e piena di artisti di talento, che però si rivelano essere insopportabili, pignoli e pieni di sè. Per finire il film entro i tempi previsti Ferretti è costretto a rivolgersi alla sua vecchia troupe, ottenendo risultati diversi da quelli che si aspettava.
Dopo due stagioni di onoratissimo servizio su Fox (la terza fingiamo che non sia mai esistita), Boris sbarca al cinema, e lo fa con lo stile che lo aveva reso celebre: cinico, dissacrante, tremendamente e disperatamente vero. La satira del cinema italiano è impietosa ma fin troppo realistica: sceneggiatori pieni di sè o persi nel loro mondo, intellettuali pronti a sfruttare i giovani per fare il lavoro al proprio posto o a rendere celebre la prima sgallettata che passa. E poi ancora produttori incapaci, film noiosi o di pessima qualità, comicità spiccia e volgare: nulla viene risparmiato dalla ferocia del pesciolino Boris, simbolo di quell'artigianalità e quella sincerità che la produzione italiana ha ormai perso da tempo.
La troupe di Ferretti, sgangherata, incompetente, piena di raccomandati, si rivela essere niente affatto peggiore dei cosiddetti professionisti, troppo impegnati ad autoglorificarsi piuttosto che a fare il proprio lavoro. Il panorama è desolante, ma fa capire cosa abbia fatto la tv al cinema italiano (la battuta del produttore sui finanziamenti non è affatto casuale) e come mai, dopo Fellini, De Sica, Visconti, Monicelli e compagnia, l'Italia da anni non riesca a esprimere prodotti di livello internazionale, fatta salva qualche rara eccezione.
L'eccezionale cast, capitanato da Pannofino, è in stato di grazia, e viene arricchito dalla presenza di nuovi attori che portano un valore aggiunto alla trama. Spicca in particolare il personaggio di Marilita Loy, splendida satira di alcune attrici italiane (in particolare impossibile non vedere in lei Laura Morante e Margherita Buy) per cui l'eccessiva introspezione e l'autofustigazione sono diventate una scelta di vita.
Boris è un film umoristico ma anche poetico, una satira di alto livello che mette alla berlina le presunte professionalità del cinema, un settore in declino, cui tutti ("dopo la tv c'è il cinema, dopo il cinema la radio e poi la morte"dice Lopez a Renè) preferiscono ormai la tv, e in cui anche i produttori più illuminati si piegano infine alle logiche di mercato, producendo quei cinepanettoni che sono brutti, mal recitati, volgari, ma che alla fine mandano tristemente avanti la baracca.
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Pier
Sono personalmente d'accordo con te, anche se vedo nell'autoreferenzialità del film il suo più grande limite perché continuiamo a denunciare cosa non va tra persone già persuase del nostro punto di vista. Non ho ben capito la tua affermazione a proposito della terza serie televisiva di Boris, mi piacerebbe se me la spiegassi in maniera più esplicita
RispondiEliminaIl salto dalla tv al cinema ormai è linea assai sottile sia a livello produttivo che a livello pseudo-attoriale (e dico pseudo per riferirmi agli attori che non sono attori, vedi uscite grande fratello o Maria De Filippi). Boris evidenzia bene come la produzione e la distribuzione dei film siano tutti posizionati lungo due linee molto marcate: la prima che riguarda la produzione del "cinepanettone" ove la volgarità regna padrona e la comicità si racchiude in "pernacchie" da palcoscenico, dove le figure che appaiono sono quelle che vediamo in spettacoli quali Zelig, ove le soubrette diventano prime donne della scena e così via. L'altra linea è quella che riguarda la produzione filmica indissolubilmente correlata alla successiva distribuzione televisiva. Non è un caso che le maggiori case di distribuzioni (quelle che investono si intende) siano Medusa e Rai cinema, tutte legate al mondo televisivo e che quindi decidono di spendere quattrini per produrre e distribuire film che sicuramente sanno di poter benissimo vendere anche dopo sul piccolo schermo.
RispondiEliminaBoris ha un perfetto ciniscmo legato ad una comicità a volte caricaturale ma che certamente non nega in più occasioni di risaltare il personaggio di Renè (a mio avviso bravissimo) che con la sua voce graffiante ci da l'idea di essere a volte vittima a volte carnefice di questo mondo che come Boris anche noi in questo caso ci sentiamo di osservare attraverso una boccia di vetro.
La battuta sulla terza serie era dovuta al fatto che per me è nettamente inferiore alle altre due, niente di che. :-D
RispondiEliminaConcordo con Chris, la comicità è a volte caricaturale ma molto, molto efficace, forse proprio per questo.
Infine, è vero che è autoreferenziale, ma nemmeno troppo: ci sono persone che conosco che l'hanno visto senza conoscere la serie e lo hanno comunque apprezzato. Certo non possono "godere" appieno dei personaggi, però secondo me può risultare comunque interessante se lo guardi con la giusta prospettiva. ;-)