giovedì 5 maggio 2022

Doctor Strange nel Multiverso della Follia

La creatività dell'orrore



Dopo gli eventi raccontati in No Way HomeStephen Strange si trova nuovamente a dover fare i conti con il Multiverso quando una ragazzina, America Chavez, con il potere di viaggiare tra i vari universi fa capolino nel suo, inseguita da un nemico senza nome. Strange capisce che non potrà proteggere la ragazzina da solo, e chiede quindi aiuto a una strega potente quanto o più di lui: Wanda Maximoff.

Spesso negli ultimi anni abbiamo scritto che, dopo una partenza all'insegna della diversificazione, l'universo cinematografico Marvel si sia lentamente spostato verso una standardizzazione visiva e narrativa - una formula che, pur portando indubbi risultati commerciali, deprimeva o uccideva del tutto la creatività (per chi fosse interessato, qui trovate un'analisi più estesa). Persino i due recenti capitoli che provavano a rilanciare l'idea di "un'anima diversa per ogni film", Shang-Chi e The Eternals, finivano per ricadere nelle pastoie narrative imposte dalla Formula, ormai mostro mitologico in grado di divorare ogni forma di individualismo, un Impero spaziale destinato a soggiogare tutto e tutti.

Doctor Strange nel multiverso della follia è il sussulto dell'Alleanza Ribelle: un film creativo, con un'impronta autoriale inconfondibile e un approccio al genere supereroistico personale e, a tratti, addirittura radicale. E fa sorridere che questa boccata d'aria fresca arrivi per mano di colui che ha indirettamente dato inizio al tutto, quel Sam Raimi che diresse il primo Spider-Man ormai vent'anni or sono. Raimi riprende l'idea originale della Marvel di declinare ogni personaggio secondo un preciso genere cinematografico, ma la porta alle estreme conseguenze.

Il Multiverso della follia è un film horror con personaggi Marvel, non un film Marvel in salsa horror. Lo si vede dalla trama, di fatto un lungo slasher con le vittime che devono sfuggire al mostro/carnefice che sembra onnipotente e immortale; dalle citazioni, che accanto agli immancabili momenti di fan service (uno addirittura è un momento di meta fan-service, dove un personaggio molto amato è interpretato da un attore amatissimo... per tutt'altro, e un altro personaggio entra in scena con una musica associata al suo personaggio... su un altro medium) accumula citazioni ai classici del genere. Carrie è chiaramente l'ispirazione più forte, ma fanno capolino anche altri classici come L'Esorcista, La notte dei morti viventi e, ovviamente, L'armata delle tenebre. Fa pure capolino una citazione in salsa horror della celebre scena degli specchi de La signora di Shanghai.

A livello visivo, Raimi seppellisce la bibbia dell'uniformità fotografica del MCU e realizza un film lisergico, psichedelico e allucinato, riprendendo l'elemento più convincente del primo capitolo dedicato all'ex Stregone Supremo e moltiplicandolo per cento: inquadrature oblique, prospettive "dall'interno" del personaggio, zoom, tutto contribuisce a una corsa folle, paurosa e macabra, tra morti viventi, doppioni, omicidi efferati, e moltissimi momenti da salto sulla sedia. I multiversi sono di una creatività sorprendente, anche se di molti vediamo, purtroppo, solo rapide immagini, perché il treno di Raimi non si ferma (quasi) mai. La musica di Danny Elfman è senza dubbio alcuno lo score più originale e creativo sentito nel MCU da secoli a questa parte, ed è perfetto complemento delle immagini, divenendo persino elemento della trama in una delle scene più follemente audaci del film.

La sceneggiatura di Michael Waldron è complessa, articolata, non lineare: tutto il contrario delle strutture narrative dei capitoli precedenti, dove tutto era immediatamente chiaro e, nel dubbio, veniva rispiegato. Qui l'azione inizia in medias res, senza presentazioni, spiegazioni, nulla, e scarta continuamente di lato, sovvertendo aspettative, muovendosi tra luoghi e universi a velocità vorticosa, permettendosi scelte coraggiose in un film di intrattenimento di massa. Certo, alcuni snodi della trama non sono proprio credibili, alcune spiegazioni sono comunque non necessarie, e il film è particolarmente "per iniziati" al MCU rispetto agli standard (tradotto: se non avete visto WandaVision, leggete quantomeno un riassunto). Però è tale la freschezza, l'entusiasmo contagioso, il desiderio di stupire che traspare da ogni scena e snodo di trama (Waldron viene dalla scuola di Dan Harmon, tra Community e Rick e Morty, e si vede), che questi difetti si perdonano facilmente.

Gli attori si prestano all'ottovolante raimiano con grande entusiasmo e partecipazione: Cumberbatch sembra nato per interpretare l'ex Stregone Supremo, Rachel McAdams ha finalmente lo spazio che non aveva avuto nei film precedenti, Xochitl Gomez offre un'ottima prova d'esordio. A brillare più di tutti, tuttavia, è la Wanda/Scarlett Witch di Elizabeth Olsen, che offre una prova profonda, sfaccettata, un'esplosione di rabbia, follia e umano dolore che raramente si vede in un film di questo genere. La Olsen riesce a restituire l'enorme fragilità che si cela dietro la sua furia e la sua onnipotenza, e allo stesso tempo la fiera determinazione nel perseguire il suo obiettivo.

Doctor Strange nel multiverso della follia è un film sicuramente imperfetto, ma coraggioso, creativo, un anelito di vita e di diversità in un franchise che sembrava vivere di ripetizioni di successo. Proprio per questo, rischia di piacere meno al pubblico, ma è una gioia per gli occhi e la mente vedere Raimi che dà fondo al suo bagaglio dei trucchi del geniale prestigiatore dell'orrore, trascinando lo spettatore in un ottovolante da casa stregata che intrattiene e, soprattutto, stupisce.

**** 1/2

Pier

mercoledì 4 maggio 2022

The Northman

Ci son più cose in cielo e in terra...


Nord Europa, X secolo d.C. Il re di un piccolo regno viene ucciso in un agguato ordito da suo fratello, che poi prende in sposa la cognata. Amleth, figlio del re morto, assiste al tradimento, e giura vendetta. Anni dopo, diventato un feroce guerriero, si convince che il destino gli stia dicendo che il momento tanto atteso è giunto. Parte così per la sua missione, con tre soli scopi: vendicare il padre, salvare la madre, uccidere lo zio.

Dopo l'horror allucinatorio di The Witch e quello psicologico/esistenziale di The Lighthouse, Eggers torna al cinema con il suo film più magniloquente ed epico, lontanissimo dalle ambientazioni intimiste e isolate dei suoi primi due lavori, eppure al tempo stesso loro logica continuazione. Come i precedenti, The Northman esplora le profondità dell'animo umano, la forza suggestiva della religione e della superstizione, i modelli di mascolinità tramandati e perpetuati dalla nostra società e dalla nostra cultura (il mito nordico alla base del racconto è anche la base dell'Amleto shakespeariano). 

Questi elementi in The Northman si fondono a scatenare una furia irrefrenabile, un desiderio di vendetta che ha la sua origine solo nell'arroganza umana ma viene ammantato di una mistica che lo rende un destino inesorabile, un "fare la volontà degli dei" che lascia dietro di sé una scia di morte. La morte e il sangue sono onnipresenti, e gli dei del pantheon norreno ne sono ingordi: i loro rituali sono pantagruelici banchetti di carne e ossa, truculenti, sanguinolenti, condotti in un buio della ragione dall'enorme potenza suggestiva, in grado di trasformare irreversibilmente la visione del mondo di chi vi partecipa. Le visioni sono reali, gli dei ci parlano, ci aiutano, ci promettono un Valhalla fatto di Valchirie e di gloria eterna.


Eggers, però, dimostra anche qui la sua straordinaria capacità di giocare con le aspettative: con una singola, memorabile scena (affidata a Nicole Kidman, talmente perfetta che sembra trasfigurarsi) ribalta completamente il tavolo. Come Prospero ne La Tempesta, Eggers fa crollare tutti gli incantesimi, le superstizioni, gli orpelli eroico/epici di cui si sono fregiati fino a quel momento i personaggi, e in particolare il protagonista, e ci mostra la cruda realtà di una società dove vige la legge del più forte, dove la sopraffazione è legittimata da sacerdoti compiacenti e le persone, e in particolare le donne, sono oggetti, proprietà altrui da usare a proprio piacere. Il personaggio della Kidman vomita la verità con la veridicità di una Norma e la furia di una Valchiria, e da quel momento la realtà del protagonista non sarà più la stessa. L'epica si fa miseria, il mito si fa fantasia, il fato si fa delirio: Eggers esalta il folklore norreno e, nel farlo, ne mette spietatamente a nudo stesso la tossicità e la pretenziosità.

Ciò che differenza The Northman dai precedenti lavori di Eggers è l'azione: laddove i film precedenti avevano pochi, concentratissimi scoppi di energia all'interno di una staticità carica di tensione, qui i combattimenti, gli assalti, le imboscate abbondano, tra urla, sangue e torture granguignolesche. L'azione è tonitruante, inarrestabile, un fiume in piena che tutto travolge e tutto sconvolge. Anche i rituali, così scarni e raccolti nei film precedenti, qui diventano dei sabba furiosi e animaleschi, in cui uomo e natura diventano tutt'uno, indistinguibili come, forse, sono in realtà sempre, a dispetto della nostra supposta razionalità. 


La fotografia del film è magistrale, con un uso splendido della luce naturale che alterna colori saturi a colori caldissimi, ardenti, un fuoco che arde dentro e fuori ai personaggi. I lunghi piani sequenza nelle scene di battaglia lasciano letteralmente a bocca aperta, impedendo allo spettatore di staccare lo sguardo e facendo fluire l'immagine come un fiume in piena, che spazza via tutto ciò che trova sul suo passaggio.

The Northman soffre di qualche calo di ritmo e, a tratti, si prende forse troppo sul serio. Tuttavia, è forse il primo film a meritare in pieno i bizzarri aggettivi che un noto critico italiano utilizzava per descrivere i film: magmatico, tellurico, ipnotico - anche se l'aggettivo migliore è, forse, viscerale. The Northman è un film che parla delle viscere della terra, delle energie irrefrenabili che vi scorrono, ma anche delle viscere dell'uomo, della pancia, delle emozioni primordiali e animali; delle viscere animali, in cui si legge il destino; e di quelle umane, che di questo "destino" sono le prime vittime, sparse a terra da una spada che si crede guidata dal Fato ma è solo guidata da un misero, piccolo uomo.

**** 1/2

Pier