domenica 10 ottobre 2021

Shang-Chi e la Leggenda dei Dieci Anelli

 Perdersi sul più bello


Sean e Katy sono due amici e colleghi. Nonostante gli ottimi risultati negli studi, lavorano entrambi come parcheggiatori in un hotel di San Francisco. La loro vita cambia per sempre quando Sean viene aggredito su un autobus da un gruppo di sgherri, e questi rivela di possedere straordinare capacità nelle arti marziali. Sarà l'inizio di un viaggio nel passato di Sean che li porterà a scoprire che miti e leggende sono fin troppo reali.

C'è qualcosa di frustrante nella visione di Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli, una sensazione di opportunità sprecata che già attraversava Black Widow ma che qui raggiunge livelli più elevati. La frustrazione deriva dal fatto che la prima metà di Shang-Chi è qualcosa che non avevamo mai visto nell'universo Marvel: un vero film di arti marziali. Certo, le serie Netflix ci avevano già provato, con risultati buoni (Daredevil) e pessimi (Iron Fist), ma al cinema la Marvel era sempre rimasta nell'alveo de "combattimenti ripresi da qualcuno con un forte tremore alla mano", relegando persino grandi attori-atleti come Scott Adkins a cameo ai limiti del comico.  

Shang-Chi invece inizia proprio come un kung-fu movie mascherato da storia di supereroi, in cui si fondono abilmente estetica e tematiche degli wuxia (i film cappa e spada tradizionali cinesi) con quelle dei film di Bruce Lee (non a caso l'ambientazione si sposta dalla "solita" New York a San Francisco). Il risultato è una prima parte frizzante, culminante in una fuga sul bus che è, a oggi, forse la miglior scena di combattimento dell'universo Marvel. La cultura cinese finalmente non è solo la scusa per un'ambientazione esotica, ma l'anima del film, e viene trattata con grande rispetto e attenzione (il che rende ancora più inspiegabile la decisione di non lasciar uscire il film in Cina).

Poi il film, lentamente ma inesorabilmente, vira verso il fantasy e l'abuso di computer grafica, e perde del tutto la sua anima: anziché darci lo scontro tra Shang-Chi e suo padre - un villain ben costruito, sfaccettato, ben motivato, e splendidamente interpretato da Tony Leung - decide di regalarci l'ennesimo scontro tra mostri giganteschi: ben disegnati, per carità, e comunque rispettosi della cultura e del folklore cinesi, ma comunque deludenti rispetto al (quasi) realismo che aveva caratterizzato il film fin lì.

Restano l'ottima prima metà e la prova convincente di tutto il cast: Simu Liu è un ottimo protagonista, e il suo passato da stuntman lo rende credibile e convincente anche nelle scene di combattimento; Awkwafina è una spalla comica riuscita, mai invadente e "organica" rispetto alla narrazione; Tony Leung e Michelle Yeoh sono splendidi come sempre, e donano carisma e tradizione ai loro personaggi e all'intero film.

Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli è davvero un'occasione persa per fare qualcosa di diverso, riprendendo le fila di quello che era l'universo Marvel ai tempi della sua creazione, in cui ogni supereroe aveva un'anima diversa, raccontata con il linguaggio di un sottogenere diverso (la commedia d'azione anni Ottanta per Iron-Man, lo spionaggio per Capitan America, l'epica per Thor). Poi si è scelta la strada dell'omologazione, sia narrativa che visiva, e Shang-Chi è solo l'ultima delle vittime: una vittima, però, che fa più rumore delle altre, sia per la relativa libertà di cui poteva godere il film (l'eroe protagonista non è esattamente celeberrimo), sia per il genere che si trovava ad affrontare, il cui linguaggio offre ottime opportunità spettacolari. Un vero peccato.

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Pier

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