venerdì 13 giugno 2025

Mission: Impossible - The Final Reckoning (In pillole #34)

Meditare sulla fine


Dopo gli eventi di Dead Recknoning, Ethan Hunt si trova a dover affrontare un avversario invisibile ma potentissimo: l'algoritmo, l'intelligenza artificiale malvagia. Un classico del cinema, anche d'autore (si pensi ad Hal 9000 in 2001: Odissea nello Spazio), con una lunga tradizione che McQuarrie cita esplicitamente, ma rendendo il nemico ancora più intangibile e sfuggente, come si addice a un film di spie. Su come questo film possa essere letto come una metafora dello stato del cinema come arte nell'era dell'AI hanno già scritto molto bene altri, cui vi rimando. Ma è impossibile anche non vederci una metafora dell'oggi, con alcuni scenari descritti nel film che appaiono come una versione nemmeno troppo estrema e "fantasiosa" di ciò che stiamo già vivendo.

Il film è, in fondo, una celebrazione dell'umanità, incarnata nel personaggio di Hunt. Innegabilmente egocentrico, da parte di Cruise, ma anche innegabilmente efficace. Hunt è un eroe imperfetto, che le prende di continuo, rischia la morte, ma non molla mai, continuando a correre a perdifiato per il mondo, cercando di tenere in piedi affetti e dovere. Il superomismo di Hunt serve a renderlo più "degno" del ruolo, non a elevarlo al di sopra della massa, ed è molto evidente in questo capitolo, che dedica meno spazio all'azione e più alle relazioni, ai ricordi, ai capitoli chiusi e a quelli che si vorrebbero aprire. 

L'azione, quando arriva, è eccellente, ma distillata, nel capitolo più cinefilo e cinematografico della saga: l'inseguimento in aeroplano cita Hitchcock, il tuffo nelle profondità marine cita grandi classici di fantascienza che ci portano nelle profondità dello spazio e del tempo, dal già citato 2001: Odissea nello Spazio a Gravity, passando per Interestellar. Quest'ultima scena è puro cinema, immagine senza dialogo che racconta la sfida uomo-natura, morte e rinascita. 

The Final Reckoning non è il film migliore della saga (a parere di chi scrive in testa ci sono, a pari merito, il primo capitolo e Fallout): ma è indubbiamente quello con più anima, più capacità di autoriflessione e più investimento emotivo, dove l'azione lascia il passo alla narrazione e alla ricerca del significato ultimo di una carriera, di una vita. Autocelebrativo? Certo. Ma in fondo Cruise e la saga se lo sono meritato, dopo anni di avventure mozzafiato in giro per il mondo.

*** 1/2

Pier

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