domenica 23 luglio 2023

Mission: Impossible - Dead Reckoning (Parte 1)

L'inizio della fine



Un nuovo pericolo minaccia il mondo: è l'Entità, un'intelligenza artificiale divenuta senziente che ogni governo vorrebbe controllare. Per farlo servono però due chiavi e, soprattutto, conoscere la location della serratura che aprono. Ethan Hunt e il suo team vengono messi sulle tracce delle chiave, ma dovranno scontrarsi con nuovi amici e nemici, tra ladre internazionali, killer letali, e profeti dell'Entità stessa.

Non sappiamo se davvero Tom Cruise concluderà le sue missioni impossibili con il secondo capitolo di Dead Reckoning. Gli incassi sono ancora alti, e il pubblico non dà alcun segno di essersi stancato di una saga che ha saputo reinventarsi come poche altre. Mission: Impossible si è infatti costruita a poco a poco una mitologia interna che, pur rimasta sotto traccia fino a Ghost Protocol (complici anche i continui cambi di regista) è stata cristallizzata e "ufficializzata" con Rogue Nation, capitolo da cui la regia è finita nelle solide mani di Christopher McQuarrie, che la guida ancora oggi. Ethan Hunt ora ha un passato, sia prima che "nel mezzo" delle sue avventure già conosciute, ed è proprio quel passato il motore di molti degli eventi recenti della saga.

Tuttavia, gli indizi che questo possa essere l'inizio della fine ci sono tutti. Il tono dell'intero film è crepuscolare, tra committenti sempre più senza scrupoli, al punto da diventare quasi indistinguibili dai "cattivi", ad alleati che sembrano al canto del cigno. La sceneggiatura, pur non mancando di momenti di (riuscitissimo) humor, ha un tono più cupo delle precedenti, complice anche un villain tanto invisibile quanto potente, un'intelligenza artificiale che incarna tutti i nostri peggiori incubi, una versione "reale" della Skynet della saga di Terminator. La trama procede con un'inevitabilità da tragedia greca, come se tutto fosse già predefinito, prevedibile, con il braccio destro dell'Entità che prevede destini funesti come un novello Tiresia. Non tutti i passaggi sono riuscitissimi (in particolare il coinvolgimento di White Widow risulta un po' superfluo, per quanto rivedere Vanessa Kirby e il suo personaggio deliziosamente ambiguo faccia sempre piacere), ma il film azzecca in pieno il tono e, come sempre, il ritmo, che non cala mai di intensità nonostante la durata monstre e, appunto, un po' eccessiva.

I nuovi personaggi sono molto ben delineati, dal Gabriel, arcangelo della nuova divinità, interpretato con vena messianica da Esai Morales, alla Paris di Pom Klementieff, letale assassina dalla faccia d'angelo debitrice tanto di James Bond quanto di Quentin Tarantino. A brillare più di tutti è però la Grace di Hayley Atwell, scritta con un taglio da ladra hitchockiana che rende le sue scene riuscitissime e molto divertenti, con un taglio da caper movie che offre un benvenuto contrasto alla tensione dell'anima spionistica del film. Accanto a loro, i "soliti" protagonisti si muovono con l'esperienza di chi ormai indossa gli abiti del suo personaggio come fossero i propri.

McQuarrie si conferma ottimo regista action, con riprese che rimangono sempre sui personaggi, senza movimenti da mal di mare che rendono impossibile capire cosa stia succedendo. Ogni pugno, ogni colpo, ogni fuga rocambolesca sembra reale, e questo è soprattutto merito della sua capacità di costruire l'inquadratura e di preferire un montaggio ampio e avvolgente anziché frenetico e martellante. Ovviamente gran parte dei meriti va anche al cast, Tom Cruise in testa, per la scelta di effettuare i propri stunt, spesso con grande sprezzo per la propria incolumità. Ci sono almeno due pezzi di bravura mozzafiato (qui il dietro le scene del più spettacolare) che lasceranno lo spettatore a bocca aperta, oltre a uno dei car chase più divertenti visti al cinema negli ultimi anni, che non esiterei a definire "Lupiniano". 

La prima parte di Dead Reckoning si conferma all'altezza degli ultimi capitoli della saga, anche se la trama un po' troppo arzigogolata lo pone leggermente alle spalle di Rogue Nation e Fallout. Riesce anche a gestire bene, e non era semplice, il fatto di essere un film giocoforza incompleto, gestendo molto bene l'arco narrativo, senza lasciare una sensazione di incompiutezza ma, al tempo stesso, lasciando lo spettatore con il desiderio di sapere come andrà a finire.

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Pier

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