giovedì 6 luglio 2023

Indiana Jones e il Quadrante del Destino

Chiudere con il passato


Cosa significa fare i conti con il passato? Questa domanda, un grande classico del cinema statunitense, è al centro di questo nuovo capitolo della saga di Indiana Jones - un capitolo che, a differenza del precedente, non cerca di nascondere sotto il tappeto l'età del suo protagonista, ma la abbraccia e la rende un punto centrale (e vincente, ci torneremo) della trama. La domanda, tuttavia, assume anche una connotazione metacinematografica: questo capitolo dovrebbe concludere una delle saghe più amate della storia del cinema - una saga fatta da una trilogia amatissima (con un piccolo caveat, come vedremo) e da un quarto capitolo controverso, che sicuramente non dava al personaggio la chiusura che avrebbe meritato. James Mangold, reduce dal successo di Logan, si trovava quindi davanti una bella gatta da pelare: realizzare un film che si regge sulle sue gambe, ma allo stesso tempo in grado di gestire con rispetto l'eredità dei precedenti e di chiudere in modo soddisfacente la storia di Henry "Indiana" Jones jr. Insomma, la stessa sfida che si era trovato di fronte con Logan, ma con una saga che si porta dietro un bagaglio di aspettative infinitamente più grande.

Ci riesce? Ai posteri l'ardua sentenza, ma la risposta, per quanto ci riguarda, è "sì", pur con qualche riserva. Il Quadrante del Destino sembra aver imparato dagli errori del Teschio di Cristallo, e focalizza l'azione su una caccia al tesoro vecchio stile. Le basi vengono gettate nel passato, in cui rivediamo un giovane Indiana Jones (interpretato dallo stesso Ford grazie alla CGI e a centinaia di ore di girato in possesso della LucasFilm: il risultato è un ringiovanimento molto più naturale e realistico di quello visto fin qui al cinema) alle prese con i nazisti che, ormai sconfitti, cercano di trafugare varie opere d'arte. I primi venti minuti del film sono all'altezza dei primi capitoli: ritmati, ironici, pieni di azione e con quel mix di archeologia e occulto che da sempre è una delle anime della saga. La sequenza iniziale è anche una dichiarazione d'intenti per contrasto: questo è ciò che era, ma il presente è ben diverso. 

Lo stacco di montaggio ci porta nell'appartamento newyorchese di un Indiana vecchio, sfatto, e solo. A nessuno interessa più il passato: le sue classi sono semivuote, gli studenti annoiati. Lo sguardo di tutti è proiettato verso il futuro e verso lo spazio, frontiera che sembra tutta da esplorare dopo il primo allunaggio. Indiana è diventato una reliquia, di cui nessuno sembra più sapere che fare.
Proprio dal passato, però, riemergono i due motori della vicenda: la figlioccia Helena Shaw, archeologa con molti pochi scrupoli (per chi legge i fumetti, più simile a Kranz che a Indiana Pips); e Jürgen Voller, scienziato nazista passato negli USA con l'Operazione Paperclip e artefice del recente allunaggio. A unirli, un misterioso artefatto di epoca romana che avrebbe il potere di prevedere non solo il tempo meterologico, ma anche l'apertura di anomalie temporali, varchi nello spaziotempo che permettono di collegare diverse epoche.

Il Quadrante del Destino è, a tutti i livelli, una riflessione sul tempo che passa, su cosa significhi studiare il passato e metterlo al centro della propria vita, e sulle occasioni mancate, quelle che ci fanno sperare che sia possibile tornare indietro e rimediare ai nostri errori. Indiana Jones incarna tutti questi temi, e lo fa grazie alla felice intuizione degli sceneggiatori e di Mangold, che in questo caso si dimostrano più intuitivi di Spielberg e, anziché cercare di nascondere la vecchiaia di Indiana/Harrison Ford a botte di stunt poco credibili e pietosa CGI, decidono di abbracciarla e farne il cuore della trama. 

Indiana Jones è qui più simile a un personaggio di Clint Eastwood, invecchiato ed esacerbato dalla vita, un blocco di marmo che contiene ancora il vecchio Indiana, che va però liberato a colpi di scalpello, come fosse uno dei "Prigioni" di Michelangelo. Harrison Ford è perfetto in tal senso, e dona al protagonista una dolente fallibilità che non sono si adatta benissimo alla sua età, ma è anche perfettamente coerente con l'anima di Indiana Jones - un personaggio che ha sempre fatto dell'imperfezione e della vulnerabilità la sua cifra distintiva, ciò che lo distingueva da tutti gli altri eroi d'azione degli anni Ottanta e, a parere di chi scrive, ciò che lo ha reso così popolare per diverse generazioni (qui un buon approfondimento sul tema).

Accanto a lui, Mads Mikkelsen dona la consueta aria di inquietante intelligenza al suo villain, ma a brillare è soprattutto il duo composto da Phoebe Wallers-Bridge e Ethann Isidore. Se il secondo si candida prepotentemente a essere il nuovo Shorty, la prima è semplicemente eccezionale per tempi comici e sfacciataggine, e dà vita a una versione "antieroica" di Indiana Jones, un'avventuriera senza scrupoli né morale che sembra uscita dai classici di avventura di una volta. La coppia di malandrini funziona talmente bene da lasciare il desiderio di vedere altre loro avventure.

La trama non fila liscissima: usa in modo eccessivo gli inseguimenti (soprattutto nella parte centrale), ha molte ellissi evitabili, e sul finale opera una scelta che, seppur giustificatissima da quanto visto fin lì, sembra comunque fuori posto in un film di Indiana Jones, anche se rimane anni luce più coerente rispetto agli alieni visti nel Teschio di Cristallo. Mangold riesce però a mantenere la coerenza narrativa del film usando come bussola il suo cuore emotivo, e questo fa sì che tutto, anche le sgrammaticature, converga verso un finale degno del suo protagonista, capace di emozionare anche lo spettatore con il cuore più di pietra e di compensare la mancanza di uno sprazzo creativo che elevi il tutto al di sopra della "buona esecuzione."

Il Quadrante del Destino è un'ottima avventura conclusiva per Indiana Jones, in grado di riscoprire l'anima della saga e adattarla a un protagonista invecchiato e un'epoca diversa, in cui lo stupore e il magico hanno lasciato il passo al rimpianto e alla nostalgia. Mangold realizza un film che ha un cuore vivo e pulsante e che, come Indy, pur preferendo indugiare nelle glorie passate anziché cercare nuove strade, riesce a regalarci un ultimo, avventuroso brivido.

*** 1/2

Pier

PS: Potrebbe valere anche qui, riguardo alle recensioni lette all'estero, quanto detto nella recensione di Elemental. Basti vedere la differenza tra voto della critica e voto del pubblico, riscontrabile, in queste proporzioni, solo per Il Teschio di Cristallo, ma in direzione opposta (qui trovate tutti i voti della saga). La spiegazione "cinismo" sembra sempre di più quella papabile.

Nessun commento:

Posta un commento