Etica e confusione
Febbraio 2009. Eluana Englaro è in coma vegetativo da 17 anni, e sta per essere trasferita nell'ospedale di Udine, dove, per volontà della famiglia, verrà interrotta l'alimentazione forzata che la tiene in vita. Intorno al caso gravitano politici, manifestanti delle opposte fazioni, celebrità, medici e semplici cittadini, direttamente e indirettamente coinvolti in una questione etica e morale che tocca nel vivo la coscienza individuale e collettiva.
Marco Bellocchio decide di affrontare il tema della scelta individuale di fronte alla morte, e per farlo si ricollega al caso di Eluana, una vicenda che aveva scosso l'Italia. Il regista decide però di non mettere in scena una ricostruzione della vicenda, ma di raccontare quattro storie private che a quella vicenda sono in qualche modo legate. La scelta è indubbiamente vincente e interessante, in quanto riesce a parlare di un tema così delicato senza scivolare in facili pietismi. Il meccanismo, tuttavia, funziona a singhiozzo, in quanto lo spazio lasciato alle diverse storie è molto diverso ed erratico, con personaggi che rimangono in scena solo per qualche secondo per poi scomparire per larghissimi tratti.
Questo fa sì che il film manchi di continuità e di una solida linea narrativa, rendendo anche il messaggio più confuso. Suscita inoltre qualche dubbio la presenza dell'episodio della tossicodipendente interpretata da Maya Sansa, che risulta solo marginalmente legato al tema principale del film e finisce per essere del tutto slegato dagli altri tre. L'episodio senza dubbio più riuscito è quello che ha come protagonista Toni Servillo, parlamentare del Pdl che deve scegliere tra coscienza e linea del partito, e che dimostrerà una rettezza morale e una coerenza sconosciute ai suoi colleghi. Funziona anche l'episodio con Isabelle Huppert, grande attrice ritiratasi dalle scene per accudire a tempo pieno la figlia in coma vegetativo, nella speranza che questa si risvegli.
Proprio a questo episodio è affidato il messaggio del film, "nessuno può scegliere per gli altri", che sembra lasciare spazio alla libertà di scelta di ognuno, senza schierarsi nè pro nè contro l'accanimento terapeutico. Il problema è che questo messaggio viene annacquato, disperso, quasi distorto dalla struttura narrativa, che segue le inutili e improbabili vicende amorose di Alba Rohrwacher e Riondino o la vicenda della Sansa invece di concentrarsi sul cuore pulsante della storia. Il risultato è che il film impiega due ore per non dire nulla di più di quanto detto dall'appena defunto Cardinal Martini o da Umberto Veronesi nel giro di una sola frase, girando intorno al tema e affondando il colpo solo in pochi, riuscitissimi momenti.
Tra gli attori, come detto, brillano Servillo e la Huppert, con delle buone prove anche di Riondino e Tognazzi. Alba Rohrwacher, vera e propria miracolata del cinema italiano, è invece talmente inutile da risultare dannosa, e si distingue solo per una voce irritante, una dizione carente e la capacità di avere gli occhi lucidi in qualunque situazione, triste, neutra o gioiosa che sia.
La bella addormentata è un film coraggioso e intelligente, che perde però gran parte della propria efficacia a causa di una struttura narrativa mal congegnata e dalla mancanza di quel coraggio che ha invece avuto Clint Eastwood in Million Dollar Baby. Resta comunque un lavoro dal forte contenuto civile ed etico, con il personaggio di Servillo che ci dà una lezione di dignità, umana ancor prima che professionale, difficile da dimenticare.
** 1/2
Pier
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