In (parziale) difesa dell'idiozia
Dopo gli eventi del primo film, Eddie Brock è tornato a fare il giornalista. Un serial killer, Cletus Kassidy, rifiuta di parlare con altri che con lui. Grazie all'aiuto di Venom, Brock riesce a decifrare i disegni apparentemente insensati nella cella di Kassidy e a scoprire dove sono sepolte le sue vittime. Quando Eddie torna a intervistarlo per l'ultima volta, prima dell'esecuzione della condanna a morte, Kassidy riesce a farlo avvicinare e ad aggredirlo. Nella colluttazione, lo morde, finendo infettato dal simbionte alieno e dando vita a un nuovo nemico: Carnage.
"Squadra che vince non si cambia" è il motto di ogni sequel di film di successo, e sembra anche la strada abbracciata da questo secondo capitolo della saga di Venom. Il primo film ha avuto successo per l'interpretazione sopra le righe di Hardy e l'umorismo facilone? Nel secondo film ritroviamo ambedue le cose, ma questa volta sono decisamente al centro della vicenda. Andy Serkis ha infatti un'idea di regia chiara, e si vede fin da subito: quello che nel primo film sembrava un risultato fortuito, un mix di ingredienti mal combinati che miracolosamente aveva prodotto un piatto appetibile, qui viene invece pianificato e perseguito fin dalle prime scene.
Serkis sceglie di mantenere l'impianto "anni Novanta" del film, con tanto di origin story in apertura, e punta con decisione sullo humor da adolescenti e la dinamica da buddy cop tra Venom e Brock. Quel che prima era solo accennato, pezzi di un puzzle scombinato e incoerente, diviene qui il cuore del film, la sua trave portante, la sua anima. Un'anima caciarona, certo, con un senso del pudore pressoché assente, personaggi tipizzati e situazioni che sfidano la sospensione dell'incredulità: ma questa volta è tutto voluto, coerente, e coeso. Può non piacere e far storcere il naso, perché riporta l'orologio dei film di supereroi indietro di una ventina d'anni come scelte narrative, estetica, e trattamento dei personaggi: ma è una scelta, e in quanto tale rende il film quantomeno più centrato e focalizzato rispetto al primo capitolo.
Tuttavia, l'assenza di nuove dinamiche fa sì che l'effetto sorpresa che aveva fatto le fortune di pubblico del primo capitolo sia qui del tutto assente. Sappiamo già cosa aspettarci, e raramente veniamo colti di sorpresa, sia dai colpi di scena che dalle battute. A sollevare la qualità media ci pensano, ancora una volta, i due protagonisti: Hardy si diverte un mondo a intepretare il simbionte e il suo ospite Eddie Brock, cui presta un volto segnato dalla vita, stanco, desideroso solo di essere lasciato in pace. Al suo fianco, Harrelson è un Carnage convincente, anche se meno folle dell'originale del fumetto, il che fa un po' perdere d'efficacia il suo confronto con Venom: la narrativa del villain segnato dalla società è abbastanza abusata, e non è affrontata con profondità sufficiente a renderla originale.
Venom: La furia di Carnage è un film che ha il coraggio di essere stupido, facilone, un film di puro intrattenimento. E, tutto sommato, raggiunge il suo obiettivo, anche grazie a un ritmo serrato e a una durata limitata (poco più di 90 minuti, un unicum in un'epoca in cui la durata eccessiva viene spesso scambiata dai registi per valore artistico).
Tuttavia, è anche un film che viene dimenticato appena usciti dalla sala, e la cui scarsa memorabilità è da attribuirsi soprattutto a una sceneggiatura sì lineare, ma priva di qualunque guizzo creativo. Peccato, perché sarebbe bastato spingere un po' di più sull'acceleratore della follia per ottenere qualcosa di potenzialmente memorabile.
** 1/2
Pier
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