Ian è un elfo adolescente, timido e impacciato. Vive in un mondo abitato da creature fantasy, ma per il resto del tutto identico al nostro. Una volta esisteva la magia, ma ormai è stata soppiantata dalla tecnologia. Ian è rimasto orfano di padre ancora piccolo, e soffre molto per non averlo mai conosciuto, nonostante il fratello maggiore Barley e la madre Laurel si facciano in quattro per colmare quel vuoto. Quando compie sedici anni, Ian riceve in regalo un bastone magico che può riportare in vita il padre, anche se solo per ventiquattro ore. Tuttavia, qualcosa non va come previsto, e Ian e Barley dovranno imbarcarsi in un viaggio alla ricerca della magia perduta per coronare il sogno di rivedere il padre.
"Qualunque tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia." Queste parole di Arthur C. Clarke risuonano potenti in Onward, dove la tecnologia e le comodità che essa porta sono riuscite a spazzare via la magia, rendendola obsoleta, persino in un mondo abitato da creature che noi definiremmo magiche: elfi, centauri, manticore, unicorni. Come sempre, la Pixar non fa nulla per caso: quello che sembra semplicemente un espediente narrativo è in realtà la chiave di lettura del film, che aggiunge livelli di complessità alla ormai conosciuta metafora del viaggio, elemento centrale di ogni road movie che si rispetti.
Il viaggio di Barley e Ian alla ricerca del padre e della speranza di rivederlo anche solo per un attimo è ovviamente un viaggio alla scoperta di se stessi, sia a livello individuale che di coppia, ma non solo: è il viaggio di un intero mondo alla riscoperta delle proprie radici dimenticate, sacrificate sull'altare di una modernità che tranquillizza e conforta ma in modo narcotico, sedando le emozioni e le passioni. La riscoperta delle radici, delle passioni dimenticate, degli affetti, della capacità di sognare a occhi aperti sono elementi centrali della poetica della Pixar, e vengono qui declinate in un film all'apparenza semplice, ma che acquisisce crescente complessità dopo che si è usciti dalla sala e si ripensa a quanto visto. La vera missione è quella di ritrovare il passato, e solo chi ha il cuore puro di un paladino delle leggende può sperare di farlo: non è un caso che la "chiave" per questa conoscenza del passato sia nascosta in un gioco di carte fantasy, passatempo da sognatori per eccellenza. Il passato non viene visto solo in chiave nostalgica, ma come un sistema di valori abbandonato forse troppo in fretta, sacrificato sull'altare di un progresso che non pare però in grado di colmare alcuni vuoti interiori. Un messaggio quanto mai attuale in un'era dove la tecnologia è sempre più radicata nelle nostre vite, paradossalmente rafforzato proprio da quella pandemia che ha finora impedito di vedere Onward in sala.
Questi elementi, questi molteplici livelli di lettura non vengono presentati in modo didascalico, come spesso accade nei film per ragazzi, ma nascosti con delicatezza nella trama, come tante piccole gemme che lo spettatore cattura quasi inconsciamente, per poi rivelarsi nel loro splendore al termine del percorso. Un percorso fatto, come sempre nei film Pixar, di humor, trovate geniali, ma anche lacrime, dilemmi interiori, e riflessioni sulle difficoltà della crescita.
I personaggi sono delineati con grande delicatezza e precisioni: Ian e Barley (splendidamente doppiati in originale da Tom Holland e Chris Pratt) sono dei novelli Narciso e Boccadoro, ragione e passione, ma sono anche due fratelli cresciuti senza un padre, insicuri (ciascuno a suo modo) e in cerca di un affetto che non sanno di possedere già. La crescita di Ian, in particolare, è il cuore emotivo del film, che porta ai momenti più spettacolari ma anche più emozionanti, culminanti nel finale dove sarà difficile anche ai cuori più aridi non versare nemmeno una lacrima.
Onward è un film Pixar solo in apparenza minore, ma che in realtà, proprio come una ricerca nei romanzi cavallereschi, ci accompagna in luoghi nascosti e preziosi, facendoci divertire ma anche riflettere sul senso della vita e sull'importanza dei rapporti personali. Si arriva al premio finale? Certo: ma ciò che conta, in fondo, è il viaggio.
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Pier
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