sabato 29 agosto 2020

Tenet

 Tempus fugit

Un agente della CIA senza nome partecipa a un'azione per sventare un attentato terroristico all'Opera di Kiev. Viene catturato, ma scopre che questa operazione era in realtà un test per ammetterlo in un programma misterioso, dove dovrà sventare una "guerra temporale", con agenti in grado di muoversi contro il flusso dello spaziotempo.

Il tempo, e l'effetto che la sua percezione ha sull'agire e il sentire umano, è indubbiamente uno dei temi centrali della cinematografia di Christopher Nolan. Da Memento a Inception, passando per Interstellar e un film più "classico" come Dunkirk, il regista britannico gioca con il tempo per esplorare la psicologia dei personaggi, ma anche per esplorare nuovi linguaggi espressivi all'interno di un'arte che con il tempo ha sempre avuto un rapporto molto lineare, soprattutto nel comparto visivo: se a livello narrativo la manipolazione spaziotemporale non è certo un'invenzione di Nolan, è altrettanto indubbio che a lui si devono alcune delle più ardite esplorazioni e manipolazioni visive del tempo cinematografico (qui il nostro speciale sul regista).

In Tenet, questa esplorazione viene portata alle sue estreme conseguenze, al punto da sopravanzare persino la costruzione narrativa, quel meccanismo di scatole cinesi che caratterizzava altri film come Memento, Inception o The Prestige, costringendo lo spettatore a cambiare di continuo le sue convinzioni e ciò che credeva di sapere. I colpi di scena ci sono, chiariamoci, ma l'impianto narrativo è nel suo complesso più semplice, e chi abbia dimestichezza con show televisivi come Dark e Doctor Who, pur disorientato durante lo svolgimento, non avrà eccessive difficoltà a tirare le fila della trama a film terminato (se vi foste persi, qui un efficace riassunto, da leggersi rigorosamente dopo la visione). La stessa scelta di affrontare un genere come la spy story permette a Nolan di muoversi in strade ben definite e battute, tra James Bond e Mission Impossible, e concentrare la sua attenzione e la sua creatività su come il complotto e il tentativo di sventarlo vengono raccontati - sul linguaggio, anziché sul contenuto.

Nel comparto visivo si concentra quindi tutta l'innovazione del film, e Nolan come sempre non delude: sorretto come sempre dalla splendida fotografia di Hoyte van Hoytema, Nolan sovverte ogni regola del cinema di azione e del cinema in generale, mettendo in scena uno spettacolo e il suo esatto opposto, lo svolgimento e il riavvolgimento, facendo incontrare piani temporali che non dovrebbero incontrarsi e creando così un effetto visivo magnificamente straniante. Gli espedienti visivi di Tenet creano gli stessi effetti di tensione di quelli sonori di Dunkirk, giocando con la percezione di chi guarda e sfidandola a entrare in un mondo diverso, in cui nulla di quanto conosce si applica più. Il punto di vista dell'anonimo protagonista è quello dello spettatore, che con lui viene disorientato nel vedere sovvertite le leggi della fisica e della messinscena cinematografica. 

Non tutti gli spettatori, però, avranno necessariamente la pazienza e il fatalismo del personaggio di John David Washington (ottima la sua prova, così come quella di Robert Pattinson, suo partner in crime): la sfida può risultare ostica, e non sarebbe sorprendente se questo risultasse il film più divisivo di Nolan (già regista divisivo di suo), dato che mette alla prova la pazienza dello spettatore e la sua capacità di accettare delle regole del gioco completamente nuove, che possono a volte sembrare fini a se stesse. A parere di chi scrive non lo sono, in quanto proseguono un discorso che Nolan porta avanti da decenni, un percorso di ricerca che vuole sposare spettacolarità e ricerca, successo commerciale ed esplorazione stilistica: un esercizio di equilibrismo difficilissimo, da cui Nolan esce ancora una volta vincitore, portando a casa un film d'azione adrenalinico anche nei momenti più "classici" (magistrale, in tal senso, la scena d'apertura) e che lascia letteralmente a bocca aperta in alcuni dei suoi momenti più innovativi.

Tenet non è certamente il miglior film di Nolan: è imperfetto, ha un ritmo sincopato, irregolare, che dà una sensazione di incompletezza, e l'effetto straniante e quasi respingente di alcune scene è innegabile anche per chi le ha enormemente apprezzate. Tuttavia, Tenet è probabilmente il film che meglio riflette il percorso di ricerca del regista, il tentativo quasi unico di innovare il linguaggio cinematografico senza abbandonarsi allo sperimentalismo fine a se stesso ma riuscendo comunque a intrattenere e tenere incollato alla sedia lo spettatore. 

Tenet, in sintesi, è un film coraggioso, ambizioso, che non ha paura di rischiare, di sovvertire stilemi di regia e messa in scena ormai dati per acquisiti, di sfidare lo spettatore non più solo sul piano dell'attenzione e della narrazione ma anche su quello visivo e della percezione, proponendo novità che mettono in crisi il nostro modo di intendere il cinema perché alterano l'elemento che ne costituisce il DNA nascosto: il tempo. 

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Pier

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