Ogni vita è meravigliosa
L'apocalisse sembra arrivata. Mentre tutto crolla, qualcuno celebra la vita di un certo Chuck Krantz, contabile. Da qui inizia un percorso a ritroso in cui scopriamo chi è Chuck e perché sia giusto celebrarlo.
Cosa contiene una vita? Questa la domanda che sembra muovere il racconto di Stephen King da cui è tratto il film: una lettura quasi letterale della famosa poesia di Walt Whitman Contengo moltitudini; un racconto lirico, meditativo, ben lontano dalle atmosfere da "maestro del brivido" per cui è famoso. Ma tutti gli appassionati di cinema sanno che, con la notevole eccezione di Shining, i migliori adattamenti kinghiani sono spesso poco horror - da Le ali della libertà passando per Stand by me e Il miglio verde.
Life of Chuck si iscrive a questi precedenti illustri grazie all'adattamento sapiente di Mike Flanagan, anch'egli noto per il genere horror (sue sono alcune delle migliori serie TV nel genere degli ultimi anni, dalle due Haunting a Midnight Mass, passando per La caduta della casa degli Husher e Midnight Club: chi le ha viste riconoscerà numerosi attori e attrici di queste serie nel film). Flanagan, come King, prova di saper trascendere il genere che lo ha reso famoso, mostrandosi pienamente a suo agio nel raccontare un inno alla vita (qualcuno potrebbe evidenziare come l'orrore sia un modo di celebrare, per contrasto la bellezza della quotiadinità). È difficile raccontare Life of Chuck senza spoiler, ma ci proveremo: è diviso in tre atti raccontati in ordine cronologico inverso, e si focalizza sulla vita di un uomo di nome Chuck.
Inizia come un film distopico, e prosegue come una celebrazione della gioia di vivere, della bellezza delle piccole gioie del quotidiano, del piacere del riscoprire una passione sopita. Il secondo atto è fatto di musica e danza, mentre nel terzo le tematiche del film si incontrano e tutte le fila si tirano: c'è ancora il ballo, certo, ma ci sono anche le vite che, intrecciandosi, costituiscono quel macrocosmo che è ciascuna esistenza; c'è il lutto, il dolore della perdita, ma anche la gioia di trovare e ritrovare passioni; c'è, infine, il desiderio di vivere la propria vita a fondo, superando gli ostacoli che società e destino vogliono metterci davanti.
Flanagan dirige con mano invisibile, senza i virtuosismi che altri registi esibirebbero in alcuni momenti, ma riesce comunque a confezionare alcuni momenti memorabili. Tra questi spicca la danza del secondo atto, un'esplosione di gioia e vitalità magistralmente disegnata da Mandy Moore, probabilmente la miglior coreografa su piazza quando si tratta di creare danze ambientate nel tessuto urbano (sue anche le coreografie di La La Land). L'esibizione spontanea di Tom Hiddleston e Annalise Basso è ipnotica, sensuale, un'esplosione di gioia e al tempo stesso un enigma, una finestra sull'anima di due persone ferite e in cerca di redenzione. Se la danza del secondo atto è senza dubbio la scena migliore dal punto di vista cinematografico, quella del terzo atto eseguita da un giovane Chuck e dalla sua compagna di ballo Cat è quella che più tocca al cuore, soprattutto grazie alla purezza e all'entusiasmo contagioso dei due attori-ballerini, Benjamin Pajak (eccezionale, il cuore pulsante del film) e Trinity Jo-Li Bliss.
Tutto il cast è diretto magistralmente. Flanagan dimostra un amore per i suoi attori e le sue attrici che esalta l'umanità e il realismo di tutte le loro performance: dai due ex coniugi travolti dalla fine del mondo nel primo atto (Chiwetel Ejiofor e Karen Gillan) al nonno di Chuck, uno struggente Mark Hamill, forse alla miglior prova in carriera, passando per la voce narrante affidata al sempre meraviglioso Nick Offerman, che potrebbe rendere appassionante anche la lettura dell'elenco telefonico.
Life of Chuck è una poesia per immagini, un inno alla bellezza e alla capacità di superare le proprie paure. È una celebrazione dell'eccezionalità e dell'unicità della vita, di ogni singola vita, anche quella all'apparenza più banale: un messaggio che può sembrare scontato, ma decisamente non lo è di questi tempi, in cui le morti sono freddi numeri senza passato, senza storia, e la deumanizzazione della vita è all'ordine del giorno.
Flanagan realizza un piccolo miracolo, un film fuori dal suo tempo (impossibile non pensare a La vita è una cosa meravigliosa) eppure perfetto per i nostri tempi, che scalda il cuore e restituisce la speranza senza essere mai sdolcinato. Life of Chuck racconta la vita nella sua complessità, nella sua capacità generativa e immaginativa, di cambiare altre vite, tante altre, con piccoli gesti, all'apparenza insignificanti, ma in grado di creare e cambiare mondi: un sorriso, una parola gentile, una musica ballata di fronte all'apocalisse, con il sorriso, mentre le stelle si spengono.
**** 1/2
Pier
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