sabato 6 settembre 2025

Telegrammi da Venezia 2025 - #7

Settimo telegramma da Venezia, tra tuffi nella testa di un'assassina, alberi che osservano le nostre vite, film su film che non si sono fatti, festival di grande musica e coesione sociale, favole distopiche, e un Minority Report in salsa francese.


Elisa (Concorso), voto 7. Di Costanzo realizza un film carcerario che è per gran parte efficacissimo, una fredda e impietosa discesa nella mente di un'assassina, sorretto da una fotografia algida e distante e da un cast eccezionale capitanato da Barbara Ronchi. Tuttavia il film perde forza e potenza (e guadagna inutilmente in durata) per inseguire delle pulsioni da televisione nazionalpopolare in cui tutto deve essere spiegato e tutti i personaggi devono piacere al pubblico. Peccato, ma il talento resta. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.

Silent Friend (Concorso), voto 8.5. Un albero di ginkgo biloba domina il cortile di un'università medioevale tedesca, e osserva silenzioso tre storie che si dipanano su più di un secolo: quella della prima donna ammessa all'università, quella di due ragazzi che cercano di comunicare con un geranio, e quella di un neuroscienziato (Tony Leung) che cerca di tracciare paralleli tra il nostro cervello e il pensiero della pianta. Ildiko Enyedi realizza un film lirico ma anche divertente, una splendida meditazione sul nostro rapporto con la natura, ma soprattutto su cosa significhi comunicare con "l'altro" - l'albero, ma anche le persone - e sul nostro insopprimibile desiderio di farlo. L'albero è quasi un alieno (si pensa spesso a un film diversissimo eppure simile come Arrival, durante la visione) che osserva le nostre vite effimere e i nostri tentativi di creare una connessione - tra noi, e con lui, attraverso i secoli. Alla regista ungherese riesce l'impresa di trovare il delicato equilibrio tra riflessione filosofica e narrazione, e nel farlo ci regala un film evocativo e misterioso, che lascia lo spettatore con una sensazione di pace e compiutezza, ma anche di leopardiana inadeguatezza di fronte all'infinito.

Un film fatto per Bene (Bravo Bene!) (Concorso), voto 7. Maresco realizza una riflessione metacinematografica su arte, cinema e depressione eclettica e folle, in cui reale e finzione si mescolano al punto che diventa impossibile distinguerli. Il film su Carmelo Bene diventa un delirio, una meditazione, un non-film che avrebbe fatto contento il grande artista cui è dedicato. Moresco mette se stesso (o una versione cinematografica di se stesso?) davanti alla telecamere e regala un racconto volutamente sconclusionato ma divertente e ispirato, l'ennesima riflessione sulla Sicilia, sull'Italia, e sull'eredità (tradita o raccolta) di un grande artista come Bene, che ne avrebbe apprezzato il taglio nichilista, misterioso e senza risposte.

Newport and the Great Folk Dream (Fuori Concorso), voto 8.5. Un magnifico documentario fatto di sole immagini d'archivio che racconta gli anni di gloria del festival di musica folk di Newport, che lanciò tra gli altri Bob Dylan e Joan Baez. Il film racconta alla perfezione le radici democratiche e sociali del festival, che pagava tutti alla stessa maniera e dava spazio a tutte le tradizioni musicali degli USA, permettendo un incontro tra generazioni ed etnie diversissime. Si creava così non solo un terreno fertile per la contaminazione artistica e la creatività, ma un punto di incontro dove si superavano tutte le divisioni civili e sociali che allora come oggi laceravano gli Stati Uniti. Un'utopia durata solo pochi anni, prima che il commercio prendesse il sopravvento, che ha però permesso lo sviluppo di idee di pace e solidarietà. Qui la recensione completa scritta da Nonsolocinema.

100 Nights of Hero (Settimana della Critica), voto 7.5 Bizzarro incrocio tra Le mille e una notte The Handmaid's Tale, ma girato con il piglio di Emerald Fennell: Julia Jackman, all'esordio alla regia, crea un'intera mitologia per un mondo che è diverso dal nostro eppure simile, in cui gli dei influenzano la vita degli essere umani e creano la religione come strumento di oppressione femminile. Il risultato è una divertente fiaba distopica sul potere delle storie e della conoscenza come fonte di libertà ed emancipazione, femminile ma non solo, con un bellissimo finale.

Chien 51 (Fuori Concorso), voto 6. In un futuro prossimo, Parigi è divisa in zone, e l'intelligenza artificiale Alma aiuta la polizia a risolvere e prevenire i crimini. L'omicidio del creatore di Alma e la successiva indagine, tuttavia, rivelano che qualcosa è fuori posto. Un noir distopico molto classico realizzato molto bene a livello tecnico, anche se avrebbe beneficiato da una maggiore attenzione alla sceneggiatura, a tratti molto prevedibile. La tematica, tuttavia, è rilevante, e purtroppo non troppo distante dalla realtà.

Pier

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