Siamo soli?
Elio Solis perde i genitori molto piccolo, e cresce con la zia, che lavora nell'aviazione USA. Elio è un bambino solitario e introverso, ma di grande intelligenza.La storia del Voyager lo fa appassionare allo spazio, e a undici anni il suo unico obiettivo è comunicare con gli extraterrestri, nella speranza che lo rapiscano e portino con loro. Quando finalmente, dopo un messaggio lanciato nello spazio, il suo desiderio si avvera, si trova ad affrontare una crisi diplomatica di portata cosmica.
Ci risiamo: ultimanente i film Pixar originali sono vittima di uno strano fenomeno alla loro uscita in sala, per cui vengono ignorati senza valide motivazioni. Era già successo con Elemental, partito malissimo per poi diventare un successo grazie al passaparola del pubblico che si era recato a vederlo. Forse c'entra il marketing (scarso) della Disney, o forse c'entrano le decine di pagine online che danno dati sul box office in pasto al pubblico senza avere la minima contezza di cosa significhino, sparando cifre a caso su quanto dovrebbe incassare il film per cominciare a guadagnare e alimentando una "profezia che si autoavvera": leggo che nessuno lo ha visto, mi passa la voglia di andare a vederlo.
Qualunque sia la causa (e scusate lo sfogo/digressione in merito), anche in questo caso, come per Elemental, ha ragione chi è andato a vedere Elio. La Pixar (per mano dei tre registi Adrian Molina, Domee Shi e Madeline Sharafian) realizza un film in cui la sua poetica degli emarginati e delle solitudini che si incontrano (si vedano, per esempio, Ratatouille e Up tra i classici, e Luca e appunto Elemental tra le prove recenti) si fonde con quella di un altro grande fan dei perdenti, lo Steven Spielberg degli anni della Amblin, e della sua passione per lo spazio e per la "connessione" con nuove forme di vita.
Il risultato è un film poetico e struggente sulla solitudine, il vero villain del film, in cui la grande domanda esistenziale "siamo soli?" viene declinata a livello sia micro- che macrocosmico. Elio cerca una connessione con gli alieni perché si sente solo sulla Terra: la sua ricerca è quella dell'umanità intera, ma anche quella di un ragazzo orfano che pensa che la zia lo ritenga un peso, e che dalla morte dei genitori non ha mai trovato una vera connessione con nessuno.
Gli echi di E.T. e Incontri ravvicinati del terzo tipo sono evidenti, ma declinati all'interno di una storia che non è solo di amicizia, ma anche famigliare: come in Elemental e in Red (per citare due esempi recenti), le aspettative genitoriali sono il motore della vicenda, con Elio e Glordon che trovano una connessione proprio nella loro capacità di dirsi ciò che non hanno il coraggio di dire a zia e padre.
Proprio la disconnessione, l'incapacità di creare legami sono al centro del film, ritratto di una società, quella contemporanea, che rende tutti raggiungibili ma ci allontana sempre di più. Elio è il ritratto di un disagio generazionale, in cui "gli alieni" rappresentano un desiderio di relazione che sembra sempre più impossibile.
Il design degli alieni è, finalmente, creativo, con numerose creature che perdono i tratti antropomorfi che tendiamo ad attribuire agli extraterrestri (simmetria, occhi) per esplorare un caleidoscopio di forme di vita che spinge i confini dell'immaginazione in nuovi territori. Glordon e la sua specie sono chiaramente ispirati ai tardigradi, e l'animazione Pixar riesce nel miracolo di rendere espressivo e coccoloso quello che è a tutti gli effetti una sorta di vermone senza occhi.
Anche il design del Comuniverso (rappresentazione cosmica di ciò che, nell'intenzione dei fondatori, avrebbe dovuto essere l'ONU) è immaginifico, una fusione delle visioni di Kubric in 2001: Odissea nello spazio e dei design psichedelici del fumetto, da Jack Kirby a Moebius: un mondo fatto di geometrie fluide e frattali, di nastri di Möbius policromatici che cambiano di continuo forma, in una mutazione continua di stampo quantistico che non ha pochi epigoni nella storia della fantascienza cinematografica.
Elio non è un Pixar "maggiore", uno di quelli che cambiano la storia dell'animazione, portandola in direzioni narrative mai esplorate prima. Tuttavia, è un film di grande inventiva e cuore, che racconta la solitudine e l'importanza di trovare il proprio posto nel mondo (o nei mondi) con delicatezza e creatività, regalandoci una piccola, grande favola spaziale che fa risuonare le corde emotive e intrattiene alla perfezione. Andate a vederlo in sala: non ve ne pentirete.
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Pier