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mercoledì 3 novembre 2021

The Last Duel

La verità della vittima


Jean de Carrouges e Jacques Le Gris sono due nobili rivali dal carattere molto diverso: impulsivo e tradizionale de Carrouges, calcolatore e arrivista Le Gris. Quando de Carrouges sposa Marguerite de Thibouville, Le Gris ne è subito attratto. Approfittando di un'assenza di de Carrouges, Le Gris violenta Marguerite. Quando questa lo confessa al marito, scoprirà quanto poco valga la sua parola di fronte a quella del marito e del suo stupratore.

Spesso i film storici diventano un'occasione per riflettere su qualche aspetto della società contemporanea: attraverso lo sguardo "filtrato" del passato, il film storico permette di vivisezionare strutture di potere e dinamiche sociali che sono in atto ancora oggi. The Last Duel rientra appieno in questo filone: attraverso il racconto dell'ultimo "duello di Dio" legittimato dalla legge nella Francia del XIV secolo, Scott affronta il tema della cultura dello stupro e della mascolinità tossica attraverso un racconto alla Rashomon. 
Il film ci mostra gli eventi dal punto di vista dei tre protagonisti: l'accusato, il marito della vittima, e soprattutto la vittima, trattata come un oggetto e costretta a continue umiliazioni per sostenere la veridicità delle sue accuse. Un fatto storico, ma ancora attuale: sarebbe, infatti, bello dire che le cose sono cambiate, ma la cronaca di dice, purtroppo, che non è così.

Quello che sorprende, tuttavia, è l'angolazione con cui Scott la racconta, soffermandosi senza alcuna pietà sulla vanagloriosa visione di sé dei due uomini protagonisti, pieni di sé al punto di distorcere la realtà più per mantenere la propria immagine di "uomini onorevoli": indicativa, in questo senso, è soprattutto il punto di vista dello stupratore, che non nega lo stupro ma lo trasforma in un sesso consensuale, in cui il diniego della vittima viene interpreato come sintomo di desiderio. 

La scelta registica, vincente in tal senso, è di ripetere per tre volte quasi tutta la vicenda, anziché solo lo stupro, e soprattutto di ridurre al minimo le variazioni tra le tre versioni della storia. Sfruttando il rigore della certosina sceneggiatura  (scritta da Nicole Holofcener insieme al premiato duo Affleck & Damon), Scott si concentra su piccoli dettagli (delle scarpe tolte o perse), espressioni, reazioni, sfruttando la variazione del punto di vista per mettere a nudo come la visione di sé dei due protagonisti - virili, grandi amanti, onorevoli - sia un'illusione, messa a nudo dallo sguardo spietato di Marguerite. 
Il duello finale mette ulteriormente a nudo l'ottusità dei protagonisti, smontando la mitologia dle "cavaliere onorevole" per offrirci un combattimento per nulla onorevole, rude, grezzo. 

Questa scelta registica, tuttavia, presenta anche degli svantaggi: alla lunga, l'originalità del film ne soffre, e la ripetitività a tratti si fa sentire. Tuttavia, il film resta asciutto, efficace e attuale, e mette perfettamente a nudo non solo le storture della società patriarcale, ma anche quelle indotte da un'idea di mascolinità animalesca e brutale che permea l'agire e il pensare dei due protagonisti. Il film riesce a catturare l'attenzione anche grazie a un'ottima prova dei protagonisti, tra cui spiccano un Ben Affleck stranamente (ma efficacemente) gigione e Jodie Comer, perfetta nella parte della protagonista.

*** 1/2

Pier

venerdì 10 settembre 2021

Telegrammi da Venezia 2021 - #6

Sesto e ultimo telegramma da Venezia 2021: l'ultimo film in concorso, il film di Ridley Scott sull'ultimo duello di Dio, qualche bella sorpresa nelle sezioni collaterali, e tanto altro.


Mama, Ya Doma (Orizzonti), voto 6.5. Un racconto sul lutto e sulla sua (non) accettazione, con una madre che rifiuta di credere alla morte del figlio: complotto o pazzia? L'idea è interessante e, pur non riuscendo mai a decollare veramente, offre un'efficace riflessione sul potere, grazie anche all'ottima prova dell'attrice protagonista.

Un Autre Monde (Concorso), voto 7.5. Un film sul lavoro e sullo sfruttamento dei lavoratori visto dal punto di vista di un manager che finisce per essere dilaniato dalle richieste del quartier generale e le preoccupazioni dei lavoratori. Qui la recensione estesa scritta per Nonsolocinema.

Rhino (Orizzonti), voto 5. Un film erratico, che dopo una scena d'apertura di grande impatto visivo e narrativo si perde in un turbinio di violenza, spesso gratuita, senza riuscire né a trasmettere emozioni, né a stimolare riflessioni. 

The Last Duel (Fuori Concorso), voto 7.5. Il racconto dell'ultimo "duello di Dio" legittimato dalla legge nella Francia del XIV secolo. Il tema non potrebbe essere più attuale - una denuncia per stupro - e viene raccontato alla Rashomon, mostrandoci gli eventi dal punto di vista dei tre protagonisti: l'accusato, il marito della vittima, e soprattutto la vittima, trattata come un oggetto e costretta a continue umiliazioni per sostenere la veridicità delle sue accuse. La regia di Ridley Scott è poco originale ma solida, la sceneggiatura asciutta ed efficace: sarebbe bello dire che le cose sono cambiate, ma la cronaca di dice, purtroppo, che non è così. Ottima prova di tutti i protagonisti, tra cui spiccano un Ben Affleck stranamente (ma efficacemente) gigione e Jodie Comer, perfetta nella parte della protagonista.

Al Garib (Giornate degli Autori), voto 7.5. Un medico mancato trascina la sua esistenza in un frutteto che il padre non vuole nemmeno lasciargli in eredità. Un incontro a sorpresa con un guerrigliero ferito cambierà le sue prospettive. Un film che racconta la solitudine, il desiderio e l'incapacità di riscatto, l'attaccamento alle proprie radici: una storia di emozioni, rapporti umani, paesaggi splendidi e decadenti, che raccontano il dramma di una terra, la Siria, dove anche la speranza sembra ormai impossibile.

La Macchina delle Immagini di Alfredo C. (Orizzonti), voto 7. Curioso documentario narrato su una storia poco conosciuta, quella degli italiani bloccati in Albania dopo la cacciata dei fascisti e l'instaurazione di un governo comunista. Protagonista un cameraman del fascismo, che si ritrova a svolgere lo stesso lavoro per il neonato governo albanese. Il documentario mette in luce i meccanismi universali della propaganda, e la centralità dell'immagine filmata nell'alimentare il culto della personalità e del partito.

Per ora è tutto, appuntamento a più tardi per il Totoleone.

Pier e Simone

venerdì 8 maggio 2020

Nuovo Cinema Paravirus - Puntata 56

Nuova puntata di Nuovo Cinema Paravirus, la rubrica che vi suggerisce film da vedere in quarantena.


Il genere di oggi sono i film di rapine e rapimenti.

I film segnalati sono:

1) Inside man (disponibile su Prime Video e Timvision). Una rapina impossibile per un thriller vibrante, teso, pieno di colpi di scena, che ha confermato il talento di Spike Lee anche fuori dalla sua comfort zone.

2) The town (disponibile su Netflix e Prime Video). Un poliziesco dal sapore classico, con una struttura narrativa solida e lineare, con pochi colpi di scena ma con dialoghi tesi e vibranti, con una sceneggiatura e una regia che privilegiano l'approfondimento dei personaggi, la vera forza del film. Qui la recensione completa.

3) Il gatto con gli stivali (disponibile su Sky). Uno spinoff ben riuscito, che trasforma in protagonista l'irresistibile spalla di Shrek, doppiato come sempre in modo magistrale da Antonio Banderas.

A domani per la cinquantasettesima puntata!

Pier


lunedì 11 dicembre 2017

Justice League (In pillole #12)

Il supplizio di Tantalo

 


Superman è morto, ma la Terra è ancora in pericolo: Steppenwolf, un alieno con smanie di conquista, invade la terra con i suoi parademoni. Per fermarlo, Batman e Wonder Woman si mettono alla ricerca degli altri individui dotati di capacità sovrumane scovati nell'archivio di Lex Luthor: Flash, Aquaman, e Cyborg. Tuttavia, anche la loro alleanza potrebbe non essere sufficiente di fronte al potere di Steppenwolf.

Se vi sembra di aver già sentito questa storia, non vi state sbagliando: è la stessa trama di The Avengers. Leo Ortolani ha già sottolineato le evidenti similitudini meglio di quanto possa fare io, quindi non mi dilungherò oltre, anche perché questo non è il principale problema di Justice League.

Il problema principale è la totale sciatteria nella realizzazione, e in particolare in come sono state integrate le scene scritte e girate da Josh Whedon con quelle (che costituiscono due terzi del film) girate da Zach Snyder, prima del suo abbandono a causa della tragedia famigliare che lo ha colpito. Il tocco tragico e la visione epica di Snyder si sposano malissimo con lo humor di Whedon, che finisce per risultare del tutto fuori luogo in più di un'occasione. In aggiunta, le sequenze girate in un secondo momento saltano immediatamente all'occhio per la pessima computer grafica (e no, i baffi eliminati di Henry Cavill non sono la cosa peggiore) e per la generale inadeguatezza rispetto alla sontuosità delle immagini di Snyder. Lo stile del regista di Green Bay può piacere o non piacere, ma non si può negare che sia immediatamente riconoscibile e dotato di una certa forza visiva, soprattutto nelle sequence evocative (Snyder è un mago dei titoli di testa, e lo dimostra anche qui) e in cui non eccede con il ralenty di pallottole, frecce, o arsenale bellico vario.

Justice League è una sorta di supplizio di Tantalo per lo spettatore: si ha continuamente la sensazione che il film sia sul punto di ingranare, grazie a scene e personaggi di grande potenziale (Flash è ben scritto e interpretato; il Batman di Ben Affleck è intrigante nella sua cupio dissolvi). Questo potenziale, tuttavia, non viene mai raggiunto a causa una scrittura approssimativa e frettolosa e il raffazzonato tentativo di mettere insieme due visioni diverse e inconciliabili, frutto di una scellerata scelta della produzione che si spera venga in futuro assegnata a più abili mani.

Rimane il rammarico per un film che poteva essere grande, e invece è solo un ibrido bruttino tra Batman vs. Superman e The Avengers.


** 1/2

Pier

domenica 27 marzo 2016

Batman v. Superman: Dawn of Justice (In pillole #4)

The Dawn of Silence

Non ci sono parole che possano descrivere il film meglio di chi lo ha vissuto in prima persona.

Ecco quindi la recensione affidata all'espressione del suo protagonista: Ben Affleck.
Che poi non si venga a dire che è poco espressivo.



**

Pier

mercoledì 10 luglio 2013

To the wonder

I wonder how, I wonder why



Neil e Marina si incontrano a Parigi e scocca la scintilla. Si trasferiscono negli USA, dove però la loro storia non riesce a decollare per colpa di lui, incapace di concedersi fino in fondo all'altra. Quando il permesso di soggiorno di Marina scade, le loro strade si separano, e Neil torna a una vecchia relazione. Dopo qualche tempo, tuttavia, i due si incontrano di nuovo, e riallacciano i fili della loro relazione, decisi questa volta ad abbandonarsi ai propri sentimenti.

Dopo il successo di The Tree of Life, Terrence Malick torna con un film che ne è la fotocopia sbiadita. Il film è ancora una volta un inno all'amore puro e disincantato, incarnato ancora una volta dalla figura femminile, simbolo della natura e della vita. E, ancora una volta, la figura maschile è incapace di vivere appieno i propri sentimenti, vittima di un egoismo da cui sembra incapace di uscire. Nel mezzo, interminati spazi e sovrumani silenzi in quantità industriale, a tal punto che anche Leopardi li avrebbe trovati eccessivi.
La trama è come sempre risicata, ma il fatto che sia una rivisitazione quasi pedissequa di quella del film precedente rende il film quasi insopportabile, una parodia di se stesso che stona con l'afflato universale respirato nel capolavoro imperfetto che era The Tree of Life.
To the wonder risulta quindi stucchevole e ripetitivo, e culmina in un finale che, nonostante l'ottima prova di Javier Bardem, risulta didascalico e posticcio, fatto di frasi vuote e di professioni di fede senza significato.

Il film viene anche azzoppato da due recitazioni poco convincenti: da un lato un Ben Affleck espressivo come un segnachilometri, dall'altro una Olga Kurylenko francamente insopportabile, che corre sorridente tra prati, fiumi e montagne e a cui mancano solo le caprette che fanno ciao per sembrare la versione made in USA di Heidi.
A salvare almeno in parte la pellicola ci sono fotografia e musiche, come sempre perfette nei film di Malick. La luce che illumina il film apre gli occhi allo stupore e alla meraviglia, e le musiche ne accrescono l'efficacia.

To the wonder è un film ripetitivo, che lascia sconcertati per la sua incapacità sia di staccarsi dal modello del film precedente, sia di aggiungervi qualcosa di nuovo. Viene da chiedersi cosa abbia spinto Malick, che solitamente lascia passare molto tempo tra un suo lavoro e l'altro, a dirigere questo film, che non fa onore nè alla sua carriera nè alla sua capacità di esplorare nuovi linguaggi cinematografici e di toccare le corde più intime dell'animo degli spettatori.

**

Pier

sabato 23 febbraio 2013

Oscar 2013: I Pronostici - Parte Seconda


La seconda parte dei pronostici sugli Oscar in programma questa notte.

Si continua!

Miglior attrice non protagonista
Il pronostico è facile e secco: Anne Hathaway. Per quanto riguarda la preferenza personale, la scelta è molto più ardua. La Hathaway mi ha conquistato in Les Miserables, dove interpreta una Fantine vera e sofferta, ma Amy Adams è eccezionale in The Master, dove interpreta una donna determinata e pronta a tutto pur di far sì che il culto fondato dal marito abbia successo. Dopo lunga riflessione, e con grande sofferenza, ho scelto la Hathaway.
Pronostico: Anne Hathaway
Scelta personale: Anne Hathaway

Miglior attore non protagonista
Scontro tra titani in questa categoria, in cui tutti i nominati hanno già vinto un Oscar, e dove il meno bravo meriterebbe comunque un Oscar alla carriera. Vedo davanti Philip Seymour Hoffman, sia perchè The Master difficilmente vincerà altri premi, sia perchè la sua interpretazione è forse leggermente superiore alle altre. La mia preferenza personale va tuttavia a Christoph Waltz, semplicemente eccezionale in Django Unchained, che però difficilmente vincerà avendo vinto in tempi relativamente recenti. Tommy Lee Jones possibile sorpresa, credo poco a De Niro e Arkin.
Pronostico: Philip Seymour Hoffman
Scelta personale: Christoph Waltz

Miglior attrice protagonista
Pronostico e scelta qui convergono su un nome: Jessica Chastain. L'attrice lanciata da Malick con The Tree of Life è già alla seconda nomination, e sembra avere tutte le carte in regola per vincere. La sua interpretazione in Zero Dark Thirty è intensa e coinvolgente, e le alternative, per motivi diversi, non convincono a fondo.
Pronostico: Jessica Chastain
Scelta personale: Jessica Chastain

Miglior attore protagonista
Il favorito d'obbligo è Daniel Day-Lewis, cui si potrebbe assegnare l'Oscar anche solo guardando la sua foto sulla locandina di Lincoln. Joaquin Phoenix è un avversario agguerrito, ma alcune sue dichiarazioni anti-Academy e il suo docu-film (capolavoro) sul suo presunto il ritiro non gli hanno garantito molti amici tra i votanti, diciamo così. Su di lui cade però la mia preferenza personale, alla fine mica ha insultato me.
Pronostico: Daniel Day-Lewis
Scelta personale: Joaquin Phoenix

Miglior regia
Pronostico molto difficile, con Spielberg e Lee che partono alla pari, con Haneke possibile sorpresa. Dico Spielberg, semplicemente perchè gli statunitensi sono da sempre sensibili ai film che parlano in modo critico della loro storia. Spielberg si guadagna anche la mia preferenza personale.
Pronostico: Steven Spielberg
Scelta personale: Steven Spielberg

Miglior film

Rullino i tamburi, squillino le trombe, ma soprattutto si aprano i libri di storia: i due grandi favoriti di questa categoria sono infatti due saggi di storia americana, Lincoln da una parte e Argo dall'altra, con Tarantino a fare da terzo che (forse) gode. Per il pronostico voto Argo, l'unico film praticamente privo di difetti tra quelli nominati, al quale, dopo una lunga lotta con Django, va anche il mio voto personale.
Pronostico: Argo
Scelta personale: Argo

Pier

venerdì 22 febbraio 2013

Oscar 2013: I Pronostici - Parte Prima

Domenica c'è la notte degli Oscar, e come sempre Filmora non si esime dall'esporsi al pubblico ludibrio facendo pronostici sui vincitori. Come sempre, al pronostico è affiancata la scelta personale dell'autore, che poi sarei io. I film recensiti sul blog includono il link alla recensione, in caso ve la siate persa o vogliate rinfrescarvi la memoria.

Miglior fotografia
Nonostante il film non mi abbia entusiasmato, è impossibile non riconoscere la perfezione e la poesia della fotografia di La vita di Pi. Ottime anche le fotografie di Skyfall, molto curata per un film d'azione, e di Django, ma il film di Ang Lee sembra avere una marcia in più, e si aggiudica anche la mia preferenza personale.
Pronostico: La vita di Pi
Scelta personale: La vita di Pi

Miglior sceneggiatura originale
Django, sempre Django, fortissimamente Django. Impossibile non premiare Tarantino, che ancora una volta regala dialoghi e personaggi ai limiti della perfezione. Tuttavia, il mio cuore è stato conquistato da Moonrise Kingdom, che strappa, seppur di poco, la mia preferenza personale.Pronostico: Django Unchained
Scelta personale: Moonrise Kingdom

Miglior sceneggiatura non originale
I film indipendenti, si sa, sono sempre favoriti per i premi alla sceneggiatura. La sfida in questa categoria è quindi tra Il lato positivo e Re della terra selvaggia, e si preannuncia molto accesa. Pur essendo entrambi dei buoni film, tuttavia, la sceneggiatura del primo è meglio articolata e costruita, laddove la seconda risulta a volte confusionaria e poco coerente. Il mio personale voto va tuttavia ad Argo, che sembra uscito da un manuale di sceneggiatura.
Pronostico: Il lato positivo
Scelta personale: Argo

Miglior montaggio
Battaglia apertissima tra Argo e Zero Dark Thirty. Per quanto il primo mi sia piaciuto di gran lunga di più del secondo, il montaggio del film della Bigelow è oggettivamente di alto livello, e si conquista perciò sia il pronostico che la preferenza personale.
Pronostico: Operazione Zero Dark Thirty
Scelta personale: Operazione Zero Dark Thirty

Miglior film d'animazione
Sfida apertissima tra tutti i titoli in gara, con Pirati e Spaccatutto Ralph che forse partono leggermente più indietro. Credo che alla fine la spunterà Tim Burton, che avrebbe già meritato per Corpse Bride, ma anche Brave (anche se la Pixar dovrebbe essere già felice di aver riottenuto la nomination) e Paranorman (soprattutto il secondo) hanno buone possibilità. Il mio voto personale va a Frankenweenie, meravigliosa favola dark. Inspiegabile, a mio parere, l'assenza de Le 5 leggende.
Pronostico: Frankenweenie
Scelta personale: Frankenweenie

A domani per gli altri premi!

Pier

sabato 1 dicembre 2012

Argo

Tensione continua



Iran, 1979. In seguito alla fuga dello scià negli Stati Uniti, l'ambasciata USA a Teheran viene presa d'assalto dai manifestanti, che chiedono il rimpatrio immediato dello scià per poterlo processare. Di fronte al rifiuto americano prendono in ostaggio tutti gli impiegati dell'ambasciata. Sei di loro, tuttavia, riescono a fuggire, rifugiandosi presso la residenza dell'ambasciatore canadese. Quando la CIA viene a conoscenza della situazione deve elaborare un piano per salvare i sei fuggitivi, che rischiano altrimenti di essere giustiziati come spie. Tony Mendez, un agente esperto in operazioni di questo tipo, elabora un'operazione audace e apparentemente folle: far passare i sei come i membri di una troupe cinematografica.

Il terzo film da regista di Ben Affleck conferma le doti già ammirate in Gone Baby Gone e The Town: regia solida, ritmo serrato, e una sceneggiatura praticamente priva di sbavature. Argo è un film che fin dal primo minuto costruisce un clima di continua tensione, che coinvolge lo spettatore nella vicenda dei sei fuggitivi e del folle ma geniale piano di Mendez per liberarli. La sceneggiatura corre veloce e senza esitazioni fino alla conclusione, e la regia la sostiene alla perfezione, con un ritmo serrato ma non frenetico e con una sapiente uso del primo piano per coinvolgerci nelle emozioni dei personaggi.

Il film è riuscito, ben diretto e ben recitato, con Ben Affleck che sfrutta al meglio la proprio monoespressività per regalarci un agente CIA fuori dagli schemi, con una vita un po' disordinata ma una chiara percezione della realtà e dei requisiti del suo lavoro. Accanto a lui brillano John Goodman e Alan Arking, due vecchie volpi che interpretano al meglio i due produttori di Hollywood ingaggiati dalla CIA per assicurare la credibilità e la buona riuscita dell'impresa. L'unico, lieve difetto del film è la scarsa caratterizzazione dei sei fuggitivi, pressochè interscambiabili se non fosse per alcuni dettagli di secondo piano. La scelta appare voluta, al fine di far concentrare lo spettatore sul meccanismo del salvataggio ed evitare inutili pietismi; tuttavia l'effetto è uno straniamento forse eccessivo, in cui si crea poca empatia con i protagonisti e si finisce per preoccuparsi più della sorte dell'agente CIA che della loro.

Argo entra di diritto nell'Olimpo dei grandi film politici americani grazie al suo rigore registico e narrativo e alla sua abilità nel non scivolare in pietismi o patriottismi di maniera. Ben Affleck conferma un notevole talento espressivo dietro la macchina da presa, realizzando un film forte e intenso, che guarda alle colpe del passato per capire il presente.

****

Pier

venerdì 8 ottobre 2010

The Town

Poliziesco d'altri tempi


Doug, promettente giocatore di hockey, vede la sua carriera da professionista concludersi per una serie di scelte sbagliate. Torna allora a Charlestown, il quartiere malfamato di Boston dove è cresciuto, ed entra a far parte di una gang criminale insieme al suo amico d'infanzia. La banda ha successo, e rapina le banche più ricche della città. Durante una di queste rapine, però, Doug si invaghisce dell'ostaggio, Claire, e dopo averla liberata comincia a seguirla e la conosce, senza rivelarle la sua identità.

Dopo l'ottimo esordio di Gone baby gone, Ben Affleck torna alla regia con questo poliziesco dal sapore classico, con una struttura narrativa solida e lineare, con pochi colpi di scena ma con dialoghi tesi e vibranti, in grado di tenere lo spettatore incollato allo schermo. Anche la regia è priva di fronzoli, e tende a privilegiare l'approfondimento dei personaggi rispetto alle svolte narrative.
E proprio i personaggi sono la forza del film, dal protagonista, interpretato dallo stesso Ben Affleck, ai suoi compagni di avventura, passando per i poliziotti che cercano di catturarli. Due in particolare meritano di essere ricordati: il complice-amico di Doug, interpretato da uno splendido Jeremy Renner, che spesso ruba la scena al protagonista, e l'agente dell'FBI, cui presta il volto quel Jon Hamm che tanto successo sta riscuotendo con Mad Men. Ottime anche le prove di Rebecca Hall e Blake Lively, due donne agli antipodi eppure entrambe importanti per la vita del protagonista. Ottime anche le scene d'azione, su tutte quelle delle rapine, ben ritmate e fotografate con efficacia.

L'unica nota stonata del film è il finale, lontanissimo dal tono del resto della pellicola, e che lascia un po' di amaro in bocca rispetto alle aspettative create durante lo svolgimento della trama. The Town è comunque un film interessante e ricco di tensione, che conferma il talento di Ben Affleck come regista raccontando con un taglio duro e disincantato le scorribande di una banda di malviventi, in un quartiere in cui il male è solo un concetto relativo e non è del tutto chiaro chi sia il depositario della legge e della giustizia.

***1/2


Pier