I wonder how, I wonder why
Neil e Marina si incontrano a Parigi e scocca la scintilla. Si trasferiscono negli USA, dove però la loro storia non riesce a decollare per colpa di lui, incapace di concedersi fino in fondo all'altra. Quando il permesso di soggiorno di Marina scade, le loro strade si separano, e Neil torna a una vecchia relazione. Dopo qualche tempo, tuttavia, i due si incontrano di nuovo, e riallacciano i fili della loro relazione, decisi questa volta ad abbandonarsi ai propri sentimenti.
Dopo il successo di The Tree of Life, Terrence Malick torna con un film che ne è la fotocopia sbiadita. Il film è ancora una volta un inno all'amore puro e disincantato, incarnato ancora una volta dalla figura femminile, simbolo della natura e della vita. E, ancora una volta, la figura maschile è incapace di vivere appieno i propri sentimenti, vittima di un egoismo da cui sembra incapace di uscire. Nel mezzo, interminati spazi e sovrumani silenzi in quantità industriale, a tal punto che anche Leopardi li avrebbe trovati eccessivi.
La trama è come sempre risicata, ma il fatto che sia una rivisitazione quasi pedissequa di quella del film precedente rende il film quasi insopportabile, una parodia di se stesso che stona con l'afflato universale respirato nel capolavoro imperfetto che era The Tree of Life.
To the wonder risulta quindi stucchevole e ripetitivo, e culmina in un finale che, nonostante l'ottima prova di Javier Bardem, risulta didascalico e posticcio, fatto di frasi vuote e di professioni di fede senza significato.
Il film viene anche azzoppato da due recitazioni poco convincenti: da un lato un Ben Affleck espressivo come un segnachilometri, dall'altro una Olga Kurylenko francamente insopportabile, che corre sorridente tra prati, fiumi e montagne e a cui mancano solo le caprette che fanno ciao per sembrare la versione made in USA di Heidi.
A salvare almeno in parte la pellicola ci sono fotografia e musiche, come sempre perfette nei film di Malick. La luce che illumina il film apre gli occhi allo stupore e alla meraviglia, e le musiche ne accrescono l'efficacia.
To the wonder è un film ripetitivo, che lascia sconcertati per la sua incapacità sia di staccarsi dal modello del film precedente, sia di aggiungervi qualcosa di nuovo. Viene da chiedersi cosa abbia spinto Malick, che solitamente lascia passare molto tempo tra un suo lavoro e l'altro, a dirigere questo film, che non fa onore nè alla sua carriera nè alla sua capacità di esplorare nuovi linguaggi cinematografici e di toccare le corde più intime dell'animo degli spettatori.
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Pier
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