lunedì 4 settembre 2017

Telegrammi da Venezia 2017 - #2

 Secondo telegramma da Venezia 2017, con i film visti in Concorso e nelle sezioni collaterali.


Foxtrot (Concorso), voto 8.5. Si può sfuggire al destino? Partendo da questa domanda vecchia come il mondo Samuel Maoz, già regista di Lebanon, realizza un film che si muove in perfetto equilibrio tra dramma e assurdo, raccontando la guerra e le sue conseguenze con grande creatività e visione registica. Qui la recensione estesa scritta per Nonsolocinema.

Suburbicon (Concorso), voto 7.5. Partendo da una sceneggiatura scritta dai fratelli Coen (la cui impronta è chiaramente visibile) negli anni Ottanta, Clooney realizza un film che ritrae con efficacia le ipocrisie della società americana (e forse non solo), in cui si tende a cercare all'esterno, nell' "altro", un mostro che molto spesso si annida invece nel nido domestico. Uno humor nero di alto livello e le ottime prove degli attori rendono il film ben riuscito, anche se registicamente poco innovativo.

West of Sunshine (Orizzonti), voto 6.5. Un padre con debiti di gioco deve trovare il modo di pagare i suoi debitori in un giorno, e allo stesso tempo prendersi cura del figlio adolescente. Una trama già vista, ma trattata con estrema delicatezza e grande sensibilità (cosa non scontata, visto ad esempio quel polpettone pretenzioso di Somewhere di Sofia Coppola), in un film che diverte ed emoziona senza mai annoiare.

La mélodie (Fuori Concorso), voto 6.5. Il film racconta con efficacia una storia di riscatto sociale attraverso l'arte già vista mille volte, ma non per questo meno importante, soprattutto di questi tempi. Qui la recensione estesa scritta per Nonsolocinema.

Brawl in cell block 99 (Fuori Concorso), voto 7.5. Vince Vaughn è stato una delle poche note liete della seconda stagione di True Detective, e in questo film conferma il suo grande talento per i ruoli da "duro", dando vita a un personaggio ben sfaccettato e a delle sequenze d'azione spettacolari nel loro crudo realismo. Il regista S. Craig Zahler dirige con sapienza un film che, pur avendo i suoi momenti migliori nelle scene d'azione, non si esaurisce in esse, ma sviluppa la sua storia con coerenza e ritmo.

La voce di Fantozzi (Venezia Classici), voto 3. Si può fare un documentario noioso sulla storia di Fantozzi? Apparentemente sì, nonostante il materiale di partenza basterebbe per salvare anche il cineasta più incapace. Qui all'incapacità, tuttavia, si sposa l'arroganza, la pretesa di voler fare un film autoriale anziché concentrarsi sul tema che ci si era prefissi di affrontare: e allora in un documentario che dovrebbe raccontare Fantozzi e Paolo Villaggio attraverso il suo linguaggio e la sua voce, questa voce viene oscurata, nascosta, ridotta ai minimi termini, a favore di interviste senza senso (Fiorello, Travaglio, Michele Mirabella) e delle animazioni pretestuose à la Terry Gilliam che nulla aggiungono alla narrazione.

Al prossimo telegramma!

Pier

Nessun commento:

Posta un commento