Quarto telegramma da Venezia, con il film più discusso della Mostra.
mother! (Concorso), voto 6.5. Il film di Aronofsky è il primo vero "caso" della Mostra 2017: da un lato la maggior parte dei critici, che lo ha massacrato, accusandolo di essere sconclusionato e senza capo né coda; dall'altro un gruppo più sparuto, ma molto agguerrito, che lo considera un capolavoro visionario e accusa il mondo di non averlo capito, lanciandosi in interpretazioni quasi più visionarie del film stesso. La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: Aronofsky vuole filmare un incubo, e per due terzi di film ci riesce, grazie a una fotografia claustrofobica, un sonoro di livello straordinario e alle interpretazioni superbe di tutti gli interpreti, Jennifer Lawrence e Michelle Pfeiffer in testa. In questa parte il film è ansiogeno, insensato a livello cognitivo ma perfettamente logico a livello emotivo e viscerale, terrorizzante nella sua normalità: tutto ciò che un incubo dovrebbe essere. Nel finale, però, Aronofsky perde decisamente il controllo della sua creatura, sia per il desiderio di mettere troppa carne al fuoco, sia per il maldestro tentativo di dare una spiegazione a qualcosa che non può e non deve averne: i sogni e l'inconscio non si spiegano, insegna il maestro del genere, David Lynch. Aronofsky dimentica questa importante lezione, condannando il suo film a sfiorare il ridicolo, dopo aver contemplato l'immenso.
Sweet Country (Concorso), voto 6.5. La storia di un paese raccontata attraverso la vicenda di un aborigeno che, per difendersi, deve uccidere un uomo bianco nel selvaggio West australiano di inizio Novecento. Pur braccato, l'uomo rivelerà una profonda connessione con la sua terra, che l'uomo bianco gli ha strappato a livello materiale ma non spirituale. Un film convincente , che si dilunga un po' troppo ma ha il pregio di una visione registica forte che si sostanzia soprattutto nelle immagini, splendide ed evocative.
Ammore e malavita (Concorso), voto 7. I Manetti Bros girano uno scanzonato divertissement che unisce film di mafia e musical. La prima ora è splendida: divertente, intelligente, ironica, con un ritmo forsennato. Poi il film si dilunga inutilmente per un'altra ora, con lungaggini e ripetizioni che lo appesantiscono e finiscono per sfiancarne la freschezza iniziale. Si arriva alla fine con fatica, ed è un peccato.
Caniba (Orizzonti), voto 1. Un documentario che butta al vento un tema interessantissimo come quello del cannibalismo per inseguire pretese autoriali. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.
Team Hurricane (Settimana della Critica), voto 8. Quanta freschezza in questo film di Annika Berg: di sguardo, di interpretazione, di concezione del cinema e dell'adolescenza. Il racconto delle giornate di otto adolescenti danesi passa attraverso i loro occhi, la loro visione del mondo, di se stesse, del proprio corpo, del diventare grandi: una visione colorata, piena di energia e immagini sgargianti e kitsch, ma anche di sofferenza, insicurezza e voglia di avere qualcuno che ti sta accanto. Un esordio splendido, toccante, divertente e originale.
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