sabato 2 settembre 2023

Telegrammi da Venezia 2023 - #2

Secondo telegramma da Venezia, tra donne resuscitate, coloni testardi, pessime ricostruzioni storiche, cinepanettoni inaspettati, e gangster crepuscolari.


Bastarden (Concorso), voto 8. Un uomo caparbio, un territorio dimenticato da Dio e apparentemente sterile, un signorotto locale tanto privilegiato quanto crudele, due servi in fuga: questi gli ingredienti del film di Nikolaj Arcel, girato splendidamente in luce naturale, scelta che regala alcuni immagini mozzafiato della natura matrigna contro cui si battono i protagonisti. Ottima prova, come sempre, del protagonista Mads Mikkelsen, soldato caparbio prigioniero dei suoi principi e della sua ambizione.

The Wonderful Story of Henry Sugar (Fuori Concorso), voto 7. Un bel divertissement in forma di mediometraggio, tratto da un'opera di Roald Dahl. Wes Anderson realizza un film delizioso che parla del potere redentivo delle storie e del racconto, e lo condisce con il suo impeccabile gusto per la messa in scena, sempre più esplicitamente teatrale.

Poor Things (Concorso), voto 9.5. Lanthimos racconta una donna che ri-scopre da zero le convizioni sociali, il suo ruolo nel mondo, e il sesso, in un mix tra horror, commedia (si ride tantissimo) e fantastico che unisce idealmente la poetica del primo Lanthimos (The Lobster, Alps, Il Sacrificio del Cervo Sacro) con La Favorita. Sceneggiatura da manuale, che miscela alla perfezione risate e riflessione, il tutto immerso in un'estetica che strizza l'occhio a Tim Burton e Wes Anderson, ma rielaborati in modo originale, creativo, vivo. Prova superba di Emma Stone nel ruolo di una novella Frankenstein che cerca, anzi, si prende un'emancipazione sociale e sessuale. Un film travolgente, impeccabile, imperdibile.

Adagio (Concorso), voto 7. Tre anziani gangster (il trio Servillo-Mastandrea-Favino) ormai in pensione, un carabiniere non di specchiata onestà, figli da mantenere e figli che si mettono nei guai. Sollima firma un gangster movie all'amatriciana dolente e crepuscolare, che parla di redenzione, espiazione, ed eredità morale. Il film è teso come una corda di violino, senza un minuto di troppo, con protagonisti da tragedia greca, inseguiti da un fato inesorabile mentre Roma, sullo sfondo, brucia. 

Finalmente l'alba (Concorso), voto 3.5 Un accrocco di cose già viste, ma fatte meglio, il nuovo film di Costanzo si distingue per inutilità e per il peccato mortale per eccellenza per un regista: non avere nulla da dire. Non basta a salvarlo (soprattutto a fronte dell'assurdo budget di 30 milioni) una buona fotografia.

The Palace (Fuori Concorso), voto 3. Quella che poteva (e, probabilmente, voleva) essere una satira sociale sui super-ricchi, leggera e incisiva, finisce per essere poco di più di un cinepanettone. Inaccettabile da un regista della caratura di Polanski. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.

Pier

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