giovedì 8 settembre 2022

Telegrammi da Venezia 2022 - #6

Sesto telegramma da Venezia, con documentari su grandi maestri, splendidi esordi giudiziari, figli problematici, e riscoperte musicali.


Sergio Leone - L'italiano che inventò l'America (Venezia Classici), voto 8. Splendido documentario sulla carriera di Sergio Leone, che alterna testimonianze dei suoi storici collaboratori (dal rumorista a Morricone, dall'addetto al sonoro a Dario Argento) e di registi statunitensi influenzati dal suo lavoro, come Scorsese, Spielberg, e Tarantino. Ricostruzioni e commenti sono puntuali, un saggio di storia e analisi del cinema che farà felici gli appassionati ma costituisce anche un ottimo punto di partenza per un neofita.

The Son (Concorso), voto 6. Dopo The Father, Zeller torna alla regia con l'adattamento di un'altra sua pièce teatrale, questa volta incentrata sulla gestione di un figlio problematico e tormentato. Il ritratto delle difficoltà e dell'incapacità sociale di capire e gestire la depressione è efficace, ma manca di originalità espressiva e tematica. 

Dreamin' Wild (Fuori Concorso), voto 6. Il film racconta l'incredibile storia vera dei fratelli Emerson: da adolescenti, a fine anni Settanta, registrano un album casalingo, che dà il titolo al film. L'album non riceve alcuna attenzione, ma viene riscoperto quasi per caso alla fine degli anni Duemila, quando raggiunge un grande successo critico e persino commerciale. Ma è forse troppo tardi per resuscitare un sogno che i due fratelli, e in particolare Donnie, autore di tutte le canzoni, credevano morto e sepolto, e cui hanno già sacrificato tanto. Film molto classico nella struttura, ma ben scritto e recitato, con Noah Jupp che ruba la scena nel ruolo del giovane Donnie.

Saint Omer (Concorso), voto 8.5. Un esordio folgorante nel cinema di finzione per Alice Diop, finora documentarista, che racconta la storia di due donne che si incrocia attraverso il mito di Medea: una regista che vuole farne un film, e una donna accusata di aver ucciso il proprio figlio. Diop riprende il processo a quest'ultima, vero cuore del film, con un piglio documentarista, ed è una scelta vincente: le emozioni scorrono potenti senza bisogno di artifici retorici e pelosi pietismi (Gianni Amelio avrebbe potuto imparare qualcosa), la maternità viene analizzata nei suoi lati più oscuri e inconfessati, scoperchiando una tematica che la nostra società tende a seppellire. 

Pier

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