La cerimonia di premiazione degli Oscar 2011 ci ha regalato alcune certezze: la prima è che il mio cuore funziona meglio del mio cervello. Sette delle mie scelte personali (su dodici tentate) hanno ottenuto la statuetta, a fronte di soli quattro pronostici azzeccati.
La seconda è che James Franco e Anne Hatahaway sono giovani, belli e bravi ma del tutto inadatti a fare i conduttori: edizione più noiosa degli ultimi anni, e di piste.
La terza, che si ricollega in parte alla prima, è che l'Academy sembra aver finalmente deciso di cambiare rotta: negli ultimi due anni gli Oscar non sono stati come sempre dei premi all'industria cinematografica, al valore commerciale delle produzioni, ma dei riconoscimenti per i prodotti ritenuti più meritevoli dal punto di vista artistico e dei contenuti. Così lo scorso anno Avatar è rimasto a bocca asciutta, e allo stesso modo quest'anno True Grit e Inception hanno dovuto cedere gli Oscar maggiori a prodotti del cinema indipendente e ad attori e registi non esattamente di grido.
Fa piacere la vittoria di Sorkin, sceneggiatore superbo che forse ora comincerà finalmente a lavorare con maggiore frequenza per il cinema. Stupisce la vittoria di Bale, meritatissima non solo per il lavoro fatto su The Fighter ma anche per una carriera eccellente e finora ignorata dall'Academy. Fa storcere un po' il naso il premio alla regia per Il discorso del re, film eccellente ma mancante della novità e dello sperimentalismo che avevano invece altri candidati e non (l'esclusione di Nolan dalla cinquina grida ancora vendetta).
Scontata la vittoria di Natalie Portman, inspiegabilmente ignorata a Venezia, e prevedibile quella di Melissa Leo, che si giocava la statuetta con la collega di The Fighter Amy Adams. Infine fa piacere la vittoria (anch'essa scontata) di Lee Unkrich per Toy Story 3, che porta alla ribalta uno degli storici elementi della famiglia Pixar, rimasto però in ombra fino a oggi ricoprendo il ruolo di aiuto-regista.
Questi Oscar ci restituiscono una Hollywood meno glamour ma più attenta al cinema d'autore e ai diversi linguaggi che il mondo cinematografico riesce ancora ad offrirci. Speriamo che questa tendenza continui, e che anche nei prossimi anni le scelte del cuore trionfino su quelle dettate dalla legge di mercato.
Pier