giovedì 14 luglio 2022

Thor: Love and Thunder

Troppi Gusti Più Uno


Dopo gli eventi di Ragnarock, Thor, il dio del tuono, è tornato a raddrizzare torti nello spazio, accompagnandosi ai Guardiani della Galassia. Quando gli dei finiscono sotto attacco di Gorr, deciso a sterminarli tutti, Thor deve però lasciare i Guardiani e intraprendere un percorso che lo porterà a collaborare con la sua vecchia fiamma, Jane Foster.

Nel film Balto, dedicato al celebre cane da slitta, l'oca Boris descrive così il dilemma esistenziale del protagonista: "Non è cane, non è lupo: sa soltanto quello che non è." Le parole di Boris descrivono perfettamente anche il nuovo film dedicato al dio del tuono, e diretto da quel Taika Waititi che tanto successo aveva riscosso con la svolta pop di Thor: Ragnarock: Love and Thunder non è una space comedy scanzonata alla Guardiani della Galassia, perché affronta temi seriosi come la mortalità e la perdita delle persone amate; non è una favola per bambini, perché alcune tematiche e battute sono troppo adulte; non è una commedia romantica, perché i combattimenti sono troppo lunghi e troppo centrali perché la love story (o triangolo, o addirittura quadrangolo amoroso, se contiamo - come Waititi vorrebbe facessimo - il rapporto con le due armi di Thor) possa avere abbastanza spazio; non è nemmeno un film con ambizioni drammatico-shakespeariane come i primi capitoli della saga (recensioni qui e qui), perché ha toni e humor infantili e personaggi talmente monodimensionali che si ha paura a guardare oltre il loro profilo per paura di scoprire che sono di cartone; non è nemmeno una satira pulp sul genere dei supereroi alla Suicide Squad (l'ultimo, non l'altro che vorremmo solo dimenticare) o alla The Boys, perché manca del tutto di cinismo, violenza, e comicità adulta e meta-cinematografica; e non è nemmeno un horror con i superereoi come Brightburn o come alcune sequenze dell'ultimo Doctor Strange.


Ditemi voi come possono queste due immagini coesistere nello stesso film

Il problema è che Love and Thunder vorrebbe essere tutte queste cose, e anche di più, ma finisce per essere solo un gran pasticcio, con continui cambi di toni e ritmo, personaggi che compiono azioni perché devono compierle, anziché essere mossi da vere motivazioni, e una sceneggiatura che ha il solo pregio di essere relativamente breve (meno di due ore, uno dei film più corti del MCU). A questa trama traballante si affianca una fotografia ancora più schizofrenica, che apre il film cercando di imitare Mad Max: Fury Road ma, causa l'uso della CGI (peraltro non eccelsa) anziché degli effetti pratici, sembra la sua versione del discount; prosegue poi con un pianeta degli dei degno della fantascienza anni Ottanta, quando ci si doveva arrangiare con qualche pezzo di cartone, e arriva poi alla scena decisamente più riuscita del film, quella sul pianeta delle ombre, che risulta però completamente fuori tono rispetto al resto della pellicola.

Spiace dire queste cose di un film di Taika Waititi, che aveva dimostrato ben altra sensibilità e capacità di alleggerire con successo materie ben più serie di un dio norreno. La sensazione è che, inebriato dal successo di Ragnarock, Waititi abbia perso di vista il sottile equilibrio raggiunto in quel film, spingendo ancora di più sull'acceleratore della follia e dell'ibridazione di generi senza rendersi conto che aveva già raggiunto il limite tra folle genialità e semplice follia: Love and Thunder cade dritto nel burrone, spinto da scelte fallimentari (qualcuno deve avere il coraggio di dire a Waititi che Korg non fa ridere, nemmeno se lo doppia lui) ma soprattutto da una mancanza di visione d'insieme che fa sì che anche le parti più riuscite siano poco efficaci e che il film sembri la caramella "Tutti i gusti più uno" di Harry Potter, ma con tutti i gusti mischiati insieme.

Il suo tentativo di imprimere un "marchio autoriale" al film, come avevano già fatto, con alterni successi, Sam Raimi e Chloe Zhao, è purtroppo fallimentare, e si riverbera su tutti i comparti, in particolare sugli interpreti. La sua direzione semi-parodica fa infatti sì che anche attori dignitosi come Hemsworth o vincitori di premi Oscar come Natalie Portman o il povero Russell Crowe risultino piatti, con la verve da fiction italiana di metà pomeriggio, spesso chiaramente impacciati e poco a loro agio con una sceneggiatura che a tratti sembra fatta apposta per metterli in imbarazzo. 

Tutto tragico, quindi? Non del tutto: il film, grazie anche alla breve durata, non annoia e, ogni tanto, strappa qualche sorriso, tra capre urlanti e asce gelose. Sicuramente molti lo troveranno migliore di altri film Marvel che, mirando a trasmettere un "messaggio", finivano per essere più pesanti e meno scorrevoli. Ma è innegabile che Thor: Love and Thunder sia quello cui manca più visione di insieme, sia interna, sia come collegamento al resto del MCU; e che, nel suo desiderio di essere tutto, finisca per non essere (quasi) niente.

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Pier

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