lunedì 18 maggio 2015

Mad Max: Fury Road

The road to eternity



In un futuro prossimo venturo, la vita sulla terra è stata praticamente spazzata via. L'umanità vive in un deserto desolato, in cui vige la legge del più forte. Immortan Joe regna inconstrastato su The Citadel, in cui è riuscito a creare una piccola oasi con acqua, vegetazione e cibo. Chi lo serve lo venera, il suo volere è legge. Quando però una dei suoi schiavi combattenti, Furiosa, decide di ribellarsi, portando con sè anche l'harem che Joe usa per soddisfare i suoi piaceri, Joe scatena la forza delle sue armate per inseguirla. Sulla sua strada si parerà anche un vagabondo di nome Max, che si troverà coinvolto in uno scontro all'ultimo sangue sulla Fury Road.

Lo dico subito: questa non sarà una recensione come tutte le altre. Perché, in fondo, Mad Max: Fury Road non è un film come gli altri. Tanto per cominciare, è il primo sequel / reboot di film anni '80 che non solo è all'altezza degli originali, ma li supera e li rielabora, adattandoli al mondo moderno. E' un film sporco, duro, forsennato, in cui l'assurdo diventa plausibile grazie al coraggio del regista, George Miller, che anziché sedersi sugli allori della gloria passata (sua anche la trilogia originale), decide di osare e prova nuove strade, spinge al massimo sull'acceleratore verso il nuovo e l'ignoto.

Il risultato è un film adrenalinico, folle, senza un attimo di respiro, con trama e dialoghi risicatissimi che riescono però ad avere più significato di mille monologhi esistenziali, personaggi essenziali ma perfetti, scenografie ed effetti speciali realistici, con un uso della CGI ridotta al minimo (Peter Jackson, guarda e impara) e un realismo che trasuda da ogni scena, nonostante l'assurdità di ciò che accade. Insomma, Fury Road è, ribaltando la famosa frase fantozziana, una figata pazzesca. Tra auto modificate e bracci bionici, chitarristi sospesi in aria con chitarre lanciafiamme e personaggi grotteschi e deformi, lo sguardo dello spettatore non si stacca mai dallo schermo, dove i rari momenti di pausa sono solo pit-stop tra una corsa forsennata e l'altra, in cui si spiegano la filosofia e la storia di un mondo lontano e vicino, in cui l'eccesso la fa da padrone e la massima ricompensa per chi non comanda è morire in modo glorioso.

Tom Hardy è uno splendido Max, taciturno, distaccato, osservatore di una storia che non è la sua, ma in cui si trova coinvolto suo malgrado. La vera protagonista è Furiosa, una combattente energica e spietata ma con una sua psicologia, del tutto spogliata degli stereotipi di genere cui il cinema d'azione ci ha abituato, probabilmente la migliore eroina vista su schermo dai tempi di Alien. La interpreta una Charlize Theron sontuosa, carismatica e volitiva senza bisogno di urlare nè di scene madri (fatta salva la solita rivedibile scena con urlo al cielo che ormai sembra essere d'obbligo nei film made in USA).
Sceneggiatura (i dialoghi risicati e scarni sono una scelta ben precisa, meno facile da realizzare di quanto si pensi), fotografia e scenografia si compenetrano con insanità e realismo, con Miller a tirare le fila con una maestria tale da farci domandare dove fosse stato tutti questi anni (la risposta, che ci crediate o no, è "a girare Happy Feet"), mentre torme di registi senza coraggio umiliavano il genere.

Mad Max: Fury Road, non mi stancherò mai di ribadirlo, è una figata pazzesca, per cui Miller e soci meritano senza dubbio alcuno il Valhalla e la gloria eterna. Accorrete, guardatelo in massa, portate amici e parenti. In una parola: ammiratelo.

*****

Pier

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