mercoledì 23 settembre 2020

La candidata ideale

Politica e identità


Nell’Arabia Saudita che ha appena legalizzato il fatto che le donne lavorino insieme agli uomini, Maryam è una giovane dottoressa ambiziosa che lavora in una piccola clinica. La strada che porta alla clinica non è asfaltata, e questo genera grandi difficoltà nel tempestivo trasporto dei pazienti. Maryam cerca di sbloccare la situazione, ma per un fraintendimento finisce per candidarsi come consigliere municipale: inizialmente riluttante alla prospettiva di dover gestire una campagna elettorale, Maryam decide di sfruttare l’occasione per far asfaltare la strada, ma anche per sfidare il maschilismo ancora imperante nel paese. 

È difficile trovare una regista più adatta di Haifaa Al-Mansour per raccontare l’odissea elettorale di Maryam, donna decisa ad affermare la propria identità in un paese che ha appena (e con molte resistenze) iniziato ad accettarla: prima regista donna dell’Arabia Saudita, Al-Mansour ha guadagnato l’attenzione di critica e pubblico con il suo film di debutto, Wadjda, girato in un periodo in cui le sale cinematografiche nel paese erano ancora illegali. Al-Mansour ha vissuto sulla sua pelle tutto ciò che vive la sua protagonista, e lo traspone su schermo con grande efficacia. La regista riesce sia a evitare (con poche eccezioni) la trappola del retorico, sia a raccontare con tono leggero temi molto complessi, senza però sacrificare la profondità dell’analisi. 

La scelta di ambientare il racconto in un periodo successivo alle recenti aperture in termini di diritti femminili è vincente, in quanto permette di vedere come la parità di diritti sia ancora una chimera nonostante queste concessioni. Le barriere sono quasi più culturali che politiche, con un governo che viene ritratto come tutto sommato aperto a una maggiore integrazione, anche (soprattutto?) per ragioni di immagine, e una società che non sembra ancora pronta a superare stereotipi e strutture di genere stratificate da centinaia di anni.

Il film non è però solo il racconto della condizione femminile in Arabia Saudita, ma uno spaccato della società araba di cui Al-Mansour presenta le mille sfumature e contraddizioni, dall’amore/rigetto per la musica (co-protagonista occulta del film) al contrasto tra la modernità delle città e la povertà delle aree rurali. Pur senza alcuna pretesa di verismo o “documentarismo”, la regista restituisce un ritratto vivo e vibrante della sua società, anche se a volte sembra troppo ansiosa di risolverne i contrasti, con alcune scene all’insegna del volemose bene che appaiono poco realistiche. 

The Perfect Candidate pecca di scarsa originalità, e la messa in scena e l’uso delle immagini non sono particolarmente memorabili. Tuttavia, il film è senza dubbio efficace e convincente, e dimostra come sia possibile trattare temi complessi e vitali in modo accessibile a tutti, aiutando così la causa meglio di molti polpettoni pseudo-impegnati.

*** 1/2

Pier

Nota: questa recensione è stata originariamente pubblicata su Nonsolocinema.

Nessun commento:

Posta un commento