Terzo telegramma da Venezia. Tra oggi e domani verranno proiettati gli ultimi film del Concorso, e sabato si terrà la cerimonia dei premi.
The Sisters Brothers (Concorso), voto 8. Jacques Audiard unisce in questo film i due filoni che hanno finora caratterizzato il suo cinema (dramma familiare e gangster story) e li declina all'interno del più classico dei generi cinematografici, il western. La storia dei fratelli Sisters viene raccontata con grande amore per il genere, ma senza paura di distaccarsi dai suoi archetipi. Troviamo quindi sparatorie e inseguimenti, ma anche comicità e esperimenti chimici, cogliendo appieno quel momento in cui la modernità si affacciò sulla frontiera, segnandone il lento ma inesorabile declino. Joaquin Phoenix e John C. Reilly sono fenomenali nella parte dei due protagonisti, due adorabili criminali cui è impossibile non voler bene. Audiard dirige con mano sicura una sceneggiatura di altissimo livello, portandola con sicurezza e senza fronzoli verso un finale tutt'altro che scontato, che rappresenta sia una fine che un nuovo inizio. Nel mezzo, tante sequenze spettacolari, anche se forse la migliore è quella d'apertura, una serie di spari nella notte scura in cui l'unica luce è quella di uno strumento di morte.
Napszàlita - Sunset (Concorso), voto 6.5. László Nemes ha stupito il mondo con la sua opera prima, Il figlio di Saul, vincitore dell'Oscar per il miglior film straniero. La sua opera seconda è un thriller mascherato da melodramma, in cui la camera segue ossessivamente la protagonista mentre cerca la verità sulla sua famiglia, e forse anche su se stessa, per le strade di Budapest alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. Fotografato interamente in luce naturale e con lunghi piani sequenza, il film nella prima parte riesce a costruire la forte sensazione di angoscia e disastro imminente cui mirava il regista. Nella seconda, tuttavia, si perde in inutili ripetizioni e lungaggini, aggrovigliandosi su se stesso e depotenziando quindi quella che poteva essere un'opera potente e di grande impatto, ma finisce per risultare soltanto un bell'esercizio di stile.
La Profezia dell'Armadillo (Orizzonti), voto 2. Un film imperdonabile, ingiustificabile, incomprensibile. Il fumetto di Zerocalcare da cui è tratto viene massacrato senza pietà e tradito nel suo spirito. Dal fumetto vengono prese solo le gag, cui ne vengono aggiunte di nuove (malriuscite), mentre vengono del tutto abbandonate sia la coerenza narrativa, sia la malinconia che pervade il testo. Anche senza voler tirare in ballo il fumetto da cui è tratto, il film è totalmente sconclusionato, mal scritto e mal recitato, con l'eccezione di Pietro Castellitto/Secco. Sorvolo sull'orrida soluzione scelta per rappresentare l'Armadillo perché non sparo sulla Crose Rossa.
Charlie Says (Orizzonti), voto 7. Un'interessante ritratto delle ragazze della Manson Family, i seguaci di Charles Manson che si resero responsabili di una serie di efferati omicidi. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.
Vox Lux (Concorso), voto 7.5. Dopo il suo folgorante esordio con Infanzia di un capo, presentato alla Mostra nel 2016 e vincitore del premio per la miglior opera prima, Brady Corbet torna a Venezia con un film molto ambizioso, che si propone di usare la storia di una giovane popstar per raccontare il XXI secolo, e l'entertainment come nuova religione. Il film riesce solo in parte, soprattutto per via di una sceneggiatura non sempre efficace, ma è impossibile non restare folgorati dalla fragorosa potenza visiva e concettuale di alcune sequenze. Tra tutte, spiccano le scene di apertura e soprattutto di chiusura, in cui Natalie Portman, che intepreta Celeste da adulta, diventa una profetessa intenta a impartire il suo credo su masse che pendono dalle sue labbra, in un concerto che diventa eucarestia e comunione. Strepitose anche qui le musiche di Scott Walker, ed efficaci anche le musiche pop cantate da Celeste, composte da Sia.
Monrovia, Indiana (Fuori Concorso), voto 7. Wiseman racconta con il consueto sguardo acuto ma discreto la vita e gli abitanti di una cittadina dell'Indiana, che diviene un simbolo della "vera America", quella che non capiamo e non vediamo mai nei quotidiani. Qui la recensione completa scritta per Nonsolocinema.
Pier
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