lunedì 9 novembre 2009

Rivediamoli - Per un pugno di dollari

Il primo capitolo di una nuova era



Può sembrare banale scegliere per la prima puntata di questa rubrica proprio Per un pugno di dollari, film celebre in tutto il mondo.

Eppure la scelta mi è sembrata coerente con il tentativo, iniziato da Ale con Liberty Valance, di descrivere il momento di passaggio dal western classico a quello moderno, rinominato poi "spaghetti" e che segnerà il declino del genere. Tullio Kezich, pur essendo molto amico di Leone, rimproverò sempre al regista il fatto di aver di fatto sferrato un colpo fatale al western tradizionale. L'accusa, pur ingenerosa nei confronti di Leone, è senza dubbio fondata dal punto di vista degli amanti di quel tipo di western reso celebre da John Ford.

La pellicola racconta la storia di un eroe solitario, interpretato da Clint Eastwood, che arriva a San Miguel, una cittadina al confine tra gli Stati Uniti e il Messico. Dopo aver deciso di alloggiare nella locanda del paese, viene a sapere che la cittadina è divisa da una lotta tra due famiglie, i Rojo e i Baxter. Joe decide di vendersi, apparentemente per un pugno di dollari, a entrambe, facendo una sorta di doppio gioco.

Quali sono le differenze con il western fordiano? Innanzitutto il numero delle sparatorie e il livello di violenza presente nel film: classicamente, il duello a colpi di pistola era solo quello tra eroe e villain che aveva luogo alla fine del film. Leone invece moltiplica questi momenti all'inverosimile, creando numerosi scontri tra i protagonisti e insistendo a lungo su scene di tortura. Il modello qui non sono i western classici, ma i film di samurai di Kurosawa, cui il film è dichiaratamente ispirato.

Proprio l'eccessiva violenza segnerà la crisi del genere: produttori e registi, infatti, di fronte al grande successo ottenuto dalla trilogia del dollaro, credettero che bastasse infarcire di sparatorie le pellicole per attirare pubblico. Ebbero torto, e a lungo termine decretarono la morte del western: una brutta morte, a dire il vero, per un genere nobile che tanto aveva dato al cinema.

Il film di Leone, tuttavia, non è un'accozzaglia di scene di combattimento, ma un film ben strutturato e diretto, con un uso innovativo delle musiche, composte da Ennio Morricone: come il regista amava ricordare, le note del maestro italiano sono parte integrante della sceneggiatura, una sorta di coro greco che commenta beffardamente le sorti dei protagonisti.
La fotografia è molto ben curata, anche se mancano gli splendidi paesaggi che caratterizzavano il western classico.

Per un pugno di dollari lanciò Clint Eastwood, scelto da Leone quasi per disperazione e diventato il simbolo del western moderno. Il regista scherzava spesso a proposito della scarsa mimica facciale del suo primattore, dicendo che aveva solo due espressioni: con il cappello, e senza cappello.
L'altro protagonista è Gian Maria Volontè, che interpreta il sanguinario Ramon, di cui Leone non si preoccupa di far vedere i vizi in termini di donne, droghe ed alcool.
La scarsa moralità dei protagonisti è infatti una delle altre grandi differenze con il western classico, dove i
villains erano dotati di un proprio codice d'onore e gli eroi erano mossi da alti valori. Qui entrambi sono spinti solo da quei dollari che danno il titolo al film e alla trilogia.

Per un pugno di dollari ha certamente segnato un'epoca, introducendo molti degli stereotipi del western moderno, dal vecchietto del west al pistolero solitario e infallibile, che cavalca solitario verso il tramonto di un genere e di un modo di fare cinema.

Pier

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