venerdì 13 ottobre 2017

Blade Runner 2049

Tornare indietro, andare oltre



2049, Los Angeles: in una terra sovrappopolata, le industrie Wallace hanno ripreso il programma delle defunte industrie Tyrell, creando nuovi replicanti per eseguire lavori troppo pesanti per l'uomo. A differenza dei propri predecessori, tuttavia, i nuovi replicanti sono in tutto e per tutto obbedienti. Uno di questi, l'agente K, lavora per la polizia di Los Angeles, ed è un blade runner: il suo compito è di trovare i replicanti di vecchia generazione ed eliminarli. Durante le sue indagini, tuttavia, scopre un segreto che ha il potenziale di distruggere il fragile equilibrio che mantiene in pace la razza umana.

Blade Runner è una delle pietre miliari del cinema di fantascienza, e in generale della cinematografia moderna. Ha segnato in modo indelebile l'immaginario narrativo, filosofico e visivo grazie a una perfetta commistione tra fotografia, musica, scenografia e sceneggiatura, tra inquadrature indimenticabili e monologhi profondi e memorabili
Realizzare il seguito di un film del genere sembrava un'impresa impossibile, e non solo per le immense aspettative: Ridley Scott aveva creato dal nulla un intero mondo, prendendo le mosse da un racconto di Dick e portandolo alla vita con una vividezza e una profondità mai viste prima. Non si trattava, insomma, solo di essere in grado di riprendere le redini di questo mondo, ma di creare un'opera che fosse in grado di cambiare la conversazione sul cinema di fantascienza come aveva fatto l'originale.

Denis Villeneuve - che merita un applauso solo per il coraggio dimostrato nel farsi carico di un tale fardello - ci è riuscito, almeno in parte. A livello visivo, il film si rivela addirittura superiore all'illustre predecessore, e non solo grazie alle maggiori risorse a disposizione: queste potrebbero spiegare le straordinare sequenze che estendono il mondo creato da Scott, aggiungendo nuovi capitoli, nuovi spazi alla mitologia di un futuro distante ma non troppo, distopico e allo stesso momento realistico. 

Lo fa soprattutto grazie allo straordinario lavoro fatto da Roger Deakins, il direttore della fotografia, che assorbe la lezione dell'originale, la fa sua, e la rielabora in modo completamente nuovo. Blade Runner dava il suo meglio negli esterni, nelle ambientazioni grigie e crepuscolari di una Los Angeles decadente. Deakins riesce a ricreare alla perfezioni quei momenti, aggiungendovi però nuove ambientazioni che si discostano del tutto dalla scala cromatica e visiva del film precedente: come esempio bastino le scene ambientate in una Las Vegas in tinte arancio viste e riviste nei vari trailer.  semplicemente eccezionali, e che tuttavia non costituiscono l'apice del film. 


Deakins dà il suo meglio negli interni, creando interi microcosmi con giochi di luce e di colore che sfruttano alla perfezione i meravigliosi design di Dennis Gassner, segnando una decisa innovazione rispetto al mondo quasi esclusivamente "esterno" di Scott, e dando vita ad alcune sequenze davvero abbacinanti, in cui l'abbondanza di dettagli non sacrifica la nitidezza della composizione. 

Ci sono più idee in un frame di Blade Runner 2049 di quante se ne trovino in molti blockbuster hollywoodiani. Giochi di luce e ombre, immagini desaturate, colori caldi che contrastano con la freddezza di ambienti e azioni, edifici morenti ed edifici monumentali: tutto si compenetra alla perfezione per creare una maestosa opera visiva. Il risultato è un mondo che è quello di Scott ma è anche altro, è oltre; è futuro, ma è anche presente e passato; è, insomma, grande cinema, che assorbe completamente occhi, cuore e mente, con immagini e suono che creano un'atmosfera aliena eppure sinistramente familiare. Il lavoro sul sonoro supporta quello visivo, grazie anche a una colonna sonora che, pur non all'altezza di quella di Vangelis (a parere di chi scrive una delle migliori della storia del cinema), contribuisce a creare quel vortice di sensazioni in cui il film ci trascina fin dal primo minuto.


Sul piano narrativo, invece, il film rimane lontano la profondità del suo illustre predecessore, limitandosi a narrare una storia avvincente ma incapace di toccare nel profondo le corde intellettuali ed emotive dello spettatore. Questo non è necessariamente un difetto, ma lo diventa nel momento in cui vengono lasciate cadere alcune tematiche che avrebbero potuto portare l'afflato del film ai livelli dell'originale: dalla sovrapposizione tra reale e virtuale al significato stesso di vita e creazione (valga per tutte la splendida sequenza della "nascita" della replicante), Blade Runner 2049 aveva il potenziale per diventare un film universale, in cui la storia narrata trascende il proprio contenuto narrativo per diventare metafora di qualcosa di più grande. Rimane il rammarico che non si sia seguita questa strada, soprattutto perché si ha la sensazione che ciò non sia accaduto per il desiderio di "pagare i propri debiti" con il passato: alcuni momenti sono infatti puri omaggi che poco aggiungono al film, e viene persino il dubbio quasi sacrilego che, forse, la presenza di Deckard non fosse così fondamentale. A questo si aggiungono alcuni personaggi decisamente poco interessanti, che forse sarebbe stato meglio tagliare per lasciare più spazio a questioni e vicende di maggior interesse e potenziale.

Gli attori sono stati scelti e diretti alla perfezione, con l'eccezione di Jared Leto, che riesce a rendere noioso un personaggio potenzialmente interessantissimo come Wallace. Gosling sembra nato per la parte, e la sua inespressività ben si adatta al carattere di K, replicante obbediente che si trova schiacciato tra forze più grandi di lui; Ford riprende bene il suo personaggio, donandogli quel carisma che lo aveva consacrato come uno degli antieroi più interessanti mai visti al cinema. Infine, il cast femminile è azzeccato e offre un'ottima prova: tra tutte si distingue Ana de Armas, perfetta nella parte dell'iperrealistica compagna virtuale Joi.

A controllare tutto con la sapienza di un consumato direttore d'orchestra c'è Dennis Villeneuve, che con questo film si consacra definitivamente come uno dei grandi autori di Hollywood. La sua mano è evidente in ogni scelta, su tutte quella di limitare al minimo l'uso della computer grafica per garantire quel decadente realismo che è fondamentale per la riuscita di un film del genere. Ogni elemento si integra alla perfezione con l'altro, e Villeneuve crea così un meccanismo quasi perfetto che trasporta lo spettatore come solo i grandi film sanno fare.

Blade Runner 2049 era un film quasi impossibile da realizzare in maniera soddisfacente. Villeneuve non solo ci riesce, ma va anche oltre, dirigendo un'opera destinata a divenire a sua volta iconica per la potenza visiva di alcune sequenze. La narrazione non assurge mai alle vette del primo, ma è un difetto perdonabile per un film che comunque appassiona, assorbe e intrattiene per quasi tre ore senza annoiare mai, lasciando spesso a bocca aperta per la perfezione delle scene, anche quelle all'apparenza più semplici. Non perdetelo.

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Pier

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