giovedì 29 dicembre 2022

Glass Onion

Nomen omen


Benoit Blanc, celebre detective, riceve uno strano rompicapo, che si rivela essere un invito per un'esclusiva vacanza sull'isola greca di proprietà del multimiliardario tech Miles Bron. Insieme a lui ci sono gli storici amici di Bron, e la sua ex socia, cui Bron ha sottratto il controllo della società. La vacanza prevede una "cena con delitto", che gli ospiti dovrebbero risolvere. Ma Blanc si rende presto conto che il finto delitto rischia di non essere tale.

Non era semplice replicare il successo di Knives Out!: c'è una ragione per cui ancora oggi leggiamo Agatha Christie, ed è che costruire gialli avvincenti ed efficaci cambiando ogni volta i protagonisti (detective escluso) non è un'impresa da nulla. Il lettore non può essere attirato dall'affetto per i personaggi, e tutto quindi si regge sulla capacità di costruire un giallo efficace, in grado sia di intrattenere che di stupire: non troppo facile da risolvere, altrimenti dove sarebbe la suspence, ma nemmeno troppo difficile, altrimenti il lettore si sentirebbe ingannato. Questa difficoltà è ancora maggiore al cinema, sia per la maggiore tendenza alla serializzazione di situazioni e personaggi (soprattutto di questi tempi), sia per la necessità di spettacolarizzazione che spesso cozza con la metodica, logica lentezza del whodunit: non è un caso che le opere di Agatha Christie più spesso adattate per il cinema siano anche quelle più flamboyant per storia e soluzione.

A queste difficoltà "comuni" Rian Johnson aggiungeva anche quella della formula: Knives Out! funzionava anche grazie al suo approccio destrutturante al genere. I tropoi del whodunit venivano smontati, esposti al pubblico, e rimontati, in un gioco di scatole cinesi in cui sapevamo fin da subito il colpevole, ma anche stimolati a riflettere su come la percezione soggettiva non sia la realtà, e come ciò che è vero possa essere desunto solo mettendo insieme prospettive diverse - diverse percezioni soggettive. Era un gioco più simile a Rashomon che ad Agatha Christie - un gioco divertente, ma che mostra in fretta la corda se non eseguito in maniera impeccabile.

Johnson si dimostra un maestro della messa in scena, e riesce a ricreare la magia di quel gioco di specchi anche nel secondo film. Lo fa cambiando qualche ingrediente: il protagonista, ad esempio, qui è inequivocabilmente Benoit Blanc, che nel primo film giocava un ruolo sì centrale, ma secondario rispetto a quello del personaggio interpretato da Ana de Armas. Anche la location cambia - dalla classica magione con mille segretti a un'isola (un richiamo evidente a Dieci piccoli indiani, e non sarà l'unico) - ma soprattutto cambia la premessa: da un delitto "scoperto" a uno "preparato", un invito a cena con delitto in cui le tensioni sono palpabili e si aspetta solo il loro deflagrare. Johnson mescola sapientemente questi nuovi trucchi con alcuni già presenti nel film precedente: senza fare spoiler, anche qui la molteplicità di prospettive gioca un ruolo più che centrale nella soluzione dell'enigma. 

Johnson tesse la sua tela con pazienza, attirando lentamente lo spettatore nella sua rete di segreti e piccole e grandi meschinità, seminando falsi indizi, addirittura false trame, ma senza mai perdere di vista il suo obiettivo. Il suo film è una perfetta rappresentazione del suo titolo: una cipolla di vetro. All'apparenza, il mistero è invisibile, nascosto sotto i molteplici strati della cipolla, che vanno pelati uno a uno per arrivare alla soluzione. Quando, però, la soluzione arriva, ci si rende conto che la cipolla è sempre stata di vetro, e quindi trasparente. La risposta era lì, in bella vista davanti ai nostri occhi: sarebbe bastato guardare con più attenzione.
La sceneggiatura non si fa mancare nemmeno dei gustosi riferimenti all'attualità (esilarante il modo in cui gestisce la questione Covid) e stoccate al mondo degli ultravip dello spettacolo, dei social, e del tech - impossibile, in particolare, non riconoscere un mix di Zuckerberg ed Elon Musk nel personaggio di Edward Norton. La critica sociale, tema caro a Johnson (al punto che è riuscito a infilarla pure in Star Wars) è meno centrale che in Knives Out!, ma serpeggia nel film come un fiume carsico, riaffiorando in più occasioni.

Il cast collettivo è, ancora una volta, eccezionale: i nomi sono meno altisonanti di quelli del primo capitolo, ma tutti sono perfetti per il proprio ruolo, da un Dave Bautista sempre più a suo agio con le note comico a una Kate Hudson perfetta nel ruolo della svampita egoista, passando per la co-protagonista Janelle Monàe, perfetta antitesi di quella di Ana de Armas nel primo film. A brillare, però, è soprattutto il Benoit Blanc di Daniel Craig, uno dei personaggi originali più riusciti degli ultimi anni di cinematografia: brillante e goffo, carismatico e buffo, Blanc è un personaggio sfaccettato come le storie in cui si trova immerso, e Craig lo interpreta con travolgente energia e un pizzico di sana autoironia, in un ruolo che fa brillare le sue qualità attoriali molto più che quello di 007.

Glass Onion non è esente da difetti, da alcune coincidenze un po' eccessive a un colpevole forse un po' telefonato, anche se la sceneggiatura riesce a lasciare il dubbio praticamente fino all'ultimo; e la critica sociale, pur riuscita in molti punti, è meno efficace che in Knives Out!. Nel complesso, Johnson realizza un film forse leggermente meno brillante del predecessore (d'altronde alcuni elementi della formula sono giocoforza gli stessi) ma che intrattiene e diverte alla grande grazie a uno splendido protagonista e a una sceneggiatura a orologeria in termini di dialoghi e caratterizzazione. In un'epoca in cui le idee originali scarseggiano, Johnson si dimostra ancora una volta uno sceneggiatore e regista di straordinaria inventiva, in grado di realizzare prodotti in grado di piacere sia al pubblico che alla critica.

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Pier

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