sabato 31 dicembre 2022

Avatar - La Via dell'Acqua

Now with more fish


Dopo la vittoria sugli invasori umani, i Na'vi hanno vissuto in pace. Jake Sully e Neytiri hanno messo su famiglia, tra figli loro e adottati. Tuttavia, gli umani non si sono dati per vinti, e tornano sul pianeta decisi a riprenderselo e a vendicarsi di Sully e di tutti i suoi cari.

Nel rileggere la recensione scritta dodici anni fa per il primo Avatar mi sono reso conto di una cosa, che riassume alla perfezione la reazione di fronte a questo seguito: avrei potuto copincollarla per scrivere l'articolo che state leggendo. Gli stessi difetti, gli stessi pregi, lo stesso coinvolgimento sensoriale (alto), lo stesso coinvolgimento emotivo (basso). Se non mi limito a fare, letteralmente, copincolla è perché questo secondo capitolo impone delle riflessioni, proprio alla luce della sua similitudine al primo.

Sono passati tredici anni dal primo Avatar, e il suo impatto sulla storia del cinema e sulla cultura condivisa è stato virtualmente nullo. Un'anomalia evidente, soprattutto considerando gli enormi incassi registrati. La ragione era semplice: il valore di Avatar stava nelle innovazioni tecnologiche, nell'aver reso sensato e integrato nel linguaggio espressivo uno strumento - il 3D - che fino a quel momento era sembrato un semplice divertissement o addirittura una scusa usata dalle case di produzione per spillare più soldi agli spettatori. Quello che mancava, invece, era la trama: già vista, poco coinvolgente, e copiata pari pari da Pocahontas e con un messaggio ambientalista efficace ma che puzzava di furberia.

Sorprende quindi che un narratore raffinato come Cameron, capace di realizzare storie in cui lo spettacolo visivo si sposava a un grande coinvolgimento emotivo (pensiamo a Terminator 2 e Titanic, giusto per citare due esempi), non abbia apportato alcun correttivo nell'approcciare questo sequel. Non basta, infatti, aggiungere una famiglia e il punto di vista di qualche adolescente per catturare maggiormente le emozioni degli spettatori: se la storia resta già vista, sempre con eco di Pocahontas cui si aggiungono Balla coi lupi L'ultimo samurai, e addirittura ricicla dei temi del primo film (l'addestramento, la scoperta di una nuova natura e di un nuovo rapporto con essa), è difficile se non impossibile che lo spettatore provi il benché minimo interesse per ciò che accade sullo schermo. L'unica novità è l'ambientazione, con il mondo acquatico a sostituire quello arboricolo, e pesci e cetacei a sostituire draghi volanti e alberi.

 
La sceneggiatura non è solo poco originale, ma anche sfilacciata, con una durata davvero eccessiva (oltre tre ore) non giustificata da ciò che accade sullo schermo. Anche l'espediente della voce narrante risulta forzato e retorico, e rallenta anziché velocizzare l'azione. Manca, inoltre, il cuore emotivo: se lo spettatore si ritrova a essere più coinvolto dalla sorte di un cetaceo che da quella di uno qualunque dei protagonisti forse qualcosa non ha funzionato. Il messaggio ambientalista, inoltre, è non solo abusato, ma pure vecchio e retrivo nella sua semplicità. Dire "natura bene, tecnologia male" può far dormire sonni tranquilli, ma non aggiunge nulla al dibattito in corso né offre una soluzione al problema: è solo luddismo di ritorno e ignora il potenziale che proprio la tecnologia giocherà nel cercare di risolvere la questione del cambiamento climatico.

Alla lunga, anche la tecnologia più sofisticata non basta a sopperire a carenze narrative di questa portata - soprattutto se, come in questo caso, Cameron sembra essersi fatto prendere decisamente la mano. Le immagini sono sempre bellissime, la tecnologia di motion capture subacquea è un capolavoro di tecnologia, ma lo stupore e la meraviglia sono inferiori che nel primo capitolo, per due motivi. Il primo è che sono passati dodici anni: se la tecnologia usata in Avatar era rivoluzionaria, quella de La via dell'acqua è solo marginalmente innovativa. Videogame, cinema e persino televisione hanno fatto passi da gigante in questi dodici anni, e non basta un'ambientazione sottomarina aliena per lasciare il pubblico a bocca aperta. 

Il secondo è che nel primo film parte della bellezza visiva risiedeva nell'interazione tra uomini e Na'vi, qui invece ridotta ai minimi termini: per tre quarti di film gli umani sono del tutto assenti, e si assiste quindi all'interazione tra personaggi digitali che interagiscono in un ambiente digitale. Si fatica, dunque, a cogliere la differenza tra questo film e un lavoro di animazione come quelli della Pixar (con la differenza che i secondi hanno ben chiaro il proprio cuore emotivo), portando quindi lo spettatore a chiedersi se valga la pena assistere a un lungo, abbacinante videogame.
Chi scrive riscontra anche un altro problema, ovvero l'artificiosità delle espressioni facciali dei Na'vi: ciò che funzionava nel 2009 oggi, semplicemente, non funziona più. Risulta incredibile che Gollum, prima creatura creata dalla WETA (la casa di effetti visivi che è dietro anche a questo film) in motion capture, risulti ancora più espressivo, vitale e realistico nonostante sia stato creato ormai 21 anni fa.

Solo difetti, dunque? No, perché Cameron sa girare le scene d'azione come pochi altri: la macchina da presa si muove fluida tra i personaggi, l'azione è sempre a fuoco, le esplosioni sono ben congegnate e soddisfano il bambino che è in tutti noi. Il film, dunque, risulta comunque godibile, per quanto a livello superficiale - uno spettacolo visivo (da vedere rigorosamente in 3D) che si dimentica il minuto dopo l'uscita dalla sala, ma che intrattiene per gran parte della sua durata.

Avatar - La via dell'acqua è, in sintesi, la versione "più grande" del suo predecessore, di cui amplifica tutti i difetti ma solo alcuni dei pregi. Forse a causa dell'abitudine, forse a causa dello scarso spessore narrativo ed emotivo, manca completamente quello stupore che opere come La compagnia dell'anello erano state in grado di creare, lasciando a bocca aperta lo spettatore e trasportandolo in un mondo che non pensava fosse possibile, al punto che all'uscita dalla sala si soffriva il ritorno alla realtà. La via dell'acqua intrattiene, ma nulla di più: e questo, per un film di tale portata e di tale budget, è un peccato mortale.

** 1/2

Pier 

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