Il mistero del pipistrello
Da due anni Bruce Wayne combatte il crimine a Gotham City nei panni di Batman, giustiziere che si nasconde tra le ombre e sta lentamente diventando sinonimo di terrore tra i criminali. L'omicidio di un personaggio molto in vista lo porterà sulle tracce di un serial killer che ama gli enigmi, ma anche a scavare nella storia ufficiale della città, riportando alla luce storie che, forse, dovevano rimanere sepolte.
Piove, a Gotham City, ma non è una pioggia catartica, che lava via i peccati: è una pioggia tossica, che scava nel terreno e nell'anima e fa riaffiorare scheletri ed esondare le fogne, riportando a galla il marcio su cui è costruita la città. La voce di Batman ci immerge nelle lunghe notti di Gotham, come quella di un detective privato alla Philip Marlowe o alla Sam Spade (o, per citare un esempio più recente, come i protagonisti della saga di Sin City): disincantato, disilluso, portato ad andare avanti solo da un senso del dovere che trova senso in se stesso e non nei risultati, che anzi spingerebbero a desistere.
Fin dalle prime battute, The Batman si rivela per quello che é: un noir, con l'Uomo Pipistrello a fare le veci di Humphrey Bogart, a indagare, stanare, risolvere un caso che da "semplice" omicidio si rivela essere molto di più, aprendo uno squarcio nell'abisso che è il passato di Gotham City. Batman non distoglie lo sguardo, e l'abisso guarda dentro di lui. L'indagine è lenta, faticosa, procede per false piste, tentativi, dettagli non colti, dimenticati, ricordati: il pipistrello è, in fondo, un topo con le ali, e come un topo si perde nel labirinto eretto dall'Enigmista, in un'incarnazione lontanissima da quella di Jim Carrey in uno dei Batman che ci piace dimenticare, e più vicina al serial killer di neo-noir come Seven o Zodiac. Non mancano i classici ingredienti del noir, dalla polizia corrotta alla femme fatale, una Selina Kyle/Catwoman ben delineata per profondità di motivazioni e personalità.
Al centro di tutto c'è un Batman neofita: Bruce Wayne indossa da appena due anni il costume del pipistrello. La scelta di ambientare il film non "alle origini" del personaggio ma appena dopo consente di esplorare un aspetto finora ignorato da tutte le incarnazioni cinematografiche dell'Uomo Pipistrello (solo Nolan lo aveva sfiorato nel secondo capitolo della sua trilogia), ovvero quello dell'identità, di quale sia la reale missione di Batman. È un vendicatore? Un giustiziere? Un anticorpo al virus che sta divorando Gotham, o un anticorpo autoimmune, che sta contribuendo a distruggere ciò che dovrebbe proteggere? Bruce Wayne è ancora in preda al lutto, e non ha una risposta a questa domanda. Il suo percorso, la sua catabasi nei bassifondi della città lo porteranno a trovarla, e non sarà quella che si aspettava: il regista Matt Reeves gioca con intelligenza con il mito di Batman, e riesce a ricavarne una risposta forse non stupefacente, ma sicuramente diversa, quasi spiazzante rispetto all'immagine che le ultime incarnazioni avevano deciso di abbracciare.
Se la sceneggiatura, pur con qualche lungaggine evitabile e senza guizzi particolari, convince, il pezzo forte del film sta indubbiamente nelle atmosfere. Reeves mostra di aver imparato la lezione visiva di Joker e della serie animata, e ci presenta una Gotham sporca, brutta, realistica ed espressionista al tempo stesso: un trionfo di ombre e vicoli bui, di strade lercie e abbandonate alternate con edifici goticheggianti . La fotografia punta tutto sul rosso e il nero (e loro combinazioni) che campeggiano nel titolo, e riduce la luce al minimo indispensabile, puntando sul non-visto, su quello che si nasconde nell'oscurità (magistrale, in tal senso, la scena di apertura), lasciando che siano gli spettatori a costruire mentalmente quel che non si vede. Le scene di azione sono ben coreografate, con almeno due pezzi di bravura. La colonna sonora di Giacchino è splendida, con un tema principale che entra subito in testa e temi secondari ben orchestrati.
Il vero punto forte del film, però, è il casting: non c'è una parte fuori posto, dall'Enigmista di Paul Dano (debitore dell'Arthur Fleck di Joaquin Phoenix nella scrittura, ma non nell'interpretazione, più simile a quella dello stesso Dano ne Il petroliere) alla Selina Kyle di Zoe Kravitz, passando per l'Alfred di Andy Serkis e il Pinguino dell'irriconoscibile Colin Farrell. Il plauso maggiore, tuttavia, va al Batman di Robert Pattinson: molti erano scettici sulla sua scelta, e invece Pattinson convince come un Bruce Wayne "di transizione", ancora alla ricerca di se stesso, intrappolato da un dolore che gli ha impedito di diventare veramente adulto.
The Batman è un film semplice ma non banale nella concezione e solidissimo nell'esecuzione. Torna alle origini dell'Uomo Pipistrello (Batman nasce proprio come detective) e si riappropria di quelle suggestioni noir e investigative che sono al centro di alcune delle sue avventure più amate (Year One, Il lungo Halloween), raccontando una storia più "quotidiana" (nonostante l'escalation della posta in palio del finale), in grado di far affiorare l'umanità e la fragilità di Batman, eroe umano, troppo umano, sempre sull'orlo del precipizio tra vita e morte, tra sanità e follia, tra vendetta e giustizia.
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Pier
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