giovedì 29 dicembre 2016

Oceania

Sulle spalle dei giganti




Vaiana è la giovane principessa di un'isola della Polinesia. Da sempre attratta dal mare, si scontra con i divieti alla navigazione imposti dal padre. Quando una misteriosa carestia si abbatterà sull'isola, tuttavia, toccherà a lei prendere il largo per sistemare le cose: dovrà trovare Maui, il semidio del pantheon polinesiano, e aiutarlo a riportare a Te Fiti, dea della Natura, il cuore che egli le ha sottratto secoli fa.

Ron Clements e John Musker sono stati i registi simbolo del cosiddetto Rinascimento Disney dei primi anni Novanta. I due hanno infatti firmato la regia di successi di pubblico e critica come La sirenetta, Aladdin, ed Hercules. Nonostante il successo, Clements e Musker hanno sempre dimostrato un'inesauribile desiderio di innovare il loro linguaggio filmico e, in generale, di testare i limiti dell'animazione. Questo li ha portati a realizzare un film come Il pianeta del tesoro, profondamente lontano dai canoni Disney e, forse per questo, penalizzato dal pubblico, nonché quello che è stato il (meraviglioso) canto del cigno dell'animazione tradizionale made in Disney, quel La Principessa e il Ranocchio che, pur ammantato dei classici stilemi dell'animazione disneyana, li reinventava con delicatezza e poesia.

Oceania (Moana in originale) costituisce la summa dei precedenti esperimenti della coppia, un punto di arrivo e (speriamo) di partenza per portare l'animazione Disney al livello successivo senza però perdere di vista quegli elementi che l'hanno resa grande. In Oceania ritroviamo la principessa con un sogno, le canzoni, gli animali da compagnia, e altri archetipi che fanno parte delle storie della casa di Topolino fin dal 1939, anno di realizzazione di Biancaneve e i sette nani. Allo stesso tempo, tuttavia, il film si discosta profondamente dalla tradizione: la storia d'amore, già marginale in Frozen, è qui del tutto assente; la storia non è ispirata a una fiaba, ma alla mitologia polinesiana; la spalla di Vaiana, Maui, non costituisce solo il classico alleggerimento comico, ma ha un suo personale arco narrativo, legato eppure indipendente da quello della protagonista; l'animale da compagnia che accompagna il viaggio di Vaiana è un pollo muto e inespressivo, erede più della comicità di Buster Keaton che della tradizione Disney (e quello che sembra il classico "animale Disney", il porcellino amico della protagonista, viene abbandonato dopo pochi minuti di film).

Clements e Musker mescolano tradizioni diverse, creando un buon amalgama che riesce nell'impresa più difficile: creare qualcosa di nuovo all'interno degli stringenti paletti della Disney, che ha pur sempre l'esigenza di "salvaguardare" il marchio e accontentare i gusti del pubblico. I due registi si muovono con fantasia e creatività all'interno dei limiti impostigli, e riescono a realizzare un film che diverte e, al tempo stesso, porta in avanti la narrativa e la tradizione visiva disneyana. Particolarmente riuscita, in questo senso, è la decisione di fare del mare e, più in generale, della natura un personaggio attivo, e non solo lo sfondo delle avventure della protagonista, creando momenti di comicità e riflessione che sarebbero stati impossibili con un approccio più convenzionale. I registi, alla prima esperienza con la computer grafica, sfruttano appieno le potenzialità del mezzo, rinunciando al fotorealismo della Pixar per privilegiare quel look "da cartone animato" che è alla base dei principi dell'animazione Disney, secondo un'ottica in cui il racconto e l'espressività, piuttosto che il realismo, sono al primo posto. Allo stesso tempo, tuttavia, è impossibile non notare come Oceania sia il primo film in cui sia la protagonista che i personaggi di contorno hanno un corpo e delle proporzioni "normali", e non le irreali misure che spesso hanno attirato critiche alla Disney: la scelta di uscire dalla fiaba per "calarsi" nel mondo reale, per quanto popolato di creature mitiche, porta giustamente con sé un aggiustamento visivo che si spera possa diventare una lezione per i film futuri.

Le musiche, composte da Mark Mancina con Lil-Manuel Miranda e Opetaia Foa'i, sono un innovativo mix di generi e tradizioni musicali diverse, che spaziano dal classico "I want moment" disneyano (How far I'll go) ai suoni del Pacifico del Sud (We know the way), a pezzi più swing degni del Genio di Aladdin (You're welcome, cantata dal sorprendente Dwayne Johnson/The Rock), al pop sperimentale di David Bowie (Shiny, forse il pezzo più originale di tutti per sonorità). La colonna sonora è forse l'elemento migliore del film, e non presenta punti morti come invece accadeva in Frozen, dove ad alcune canzoni eccellenti se ne alternavano altre decisamente dimenticabili.

Oceania è una bella scommessa vinta da quelli che sono forse gli ultimi testimoni dell'animazione "classica", di cui riescono a salvaguardare i principi pur rinunciando al mezzo che li ha resi celebri, attuando un'operazione simile a quella con cui John Lasseter, ormai 21 anni fa, riuscì a portare al successo il primo film realizzato in computer grafica, Toy Story. Oceania non può ovviamente essere altrettanto rivoluzionario, ma riesce comunque a rinnovare un genere, quello della "fiaba di formazione" che nemmeno sette anni fa tutti davano per morto, indulgendo anche in perfetti momenti di autoparodia e citazionismo. L'animazione disneyana è invece viva e vegeta, e speriamo possa allietarci per molti anni ancora.

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Pier

2 commenti:

  1. l'ho visto un paio di giorni fa e mi è piaciuto...
    l'ho trovata un'eroina che aveva da insegnare, e cose buone e belle.
    personalmente, la mancanza di una storia d'amore, l'ho un po' sentita... perché io sono un'inguaribile disneyana d'altri tempi

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    1. L'assenza della storia d'amore è senza dubbio un grosso cambiamento, già iniziato con Frozen (dove era comunque marginale, anche se meno di quanto spesso si dica) e portato qui a definitivo compimento. Il passaggio dalla fiaba (dove la storia d'amore è quasi sempre presente) al mito ha reso questa "assenza" più naturale, ma sarà interessante vedere cosa faranno nei prossimi film.

      D'accordissimo sul fatto che il film avesse molto da insegnare: i messaggi, da quello ecologista a quello sul "trovare se stessi", sono molteplici.

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