La crisi d’identità del cinema colpisce anche i termini e le categorie utilizzate in passato dalla teoria cinematografica. Il teorico francese Christian Metz scrisse nel 1970 che "la maggior parte dei film realizzati al giorno d’oggi - siano belli o brutti, originali o no, commerciali o no - hanno in comune la caratteristica di raccontare storie; in questo senso appartengono tutti allo stesso, unico genere, o meglio, a una specie di ‘surgenere’". Identificando il cinema fiction come un surgenere del cinema del ventesimo secolo, Metz non si è preoccupato di menzionare un’altra caratteristica, data per scontata per molti anni: i film fiction si basano sull’azione reale, ovvero consistono soprattutto in fotogrammi non ritoccati che registrano eventi reali accaduti nello spazio fisico reale. Oggi, nell’era della simulazione computerizzata e dell’elaborazione digitale, quelle caratteristiche diventano particolarmente importanti per definire la specificità del cinema del ventesimo secolo. Dal punto di vista di uno storico del cinema del futuro, le differenze tra il cinema classico hollywoodiano, i film d’autore europei e quelli d’avanguardia (eccetto i film astratti) appariranno meno rilevanti: tutte quelle forme cinematografiche sfruttano la registrazione fotografica del reale. (http://www.trax.it/lev_manovich.htm)
Anche per Andrej Tarkovskij - pittore cinematografico per eccellenza - l’identità del cinema si inscrive nella capacità di registrare il reale. Durante un dibattito tenutosi a Mosca negli anni Sessanta a Tarkovskij fu chiesto se fosse interessato a realizzare film astratti. Rispose che non esiste un cinema astratto. L’espressione base del linguaggio cinematografico è l’apertura dell’otturatore, con la pellicola che inizia a srotolarsi, registrando ciò che si manifesta davanti all’obiettivo. Per Tarkovskij quindi il cinema astratto è di fatto impossibile.
Ma cosa succede all’identità indicale del cinema quando è possibile generare delle scene realistiche con un sistema di animazione computerizzato; oppure modificare fotogrammi o intere sequenze con l’ausilio di un programma di disegno digitalo; o ancora, tagliare, distorcere, allargare e montare immagini digitalizzate così da ottenere una assoluta credibilità fotografica, senza aver di fatto filmato nulla?
Fino a poco tempo fa gli studios erano gli unici a potersi permettere gli strumenti digitali e i tecnici specializzati. Ma la diffusione dei mezzi digitali non coinvolge solo Hollywood, ma l’intera concezione della produzione cinematografica. I processi della creazione di un film si rinnovano mano a mano che i mezzi digitali sostituiscono quelli tradizionali.
La ripresa dal vivo è ormai una semplice materia grezza destinata all’elaborazione manuale: animazione, inserimento di immagini in 3D completamente costruite al computer, pittura ecc. Le immagini finali risultano costruite manualmente partendo da diversi elementi, per lo più creati dal nulla e modificati a mano.
Perciò il cinema digitale è una forma particolare di animazione che utilizza la ripresa dal vivo come una tra le varie materie prime disponibili. E pertanto rientra in quella breve storia delle immagini in movimento che abbiamo tracciato nel paragrafo precedente La costruzione manuale e l’animazione hanno dato vita al cinema e sono state relegate alla periferia - ma oggi, grazie agli effetti speciali, tornano a essere le fondamenta dell’industria cinematografica. La storia delle immagini in movimento torna sui propri passi con un movimento circolare.
Cosa vuol dire tutto questo? La democrazia del digitale, ovvero la paritaria accessibilita' alle tecnologia per lo sviluppo di sistemi 3D ha enormemente aumnetato la qualita' e la quantita' di video girati da artisti piu' o meno conosciuti. La creativita' nascosta dietro e' immensa, come nel caso del video cortometraggio "Animator vs Animation" e "Animator vs Animation II" visibili nella barra alla base del blog.
La discussione sulla negativita' del digitale e' assolutamente infondata da questo punto di vista, anche se e' fondamentale fare una precisazione: la malleabilita' delle immagini e la realizzazione di situazioni impossibili, da un lato diminuiscono le capacita' tecniche del regista che puo' permettersi una piu' celere fase di produzione per concentrarsi maggiormente su quella di post-produzione, dall'altro accresce la componente creativa la quale non trova piu' barriere fisiche o di costi, ma puo' liberamente esprimersi.
Il problema di fondo, che rende ancora questi geniali corti e video sconosciuti algrande pubblico e' la completa mancanza di un mercato e di canali distributivi di massa come festival e concorsi. Attualmente sono largamente visualizzati su YouTube, ma solo perche' caricati da semplici consumatori incapaci di promuoverli correttamente se non con il loro stesso passaparola.
Altre piattaforme cercano di dare spazio a questa nuova forma d'arte, come "Devianart.com", ma rimangono fortemente di nicchia. Sebbene qualcuno potrebbe obiettare che questi prodotti non sono effettivamente mass market, ma compatibili solo con alcune forme di distribuzione, sbaglia! Basti semplicemente citare le 2.000.000 di persone che hanno visualizzato l'episodio II, citato sopra, su YouTube; uno dei filmati piu' visualizzati di sempre.
C'e' un mercato, c'e' un audience, tutto sta nel trovare aziende cinematografiche operanti nei canali secondari che diano spazio a questa dirompente forma d'arte di modo da riconoscere il valore a questi artisti che davvero stupiscono nella loro fantasia, innocenza e meticolosita'.
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