giovedì 29 agosto 2019

Telegrammi da Venezia 2019 - #1

Come ogni anno, Film Ora è a Venezia, e vi accompagnerà per tutta la Mostra del Cinema con i suoi telegrammi, recensioni brevi dei film visti nelle varie sezioni.


Ecco i film visti nel primo giorno e mezzo di Mostra:

La verité (Concorso), voto 7.5. Kore-Eda dirige il suo primo film fuori dal Giappone, e lo fa trovando un perfetto equilibrio tra le sue tematiche più intimiste e "familiari" e la nuova cultura, quella francese, in cui decide di calarsi. Il risultato è un film delizioso, fortemente emotivo ma anche esilarante, forse non all'altezza dei suoi capolavori, ma comunque efficace nel raccontare il fragile rapporto tra memoria e fatti, tra finzione e realtà. Catherine Deneuve è sublime in un ruolo che si fatica a non vedere come parzialmente autobiografico: la sua prova, perfetto connubio tra ironia al vetriolo e dolente senso di colpa, la mette già in prima fila tra le candidate alla Coppa Volpi.

Pelican blood (Orizzonti), voto 5. Come gestire una figlia talmente fuori controllo da sembrare posseduta? Fin dove può spingersi l'amore di una madre? Da queste interessanti premesse, calate in una Germania rurale fuori dalle strade più battute, il film ci porta in un incubo a occhi aperti, un thriller psicoanalitico che nel finale vira però in modo poco convincente verso il soprannaturale, gettando alle ortiche quanto di buono aveva fatto fin lì in termini di costruzione delle atmosfere. La regia rimane comunque di ottimo livello, aiutata anche dalle ottime prove delle tre protagoniste.

The perfect candidate (Concorso), voto 6.5. Un tema importante come quello dell’emancipazione femminile in Arabia Saudita, affrontato con intelligenza ed efficacia, ma scarsa originalità. Qui la recensione scritta per Nonsolocinema.

Marriage story (Concorso), voto 7.5. Chi scrive ama ben poco Noah Baumbach, enfant prodige per autoproclamazione che spesso pecca di grande pretenziosità senza avere alcuna sostanza. Il suo Marriage Story è invece una splendida sopresa: un film intimo, emozionante, vero (non per nulla è parzialmente autobiografico). Baumbach racconta un divorzio doloroso cercando di offrire la prospettiva di ambedue i coniugi (anche se, involontariamente, quella di lui prevale su quella di lei), dimostrando come il rispetto e l'affetto reciproco spesso non siano sufficienti a proteggerci dall'imbarbarimento dei rapporti generato dalla causa legale. È più facile ricordare i torti che i momenti di arricchimento reciproco, i difetti piuttosto che i pregi: come in Kore-Eda, la memoria tradisce e inganna. Adam Driver e Scarlett Johansson brillano nei ruoli principali, ma ciò che colpisce è la capacità di Baumbach di raccontare persone, emozioni, relazioni: in una parola, la realtà. Non sorprende, però, che sia riuscito a farlo solo dopo essersi spogliato degli orpelli pseudo-woodyalleniani che solitamente caratterizzano il suo cinema per spingersi in un territorio a lui finora sconosciuto, quello della sincerità.

Ad astra (Concorso), voto 6.5. James Gray, come tanti prima di lui, usa la fantascienza per parlare d'altro, e l'altro è la condizione dell'umanità e del pianeta Terra. Il messaggio ecologista/umanista parte sottotraccia, come un fiume carsico, ma cresce lentamente lungo il film, man mano che Brad Pitt si avventura nelle profondità del cosmo, sempre più lontano da quel mondo da cui sia lui che suo padre sembrano smaniosi di sfuggire. Il film ha ottimi momenti, sia visivi che narrativi, ma pecca di faciloneria sul finale, un po' troppo stereotipato e da lacrima facile, e nel messaggio, declinato in maniera efficace ma non esattamente originale.

Pier e Simone

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