giovedì 21 aprile 2011

Habemus Papam

Quanto l'incertezza è anche divina



Alla morte del Papa, il Conclave si riunisce per eleggere il suo successore. Dopo alcune sedute fallimentari, i cardinali fanno convergere i propri voti sul loro collega Melville. Al momento della presentazione ai fedeli, tuttavia, Melville va in crisi e si rifiuta di affacciarsi. Mentre i responsabili della comunicazione si affannano per mantenere il mistero sull'identità del nuovo Papa e sulle ragioni del ritardo, i cardinali si convincono a convocare il miglior psicoanalista di Roma per capire cosa sia successo e far tornare Melville sui suoi passi. Dati gli scarsi risultati, il portavoce della Santa Sede decide di portare il Papa dalla moglie dello psicoanalista, a suo dire la migliore dopo di lui. Questo significa però portare Melville fuori dalle mura vaticane, un atto proibito dal regolamento ecclesiastico, che prevede che nessuno possa uscire dal Vaticano fino alla conclusione del Conclave.

E' indubbio che chi si aspettava da Moretti una sferzante satira della Chiesa rimarrà deluso. Come già aveva fatto in La messa è finita, infatti, il regista-attore concentra la sua attenzione sul lato umano della fede, presentandoci i cardinali e il Papa come persone comuni, soggetti agli stessi dubbi e alle stesse incertezze di tutti.
La sceneggiatura è sorretta da dialoghi e situazioni intense e di ottimo livello, anche se paga la mancanza di organicità. Le scene con Moretti, in particolare, risultano un po' slegate dalla vicenda principale, anche se contribuiscono in maniera decisiva alla costruzione del messaggio e della poetica del film.

Un altro punto di forza sono i personaggi secondari, dai cardinali alle guardie svizzere, che regalano situazioni di pura ilarità, in particolare durante le geniali (seppur sconnesse) sequenze del torneo di pallavolo.
Ottime anche la fotografia, specialmente nelle sequenze iniziali, e la colonna sonora, fatta di pochi pezzi ma molto indovinati.

Michel Piccoli è semplicemente straordinario, e regala una recitazione fatta di sguardi, espressioni, esitazioni, in cui le parole sono centellinate ma hanno un significato profondo e il peso di un macigno, specialmente nel meraviglioso e inaspettato finale. Moretti come sempre gigioneggia ed appare quasi indifferente rispetto agli avvenimenti, ma è proprio il contrasto tra il suo personaggio tipico e l'ambiente cardinalizio a offrire alcuni dei momenti più divertenti e sinceramente umani del film.
I cardinali sono impersonati da attori eccellenti, che non interpretano prelati ma uomini, con le loro passioni, le loro fissazioni, le loro incertezze. Particolarmente indovinata risulta la performance di Camillo Milli, indimenticato Duca Conte Barambani nella saga di Fantozzi (quello di "Cari poveracci", per intenderci), che ci regala un cardinale ipercompetitivo ed esilarante.

Habemus Papam affronta uno dei temi tipici della filmografia morettiana, quello dell'inadeguatezza, e lo fa calandolo in un contesto in cui questo sentimento sembrerebbe assente. Questa operazione fa sì che il film restituisca un'immagine della Chiesa molto umana e vicina alla gente, con un Papa tormentato dagli stessi dubbi che assalgono i comuni mortali, per il quale l'investitura divina non è fonte di sicurezza ma di un'umanissima, tormentata incertezza. Un film che diverte e fa riflettere, e che si fa perdonare alcuni difetti strutturali con alcune scene eccellenti e un finale indimenticabile per intensità e significatività.

***1/2

Pier

2 commenti:

  1. Sono d'accordo con te. È proprio un film divertente, cosa che non si può dire di tutti i film di Moretti. Hai ragione quando dici che la trama perde un po' per alcuni salti nella trama: ma è vera mancanza di organicità, oppure Moretti è co. avevano troppe cose da dire e hanno quindi deciso di saltare da una scena all'altra?

    Bravo ancora,

    Andrea Sesta

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  2. Ciao Andrea! Innanzitutto grazie dei complimenti, che fanno ancora più piacere dato che provengono dal Jeff Bridges italiano! :-D

    I film di Moretti sono spesso un po' disorganici, ma è anche vero che le cose da dire erano tante, tantissime, e che quindi la "fretta" è certamente dovuta anche a quello.

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