Una giornata all'interno di un carroarmato israeliano durante la prima guerra in Libano, nel 1982.
Questa la trama di Lebanon, vincitore di un meritato Leone d'oro all'ultima Mostra del Cinema di Venezia.
E' la storia di quattro giovani senza alcuna esperienza militare, costretti nello spazio opprimente del carro e stremati da caldo e sete.
Il carro diventa il loro mondo, la loro casa, e anche il luogo dove impareranno cosa significa uccidere. La regia del film, serrata e incalzante, trasporta lo spettatore accanto ai soldati, e gli fa provare il senso di claustrofobia e impotenza che li attanaglia.
Lebanon non vuole raccontare l'azione bellica, bensì la sofferenza e la situazione inumana cui vengono sottoposti i quattro protagonisti, le cui reazioni esasperate rappresentano la loro incapacità di comprendere l'orrore che li circonda. L'angustia del carroarmato fa crescere a dismisura il desiderio di essere altrove, fino a renderlo quasi insopportabile.
Il film è stilisticamente perfetto, con montaggio e fotografia che supportano efficacemente la regia quasi in soggettiva. L'uso della macchina a mano accresce ulteriormente la sensazione di oppressione generata dallo spazio ristretto del carro.
I giovani interpreti sono bravi e convincenti, e le situazioni sono descritte in modo realistico, con grande vividezza di particolari.
Lebanon non è emozionante: non c'è commozione, non si cercano motivazioni o giustificazioni morali, e la durezza dello stile di ripresa si riflette anche sulla storia. Il risultato è un duro colpo allo stomaco, che impone allo spettatore una riflessione severa sulla guerra e sulle profonde ferite che questa lascia, anche a distanza di anni, sulle coscienze e sulle anime dei soldati e di interi paesi.
****1/2
Pier
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