La forza della fragilità
Dopo il brillante esordio di Scialla! e il convincente e più maturo Tutto quello che vuoi, Bruni torna dietro la macchina da presa per il suo film più personale, sincero, e coinvolgente. Bruni racconta la storia di una malattia, ma lo fa con i toni che gli sono propri, esplorando le relazioni e le solitudini del protagonista e dei personaggi che gli gravitano attorno. La malattia è presente, mai nascosta o negata, con scene in ospedale di grande impatto e una grande attenzione all'aspetto clinico.
Tuttavia, la malattia non è la protagonista del film, che evita ogni eccesso di spettacolarizzazione, rifuggendo la narrativa della "lotta" per abbracciare quella dei sentimenti, delle relazioni, delle emozioni, sia positive (si ride, tanto) che negative. La maestria di Bruni sta proprio qui, nella capacità di non cedere al facile pietismo ma al tempo stesso di non "censurare" la malattia, nascondendola o relegandola in secondo piano. Un atto di equilibrismo tanto più rimarchevole considerando che Bruni sta raccontando, seppur in versione romanzata, la storia della sua malattia, da cui lo ha salvato un trapianto di midollo donato dal fratello.
La malattia è presente, ma non dominante, e costringe Bruno e i suoi cari a fare i conti con il passato, sempre presente con flashback improvvisi e mai didascalici, con segreti, non detti, frustrazioni espresse ed inespresse. Il passato sembra essere la malattia più grande, una fonte di frustrazioni ma anche di ricordi ed emozioni che aiutano a guardare al futuro con speranza, nonostante le difficoltà.
Il film è ben scritto e ottimamente interpretato, e trova il suo centro nella splendida prova di Kim Rossi Stuart, camaleontico e verista nella sua interpretazione, con isterismi un po' alla Nanni Moretti intervallati a bellissimi momenti intimi, privati con la moglie, i figli, medici e infermieri. Il suo Bruno è un uomo alla ricerca di se stesso, conscio della sua fragilità ma al tempo stesso restio ad accettarla, costretto dalla malattia a confrontarsi con se stesso e ciò che è ed è stato per chi gli sta intorno. Un personaggio difficile, sfaccettato, complesso, che Kim Rossi Stuart restituisce con grande efficacia e impatto emotivo.
Cosa sarà è un film che non ha paura di parlare della fragilità umana, che rigetta la metafora del "guerriero" per offrirci un ritratto più realistico di come la malattia stravolge la vita del paziente e di chi gli sta intorno: un ritratto caleidoscopico, che adotta un registro emotivo ampio e diversificato anziché focalizzarsi su un solo tipo di emozione come spesso accade in opere sul tema. Bruni dimostra ancora una volta una grande sensibilità per raccontare vite, persone, relazioni: in una parola, l'umanità.
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Pier
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