Lee Chandler lavora come tuttofare per tre condomini nella periferia di Boston. Vive da solo in un piccolo seminterrato, e conduce un'esistenza solitaria. Quando suo fratello Joe muore, Lee torna nella sua città natale, una piccola cittadina costiera, per occuparsi del funerale. Con sua sorpresa, scopre che il fratello l'ha nominato tutore di Patrick, suo nipote. La prolungata permanenza lo costringerà a tornare in contatto con la comunità da cui era fuggito tanto tempo prima, in seguito a una tragedia che non tarderà a tornare alla luce.
Kenneth Lonergan è uno di quegli autori di cui il pubblico non conosce il nome, nonostante abbia firmato le sceneggiature di film di grande successo come Gangs of New York e Terapia e pallottole. Lonergan ha anche intrapreso un'interessantissima carriera da regista, e Manchester by the Sea è il suo terzo film. Il suo è un cinema intimo, fatto di rapporti famigliari e dolori personali e collettivi, di comunità aperte e allo stesso tempo chiuse. Manchester by the Sea segna un punto di arrivo in questa fase della cinematografia di Lonergan, mostrando una maturazione artistica e registica davvero notevole, con le varie parti del film che si incastrano alla perfezione.
La narrazione sincopata e irregolare, sia a livello di ritmo che di tono, si sposa con la fotografia, a volte contemplativa, a volte intimista, che segue spesso lo sguardo del silenzioso protagonista; con la musica, che alterna motivi classici e strumentali con il ritmo spensierato del rockabilly, spesso usati in scene che di spensierato hanno ben poco; e con l'ambientazione, una cittadina serena che si specchia sul mare, ma allo stesso tempo immobile, fredda, intrappolata in un ghiaccio che impedisce anche un rituale semplice come la sepoltura. Il film vive di contrasti, muovendosi con grazia tra momenti estremamente drammatici e altri esilaranti, tra presente e passato, tra silenzi ed esplosioni di dialogo, che aiutano lo spettatore a calarsi nel conflitto interiore del protagonista.
L'irregolarità del ritmo, tuttavia, costituisce anche il principale punto di debolezza del film, in quanto rallenta eccessivamente il ritmo e sembra a volte artefatta, studiata a tavolino, che danno la fastidiosa sensazione che Lonergan abbia deliberatamente sacrificato la spontaneità di altri suoi lavori per un'artisticità studiata a tavolino. Ciononostante, il film fa centro dal punto di vista emotivo, raccontando con grande efficacia il lutto e la perdita dalla prospettiva maschile, indagando a fondo il senso di inadeguatezza, l'istinto a sopprimere le emozioni che si traduce in esplosioni incontrollate, la vergogna per il pianto e la commozione.
Fin dal suo primo film, lo splendido You can count on me (avremo occasione di parlarne), i protagonisti delle storie di Lonergan sono personaggi fuori posto, a disagio nel proprio contesto sociale. Lee Chandler non fa eccezione, e porta questa idea alle estreme conseguenze: Lee è a disagio nel mondo, non solo in uno specifico luogo. La sua afasia è il riflesso esteriore di una totale indisponibilità a comunicare, della sua decisione di chiudersi nella bara della propria solitudine e lasciare gli altri fuori dalla sua vita. Il film segue il suo percorso, in cui una nuova perdita diventa un'occasione per ritrovare qualcosa che sembrava perduto per sempre, e che in parte è destinato a rimanere tale. Casey Affleck dà corpo e voce all'emotività repressa di lì, regalandoci una performance toccante per intensità e realismo. Al suo fianco brilla un eccezionale Lucas Hedges, perfetto nel ritrarre tutte le contraddizioni dell'adolescenza con grande naturalezza, senza scadere nello stereotipo. Buona anche la prova di Michelle Williams, anche se appare ingiustificato il coro di Osanna che l'hanno accompagnata, con pioggia di nomination e riconoscimenti per una parte relativamente breve e non particolarmente complessa per un'attrice del suo calibro.
Manchester by the Sea è un perfetto esempio di come il cinema narrativo sia ancora in grado di raccontare storie nuove ed emozionanti, mutuando strutture e linguaggi del romanzo e trasponendole con efficacia in forma visiva. Nonostante le evitabili lungaggini e la sensazione di ricercatezza, Lonergan si consacra come uno degli autori più interessanti del panorama indipendente, raccontando una storia difficile che riesce a divertire nonostante in alcuni momenti sia un vero e proprio pugno allo stomaco per la forza e la durezza delle vicende narrate.
*** 1/2
Pier
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