Come truffare Hollywood
New York, anni Settanta. Irving Rosenfeld è un piccolo truffatore che si guadagna da vivere promettendo grandi somme di denaro in cambio di piccoli anticipi, che poi regolarmente non restituisce. Ad aiutarlo nel mettere in atto le sue truffe c'è la sua amante Sydney Prosser, sedicente contessa inglese che dovrebbe garantire l'accesso al capitale che Irving promette alle sue vittime. Quando i due vengono scoperti da un ambizioso agente dell'FBI, Richie Di Maso, saranno costretti ad accettare di aiutarlo in cambio della libertà. Il progetto di Di Maso è semplice: usare l'abilità di Irving e Sydney per mettere allo scoperto la corruzione dei politici e le loro relazioni con alcuni gruppi mafiosi. Il piano sembra perfetto, ma gli imprevisti, tra cui l'incontrollabile moglie di Irving, sono in agguato.
Dopo il grande successo di pubblico e critica ottenuto con Il lato positivo, David O. Russell cambia genere e realizza una grottesca parodia dei film sulle truffe, condendolo con tutti gli stereotipi del genere, rivisitati e ribaltati con cinismo e creatività. Il risultato è un film godibile e divertente, lontano dal coinvolgimento emotivo dei precedenti lavori di Russell ma comunque in grado di intrattenere e interessare lo spettatore. La lente, fin da subito, si sposta sui rapporti umani piuttosto che sul piano truffaldino, enfatizzando le miserie dei protagonisti piuttosto che la brillantezza dei loro dialoghi o dei loro imbrogli. I protagonisti sono brutti, sporchi e fuori forma, grotteschi nella loro eccessiva attenzione per il proprio aspetto fisico e nella loro totale noncuranza per quello della loro coscienza. Gli attori offrono un'ottima prova, capitanati da un Christian Bale eccellente per misura e credibilità e da un'Amy Adams determinata e intensa. Accanto a loro si muovono un Bradley Cooper efficace ma sottotono e una Jennifer Lawrence svampita e vacua, oltre che il sindaco piacione Jeremy Renner e il boss De Niro in un cameo semplicemente perfetto.
Russell, tuttavia, affronta il tema della decadenza morale solo in superficie, limitandosi a presentare i suoi personaggi senza scavare a fondo nel contesto socio-culturale in cui opera. Questo finisce per indebolire il film, privandolo della significatività che potrebbe avere e riducendolo a una semplice analisi delle relazioni. La trama, pur divertente, risulta appensantita dalla mancanza di univocità e chiarezza nei toni. Il genere del film rimane indefinito, sospeso in un limbo tra parodia, gangster movie, commedia e ricostruzione storica, e resta così intrappolato in un continuo e schizofrenico cambio di registro che ha il solo effetto di straniare lo spettatore.
American Hustle è un film divertente e ben interpretato, che però manca di profondità e spessore. Stupisce quindi la pletora di nomination ricevute dall'Academy, che sembra aver premiato le intenzioni del film più che il suo effettivo contenuto, come se i giurati, al pari dei clienti di Irving, si fossero fatti incantare da false promesse di grandezza. Il film rimane ben lontano dai grandi classici del genere, come La stangata, avvicinandosi di più a prodotti come la saga degli Ocean, ottimi film di intrattenimento senza alcuna pretesa artistica.
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Pier
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