martedì 12 febbraio 2013

Django Unchained

Quando il cinema di genere diventa d'autore


Stati Uniti, 1858. Dopo aver cercato di fuggire dalla piantagione in cui lavora, lo schiavo nero Django viene separato dalla donna che ama, Broomhilda, e venduto al proprietario di alcune miniere. A salvarlo arriva il dottor King Schultz, ex dentista tedesco che si guadagna da vivere facendo il cacciatore di taglie. Schultz offre a Django la libertà e un aiuto nella ricerca di sua moglie se lo aiuterà nella sua attività per un certo periodo di tempo. Django diventa così un temibile pistolero, e insieme a Schultz cattura molti criminali. Esaurito il suo impegno, Django si mette in viaggio con il dottore per ritrovare la sua compagna. Scoprirà che è stata venduta a Calvin Candie, uno dei latifondisti più ricchi e spietati del Mississipi.

Dopo il nazismo, Tarantino investe con il suo occhio dissacrante la piaga dello schiavismo, e lo fa attraverso il genere che probabilmente ama di più: lo spaghetti western. La sceneggiatura manca della perfezione unitaria di Inglorious Basterds, dato che appare nettamente spezzata in due tra la liberazione di Django e il suo arrivo a Candieland, e il momento di passaggio tra i due spezzoni subisce un deciso calo di ritmo. Per il resto, tuttavia, la trama è letteralmente esplosiva, tra dialoghi magnifici - su tutti quello tra i membri della spedizione punitiva in stile Ku Klux Klan, continui colpi di scena e scene d'azione adrenaliniche. Tarantino pesca a piene mani dal materiale pre-esistente, rielaborando gli stilemi del genere e arricchendoli di nuovi significati. Il citazionismo tarantiniano non è mai fine a sè stesso, ma è sempre teso ad arricchire la trama e la sua evoluzione, omaggiando con fedeltà i classici del genere e superandoli al tempo stesso.

La fotografia usa con abilità il colore e le luci per creare un effetto ottico ricco e visivamente forte, in linea con quello degli spaghetti western ma anche con il pulp che Tarantino stesso ha elevato a genere maggiore. La regia è solida e ispirata, e mantiene alti ritmo e tensione per tutto il film, fatto salvo il già citato momento di rallentamento centrale. La colonna sonora, tra pezzi originali e citazioni dei grandi classici del genere, riesce a essere, come nella tradizione degli spaghetti western e delle musiche di Morricone, non solo commento musicale, ma vero e proprio elemento di sceneggiatura, che genera le atmosfere del film anzichè limitarsi a commentarle.

Come spesso accade nei film di Tarantino, tuttavia, il vero valore aggiunto sono i personaggi, caratterizzati riccamente e con grande attenzione, e sorretti dalla prova eccezionale degli attori. Jamie Foxx è un cowboy fisico e con grande presenza scenica, solo apparentemente "sottotono" rispetto agli altri, cui in realtà ruba spesso la scena, risultando credibile anche in momenti in cui sarebbe molto facile risultare ridicolo. Di Caprio sfodera l'ennesima prestazione eccezionale, interpretando un latifondista spietato, arricchito e calcolatore e confermando ancora una volta le sue eccezionali doti attoriali, di cui solo i membri dell'Academy sembrano non volersi accorgere. Samuel L. Jackson accetta con grande coraggio il ruolo di un negriero di colore, "la feccia della feccia", regalando alcuni tra i momenti migliori del film con i suoi dialoghi e le sue espressioni facciali. Su tutti spicca, ancora una volta, Christoph Waltz, semplicemente perfetto nella parte del Dr. Schultz. Ironico e spietato, divertente e determinato, il suo personaggio conquista e convince fin dalla prima scena, e si mantiene ad altissimo livello fino allo splendido finale. Resta un mistero come un attore di questo livello sia rimasto un quasi sconosciuto fino a pochi anni fa: lode a Tarantino per aver dimostrato, ancora una volta, le sue doti di talent scout.

Django è un film parzialmente imperfetto, che trova però nei suoi eccessi e nei suoi difetti la linfa vitale che lo rendono un film eccezionale, che porta un cinema dichiaratamente di genere ai livelli del cinema d'autore. Tarantino regala un film che, oltre a far divertire ed emozionare, riesce a fare anche critica sociale su uno dei momenti più bui della storia statunitense, e, perchè no, anche della cronaca contemporanea. Per quanto inferiore a Inglorious Basterds, il film resta eccezionale per la capacità di coniugare spettacolarità e cinema d'autore, citazionismo e originalità, in un collage di passato e presente che non può non conquistare. Il finale, poi, tra le citazioni di Trinità e del finale de Il buono, il brutto, e il cattivo, è una gioia che vale da solo il film.

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Pier

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