venerdì 27 gennaio 2012

The Artist

Quando la parola è superflua



Hollywood, fine anni Venti. George Valentin è un grande divo del cinema muto: tutti stravedono per lui, la casa di produzione lo coccola e lo vizia, ogni suo film è un successo. Un giorno, all'uscita da una premiere, viene fotografato con una sua fan, Peppy Miller, che poi reicontrerà sul set, aiutandola ad avviare la sua carriera d'attrice.
Con l'avvento del sonoro, Velentin viene dimenticato, mentre Peppy diviene una star di prima grandezza, la diva che tutti vogliono vedere. Peppy però non dimentica l'aiuto che George le ha dato e, mossa anche da un sentimento malcelato nei suoi confronti, cerca di aiutarlo a rialzarsi. I suoi tentativi sono però destinati a scontrarsi con l'orgoglio dell'attore.

The Artist è un film che sarebbe da premiare anche solo per il coraggio di fare un film (quasi) completamente muto nel 2011. A questo aggiungeteci che il film funziona, e funziona per davvero. The Artist diverte, commuove, emoziona, fa insomma tutto quello che un grande film dovrebbe fare. Si permette il lusso di giocare con la storia del cinema, di farla sua e di reinterpretarla attraverso la storia di un divo che ha tanto di Rodolfo Valentino, ma anche tanto del Gene Kelly di Cantando sotto la pioggia, obbligatorio punto di riferimento per la ricostruzione storica del periodo, insieme ovviamente a Viale del Tramonto.

Michel Hazanavicius dimostra di avere un talento registico fuori dal comune, sfruttando a piene mani le potenzialità espressive di un mezzo che, giova ricordarlo, nasce prima di tutto come strumento visivo, e solo in un secondo tempo è stato accompagnato dalla parola. Hazanavicius realizza così delle scene memorabili, su tutte quella del sogno di George, perfetto esempio dell'uso di un sonoro fastidioso e quasi pauroso come elemento di contrasto allo splendido silenzio che accompagna tutto il film. Anche il finale è da antologia, e richiama con nostalgia un mondo e un cinema che sono ormai scomparsi, in cui il gusto per l'immagine e l'amore per la messa in scena venivano prima di tutto.

La fotografia ci regala un bianco e nero delicato e curato nei minimi dettagli, con contrasti molto forti per sottolineare l'espressitività non solo degli attori, ma anche degli ambienti.
La musica è perfetta ed evocativa, ed è fondamentale nel ricreare l'atmosfera dell'epoca e nel restituire il tono delle diverse scene.

I due attori sono semplicemente perfetti: Dujardin è un adorabile sbruffone, un po' Gassman un po' Sean Connery, con quel tocco di classe che contraddistingueva i divi di una volta e che ora sembra essere stato perso. Berenice Bejo è perfetta nel ruolo di "fidanzata d'America", e regala al personaggio quella sensibilità e quella dolcezza che lo rendono così particolare e riuscito. Tra i ruoli minori da segnalare un ottimo John Goodman nella parte di Al Zimmer, il produttore, e James Cromwell, grandioso caratterista, nel ruolo del fedele chaffeur di Dujardin.

The Artist è un inno d'amore per il cinema, un invito a ripensare al fatto che la forza della settima arte sta prima di tutto nelle immagini, ma anche nelle storie e nella capacità di raccontarle in modo coinvolgente ed emozionante, usando le parole in modo corretto, senza abusarne, per evitare che diventino solo un fastidioso rumore di fondo.

**** 1/2

Pier

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