Una storia neorealista
Claudio è un trentenne titolare di una piccola impresa edile. Vive nella periferia romana con i due figli e l'amata moglie Elena, in attesa del terzo. Quando la morte colpisce la donna Claudio si trova del tutto impreparato, e per non affrontare il dolore comincia a concentrarsi sulle "cose": cose da comperare, cose da regalare ai figli per dare loro ciò che lui non ha avuto. Per raggiungere il suo scopo si immischia in un affare al di là delle sue forze, che gli procurerà un sacco di guai.
Luchetti sceglie ancora una volta la famiglia come tema principale di un suo film: lo fa però con un taglio completamente diverso da Mio fratello è figlio unico, scegliendo un approccio intimista, più attento alle relazioni personali e ai sottili equilibri che sostengono le vite di ciascuno. Rimane il concetto di famiglia come rifugio e supporto, ma l'attenzione si sposta dalle dinamiche storiche di un paese a quelle sociali delle classi meno abbienti, costrette ad arrabattarsi alla meno peggio, tra stipendi in nero e vacanze ridotte all'osso.
La nostra vita diventa così un film neorealista moderno, in cui le vite dei protagonisti sono analizzate in modo secco e obiettivo, senza fronzoli, portando alla luce i valori e gli affetti più importanti, legati non alle "cose" ma ai parenti e agli amici.
Il realismo dell'opera è accentuato dall'uso quasi maniacale della camera a mano, che risulta efficace ma anche eccessivo.
Gli attori offrono ottime interpretazioni: Germano è intenso come sempre, anche se personalmente non ritengo questo il suo film migliore. Eccellente anche la Ragonese nella sua breve apparizione, e danno buona prova di sè anche Zingaretti (parte da caratterista per lui) e Bova, che risulta poco credibile nella parte del fratello ingenuo solo per via della sua bellezza.
La nostra vita è un ritratto impietoso e preciso delle condizioni della classe operaia italiana, corredato dal giusto mix di ironia e riflessione. Dovendo trovargli un difetto, si può dire che manca di quella capacità di emozionare che aveva reso grande il cinema di De Sica e Rossellini: critica sociale, certo, ma anche grandi personaggi con le loro piccole, grandi storie.
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Pier
A me il film non è piaciuto. L'ho trovato superficiale e con poche cose da dire (viste le continue ripetizioni...). Elio Germano mi è sembrato come al solito sopra le righe.
RispondiEliminaA me il film è piaciuto, ma come è detto l'ho trovato freddo.
RispondiEliminaElio Germano ha la tendenza a recitare personaggi "forti", è vero, ma credo sia molto bravo. Qui non offre la sua prestazione migliore, secondo me, perchè è troppo monodimensionale. Molto meglio nell'altro di Luchetti, Mio fratello è figlio unico.
Ripetitivo? Sì, è vero, ma credo che la cosa sia voluta per "amplificare" il concetto delle scarse prospettive della classe operaia.