Il gioco del Fato
Bandito da Hollywood, Woody Allen si ritira in Francia (ironicamente, ciò che aveva previsto in Hollywood Ending) per il suo primo film non in inglese, e realizza un piccolo gioiello: un film brillante, poliedrico, sfaccettato. Un colpo di fortuna prende le mosse da un triangolo amoroso e diviene poi thriller, noir, tragedia greca senza perdere un'oncia di coesione e ritmo. Al centro, il ruolo della fortuna e del caso, un tema che sembra interessare molto Allen negli ultimi anni, da Match Point in poi.
Alain è un agente del caso, e Fanny se ne fa travolgere, abbandonandosi al sentimento e agli eventi. Jean, invece, il caso lo combatte, lo sfida, cerca di domarlo, ghermirlo, incatenarlo. In queste due visioni della vita così opposte si trova il motore del film, il cuore di un dialogo platonico implicito in cui Allen, socraticamente, pone domande più che dare risposte, anche se si può facilmente intuire dove cadano le sue simpatie.
La prima parte è inondata di dialoghi, in pieno stile alleniano, ma sono dialoghi ben scritti, brillanti, vivi e veri, che portano avanti l'azione anziché appesantirla, delineando un mondo ricchi inani e senza nulla da dire, intrappolati in gossip e routine di cui Fanny, nonostante tutti i suoi privilegi, finisce per sentirsi prigioniera. I personaggi sono ben delineati e interpretati, con Lou de Laâge che, come spesso accade alle protagoniste di Allen, brilla di luce propria (complice anche la splendida fotografia di Vittorio Storaro), donando alla sua Fanny il giusto mix di sensualità, humor, indolenza e innocenza. Valérie Lemercier è perfetta nel ruolo della madre di Fanny, e regala una prova che ricorda quelle di Diane Keaton negli anni più maturi della sua carriera.
Nella seconda e nella terza parte i dialoghi si rarefanno, lasciando spazio all'inesorabile azione del Fato, con i personaggi che, anche quando credono di avere in mano la situazione, stanno solo creando le premesse per la loro disfatta. Il cinismo di Allen emerge più chiaramente in questa seconda parte, ma a differenza che in altri suoi film non supera l'affetto con cui il regista guarda ad alcuni dei suoi protagonisti.
Un colpo di fortuna è il miglior film di Allen dai tempi di Blue Jasmine, un film che si presenta come una commedia sentimentale ma finisce per parlare della natura umana, del desiderio, e del destino, cinico e baro, sì, ma anche capace di catarsi e liberazione.
**** 1/2
Pier
Nota: questa recensione è stata originariamente pubblicata su Nonsolocinema.
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