lunedì 9 aprile 2012

Quei film italiani che capiamo solo noi


Riposto qui un articolo di Beppe Severgnini che, a mio parere, sottolinea alla perfezione uno dei maggiori problemi del nostro cinema. Via

Sono andato a vedere "Posti in piedi in paradiso" di Carlo Verdone, con Pierfrancesco Favino, Marco Giallini, Micaela Ramazzotti. Film divertente, ma preoccupante. Non soltanto perché affronta una questione drammatica e attuale - ex-mariti schiacciati dal peso economico della separazione - ma perché somiglia ad altri divertenti film italiani, da "Genitori & figli" (Giovanni Veronesi) a "Buona giornata" di Carlo Vanzina (se il trailer non m' inganna): scene spassose interpretate da bravi attori.

Non sono un critico: solo uno spettatore. Mi piacciono i fratelli Coen e il nostro Sorrentino, entrambi oggetto di entusiasmanti polemiche coniugali (sono le conseguenze dell' amore). Ma ho un debole per i film divertenti e - va be' , lo confesso - per le commedie romantiche. Mi piacciono quando raccontano una storia, e nascono da un' idea ( Quattro matrimoni e un funerale o Tutti pazzi per Mary ). I film italiani di successo, da L' ultimo bacio (2001) di Gabriele Muccino in poi, sono invece affreschi. Anzi: pasti preparati con un ricettario, che impone una selezione di questi ingredienti:
Una madre di mezza età, tesa e nervosa. Un padre distratto e/o fedifrago, che guida auto lussuose (se no come si coinvolge lo sponsor?). Una o più amanti, con fondoschiena scultorei e scollature carsiche. Uno o più adolescenti problematici. Una ventenne spregiudicata e tatuata. Un ventenne muscoloso e non molto furbo. Una bella ragazza svampita, ma di buon cuore. Un personaggio dalla parlata buffa e/o pieno di tic. Una donna anziana, cinica ma generosa. Un uomo anziano, generoso ma cinico. Un omosessuale gentile. Un settentrionale rude e un meridionale tenero, o viceversa. Un siciliano. Una simpatica canaglia. Altri personaggi con problemi di salute, fisica e mentale.

Tutti, prima o poi, urlano (specialmente al cellulare). Quasi tutti, ogni poche parole, dicono «caz..!» e «vaff..!». Una trama vera non c' è: tutto nasce dell' intreccio delle vicende dei personaggi. All' inizio il pubblico in sala si diverte; poi si preoccupa; quindi si commuove; alla fine, sullo schermo, le cose si aggiustano ( happy ending all' italiana).
È vero: sono film che descrivono questo tempo sbandato (© Ivano Fossati). Ma ho la sensazione che la ripetitività non sia casuale. Forse i produttori chiedono a registi e sceneggiatori di allargare il mercato, offrendo qualcosa a tutti (ragazzi e genitori, ventenni e trentenni, maschi e femmine, destri e sinistri, moralisti e libertini). Hanno probabilmente ragione, perché alcuni di questi film sono campioni d' incassi. Ma forse ci perdiamo qualcosa.

Credo che l' Italia non produca soltanto la commedia umana urbana (spesso romana) che vediamo rappresentata costantemente. Certo: bisogna trovare qualcuno che, certe storie, le scriva. Considerando l' attuale gusto lammatico (languido+drammatico) della narrativa italiana, non sarà facile. Però, poi, non stupiamoci se al nostro cinema accade ciò che è successo alla musica italiana: facciamo cose belle, ma le capiamo solo noi.

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