martedì 26 novembre 2024

Giurato Numero 2

Cosa significa "giusto"?


Justin Kemp sta per diventare padre, ma viene convocato come giurato in un caso di omicidio. L'imputato è accusato di aver ucciso la fidanzata, Kendall Carter, dopo una lite in un locale, e di aver poi gettato il cadavere sul letto di un torrente. Mentre il procuratore, Faith Killebrew, espone i fatti, Justin, giurato numero due, si rende conto che potrebbe non essere estraneo a quando accaduto a Kendall Carter, e comincia ad arrovellarsi: deve parlare, rischiando di incriminarsi, o tacere, rischiando la condanna di un potenziale innocente?

La parola ai giurati (12 angry men in originale) è un film del 1957, il primo girato da Sidney Lumet. È un capolavoro in generale, e in particolare del cinema giudiziario/processuale, di cui è di fatto il capostipite (se non lo avete mai visto, potete trovarlo qui in italiano). I dodici protagonisti non hanno nomi: solo il loro numero da giurato li qualifica. Devono deciderese mandare sulla sedia elettrica un ragazzo accusato di aver ucciso il padre. Tutti sono convinti della sua colpevolezza, ma uno dei giurati, il numero 8 (interpretato da Henry Fonda) vota per l'innocenza: non è certo che il ragazzo sia colpevole (o innocente), ma proprio per questo vuole parlarne, per stabilire se esista un ragionevole dubbio: la vita di un ragazzo vale pure una conversazione, giusto? 
Senza fare spoiler del finale, vi basti sapere che su Internet esistono vari dibattiti sia sull'effettiva innocenza o colpevolezza del ragazzo, sia su cosa abbia spinto il giurato numero 8 a fare ciò che ha fatto. Una delle teorie più strampalate, ma anche più intriganti, è che lo abbia fatto perché il vero colpevole è lui. 

Dubito che Clint Eastwood abbia letto questa teoria, ma il dubbio viene, dato che il suo Giurato numero 2 è chiaramente debitore di La parola ai giurati (che viene esplicitamente citato, con alcune battute riprese parola per parola) ma soprattutto porta in scena proprio questo scenario così improbabile eppure così intrigante: come si comporterebbe un giurato se scoprisse, per caso, che il vero colpevole del crimine su cui si trova a giudicare potrebbe essere lui? 

Per affrontare questa domanda servono una sceneggiatura a prova di bomba, ma soprattutto una grande maestria nell'affrontare i dilemmi etici e morali che solleva senza scivolare in una noiosa discettazione filosofica. Per fortuna, etica e morale sono il pane quotidiano della cinematografia di Eastwood da sempre: da Lo straniero senza nome passando per Gli spietati, Mystic river, e Million dollar baby, Eastwood ha sempre esplorato i confini tra bene e male, giusto e sbagliato. Non sorprende, dunque, che Giurato numero 2 sia un thriller teso come una corda di violino, in cui la verità è inconoscibile ma intuibile, e in cui la bussola morale schizza in ogni direzione in base, ponendoci di fronte all'interrogativo: quanto siamo disposti a sacrificare sull'altare della Giustizia?

Eastwood, come detto, riprende alcuni stilemi de La parola ai giurati, ma ne abbandona le atmosfere claustrofobiche per portarci nella vita dei personaggi e farci rivivere i momenti chiave del delitto attraverso continui cambi di prospettiva, che aiutano l'empatia e confondono la percezione, costringendo lo spettatore a mettere continuamente in discussione ciò che crede di sapere. Il concetto di ragionevole dubbio diviene non solo strumento (sacrosanto) di difesa, ma anche arma di offesa per chi vuole nascondere la verità, ribaltando il copione del film processuale e trasformando il giudice in giudicato.

Al centro di tutto c'è un cast perfetto, da un Nicholas Hoult che sembra la personificazione del concetto di "ambiguità" a una Toni Collette divisa tra il desiderio di trovare la Verità con la v maiuscola e quello di salvaguardare la sua promettente carriera. Intorno a loro un cast di supporto di volti poco noti (con l'eccezione di J.K. Simmons e Kiefer Sutherland) ma terribilmente efficaci nell'interpretare tipi umani presi dal modello di Lumet (alcuni calchi sono evidenti) ma adattati alle sensibilità e ai problemi odierni. 

Giurato numero due è l'ennesimo colpo mandato a segno da Eastwood, che alla veneranda età di 94 anni gira con l'energia e la forza inquisitiva della gioventù, non avendo paura di fare domande scomode, dare risposte scomode, e lasciare dubbi e interrogativi cui ogni spettatore può rispondere in maniera differente. Un film socratico, dunque, nella sua capacità di far riflettere e offrire vari punti di vista sullo stesso argomento, e poi voltarsi di colpo verso le spettatore per chiedergli a bruciapelo: e tu, cosa ne pensi? 

**** 1/2

Pier

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