lunedì 3 gennaio 2022

Il Potere del Cane (In pillole #23)

Wild wild Shakespeare


Il potere del cane è un film camaleontico, che gioca fin dalla sua presentazione con le aspettative dello spettatore, divertendosi a sovvertirle. Si presenta come un western, ma ha più debiti con William Shakespeare e con Tennesse Williams che con John Ford, visto come si incentra su sotterfugi, giochi psicologici, ripicche, segreti, tradimenti. Appena pensi di aver capito dove voglia andare a parare, Jane Campion scarta di lato, cambiando direzione, prospettive, e angolazioni. 

I personaggi sono complessi, sfaccettati, lontanissimi dagli stereotipi dell'eroe e del villain del western classico: la brutale mascolinità di Cumberbatch (superbo) viene rivelata in tutta la sua fragilità, così come la mascolinità fragile e remissiva del personaggio di Kodi Smit-McPhee si rivela una maschera che avrebbe reso fiera Lady Macbeth. Tra loro, un imbelle Jesse Plemons, in preda degli eventi, e una Kirsten Dunst che ricorda da vicino la Blanche di Un tram chiamato desiderio, preda di una carenza di autostima forse eccessiva (o comunque non ben caratterizzata e giustificata) e facile preda dell'aggressività predatoria di chi le sta intorno.

Jane Campion realizza quindi un western sui generis, costruito quasi come un thriller, in cui vittime e carnefici si confondono, inseguendosi in una lunga lotta tra gatto e topo. Non tutti gli elementi si integrano alla perfezione, e il messaggio è forse un po' confuso: ma il film funziona a livello viscerale, grazie anche a una fotografia forte ed evocativa, e ci trascina in un universo bucolico e brutale, in cui nessuno è quello che sembra e persino le colline si trasformano in cani rabbiosi.

*** 1/2

Pier

Nessun commento:

Posta un commento